Dal digitale alle infrastrutture: i piani in bilico con meno fondi


di Andrea Bassi
Dall’agenda digitale, alle politiche per l’occupazione. Dalle energie rinnovabili, all’istruzione e formazione. Fino agli investimenti in infrastrutture. Il taglio dei fondi europei per la coesione, rischia di affondare le lame nella carne viva delle politiche per rilanciare l’economia del Mezzogiorno. La bozza di bilancio Ue che prevede un taglio tra il 5 e il 7% del totale dei fondi di coesione, ma che in termini reali, considerando anche l’inflazione, sarebbe in realtà del 10%, potrebbe allargare ulteriormente il divario tra le Regioni del Paese. «In realtà», spiega Fabrizio Barca, già ministro per la coesione territoriale, «ciò che colpisce e preoccupa è la povertà del metodo utilizzato dalla Commissione, ossia lo scarso ruolo assegnato nel documento alla coesione territoriale». Nella visione di Bruxelles, gli aiuti europei alle Regioni più povere sono visti, spiega Barca, «come il residuo di una politica vecchia che non può essere eliminata solo per evitare le voci di protesta che si leverebbero dai Paesi interessati».

L’Europa, è la conclusione, «non ha compreso la lezione arrivata dalle urne di molti Paesi: per molti cittadini le politiche di coesione sono l’unica risposta». In questa ottica, per il Mezzogiorno a cui è destinato l’80% delle risorse europee, la perdita rischia di essere grave. Anche perché, come spiega Adriano Giannola, presidente dello Svimez, i fondi europei sono la principale fonte di finanziamento per esempio delle infrastrutture meridionali. «C’è il rischio», dice, «di un potenziale danno per il Meridione, almeno fino a quando i fondi europei non verranno sostituiti da analoghi fondi nazionali ordinari, come in realtà sarebbe anche auspicabile». Secondo Giannola, con la Brexit, un taglio era immaginabile, «ma l’Italia dovrebbe negoziare delle contropartite, come una golden rule che tenga fuori gli investimenti in infrastrutture dal calcolo del deficit». La ragione è ben spiegata nell’ultimo rapporto proprio dello Svimez. Nel Mezzogiorno, per ogni euro di tasse tagliate, se mai una misura del genere fosse adottata, il prodotto interno aumenterebbe soltanto di 19 centesimi. Se per ipotesi, quello stesso euro fosse speso in infrastrutture, l’incremento di reddito sarebbe di 1,37 euro subito, e di 1,85 euro dopo cinque anni. I 32,25 miliardi dei fondi di coesione di cui l’Italia può disporre fino al 2020, ai quali vanno aggiunti i cofinanziamenti nazionali, insomma, sono una linfa vitale.

I DATI
Secondo le slides presentate recentemente dal ministero per la coesione territoriale e per il Mezzogiorno nella programmazione che termina al 2020, ci sono 51,7 miliardi di risorse complessivamente programmate, tra risorse europee e nazionali. Tra queste 5,7 miliardi per la ricerca e sviluppo, 2,6 miliardi per l’agenda digitale, 5,4 miliardi per la competitività dei sistemi produttivi, 5,2 miliardi per le energie rinnovabili, 4 miliardi per la tutela dell’ambiente, 8 miliardi per l’occupazione, 7 per l’istruzione. Basta considerare che anche il programma «Garanzia giovani», quello che dovrebbe assicurare ai giovani un’opportunità di lavoro, è finanziato con i fondi della coesione. Ci sono poi le risorse del Fondo per lo sviluppo, dove confluiscono le risorse nazionali che cofinanziano i fondi europei. Il 60% di questi soldi è utilizzato per i progetti infrastrutturali nel Mezzogiorno (finanzia, per esempio, l’alta velocità Napoli Bari). Anche l’utilizzo delle risorse, tradizionalmente un punto debole dell’Italia, starebbe andando tutto sommato bene. Al 31 dicembre scorso, secondo gli ultimi dati disponibili, erano stati spesi quasi 4 miliardi, un trend che rende a portata di mano l’obiettivo (fissato dall’Europa) di circa 8,5 miliardi entro l a fine del 2018. Qualche Regione, intanto, inizia già a fare i conti con i tagli. La Campania teme una sforbiciata di 370 milioni di euro ai suoi fondi. L’Emilia Romagna e il Veneto sono preoccupati dai tagli alla Politica agricola che rischia una sforbiciata di oltre il 10%.

E ieri preoccupazione sulla proposta di bilancio è stata espressa dalla Conferenza delle regioni periferiche e marittime d’Europa, di cui è vice presidente il governatore della Toscana Enrico Rossi. La proposta dell’esecutivo comunitario, secondo le Regioni periferiche, «fallisce nel realizzare una visione a lungo termine e l’ambizione richiesta per disegnare il futuro dell’Europa». Il testo è giudicato come «una redistribuzione interna di risorse da politiche tradizionali come quella di coesione verso nuove priorità». 
Ultimo aggiornamento: Venerdì 4 Maggio 2018, 07:56
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