«Affamati di vita»: i ragazzi reatini tra disagio e pandemia

«Affamati di vita»: i ragazzi reatini tra disagio e pandemia

RIETI - «Affamata, sì, ma di vita»: così Francesca Simeoni ha concluso il drammatico ma emozionante racconto dei suoi sei anni sotto il giogo dell’anoressia, davanti alla platea dell’Auditorium di Santa Scolastica durante il convegno su Disturbi alimentari e dipendenze nel tempo della pandemia, organizzato dall’Asl di Rieti insieme alla Fondazione Varrone per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei disturbi del comportamento alimentare. Una testimonianza nitida e sincera, come può esserla quella di una brillante studentessa in Medicina, che deve la sua rinascita a una grande forza di volontà, ad una famiglia splendida e alle cure dell’equipe di specialisti della Asl che l’hanno presa in carico e curata negli anni bui della malattia, complicati ulteriormente dal lockdown e dalle restrizioni imposte dal Covid e segnati dalla scomparsa di un’altra compagna di viaggio, che al contrario di Francesca non ce l’ha fatta. «Io sono qui a dirvi che dall’anoressia si può guarire ma non da soli. Devo tutto alla dottoressa Carla Matteucci e al suo splendido staff: passo dopo passo mi hanno restituito la vita». 


Un concetto ribadito con forza da Laura Dalla Ragione, psichiatra, responsabile del Centro Disturbi Comportamento Alimentare di Palazzo Francisci a Todi: «Di anoressia non si muore – ha detto commentando il dato dei 3.158 morti del 2020 – si muore se non ci si cura dall’anoressia. Per questo vi dico: non sottovalutate i segnali che arrivano dai ragazzi e rivolgetevi ai Centri di cura autorizzati». 


«A Rieti i disturbi del comportamento alimentare li curavamo in ospedale ma non era quello di cui avevamo bisogno – ha detto il direttore generale Marinella D’Innocenzo – il Centro aperto in piazza ci aiuterà ad avvicinare quanti più pazienti alle cure della nostra equipe di specialisti ma non basta ancora.

Lavoriamo per completare la filiera con un Centro diurno e magari successivamente con un Centro residenziale, sempre contando sulla collaborazione con Todi. Ma bisogna fugare i tanti pregiudizi che aleggiano su queste malattie e affidare a persone competenti il futuro di tanti giovani». 


«Vedo un pericolo, tra i giovanissimi, che è quello di assuefarsi ai problemi e alla depressione, come se non ci si potesse far nulla – ha detto il presidente Antonio D’Onofrio aprendo il convegno – Non è così. Noi come Fondazione insieme alla Asl non siamo stati alla finestra ad aspettare che le cose succedessero, abbiamo cercato di capire le necessità e ci siamo mossi per anticipare i problemi. Lo abbiamo fatto col Covid, ora lo facciamo con i disturbi alimentari, in virtù di una collaborazione con la Asl a beneficio della sanità pubblica che può far solo bene alla città». 


Dal convegno, condotto da Gemma Giovannelli del TgR Rai e al quale è intervenuto anche l’assessore regionale al Lavoro, Scuola e Formazione Claudio Di Berardino, sono arrivati importanti contributi alla conoscenza del fenomeno tra i giovani e gli adolescenti del territorio dagli interventi della coordinatrice del Centro di Rieti Carla Matteucci, del dirigente del Servizio Dipendenze patologiche Simone De Persis e dalla pediatra Franca Faraoni. Daniela Bevivino, presidente dell’associazione Fenice Lazio, ha rimarcato il ruolo delle famiglie non solo nel campo della cura e riabilitazione ma anche nell’orientare le politiche socio-sanitarie sul tema del disturbo alimentare. Massiccia la partecipazione delle scuole, con docenti che hanno voluto con sé anche studenti e studentesse. Il convegno si è aperto con la proiezione del video Mi curo di te, realizzato da Fondazione Varrone e Asl proprio per sensibilizzare i giovanissimi.   


Ultimo aggiornamento: Venerdì 25 Febbraio 2022, 15:51
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