Revenge porn nel nome di Tiziana
ma nessuno cancella quei video
di Antonio Menna
Ci hanno giocato e scherzato tutti. Forse anche più delle scene hard, che in fondo sono sempre uguali e tutte dimenticabili, sono stati quella voce, quelle frasi, quel linguaggio a travolgerla. E poi il nome e il cognome. Incredibile. Il volto. La carta di identità. Sui siti porno. Sulle app di messaggistica istantanea. Sui social network. Una macchina infernale che la preleva come un battaglione della morte dall'anonimato di una vita qualsiasi, in case qualunque tra Casalnuovo, Mugnano e Licola, e la mette nel tritacarne. Qualcuno, quando uscirono i primi video, disse che quella ragazza era una porno attrice e che si era di fronte a una operazione di guerrilla marketing per lanciare un film, o una nuova star. Una operazione troppo ingenua per essere sincera. E invece era tutto vero, con quella banalità che il male indossa quando deve fare male davvero. A Tiziana avevano rubato momenti di intimità in giochi scambisti, a loro volta forse vissuti controvoglia (27mila messaggi tra lei e il fidanzato sono stati ritrovati sulla sua Sim, con la sensazione di una pesante soggezione); una intimità che in ogni caso tale doveva rimanere quattro mura - e che invece è diventata teatro aperto a tutti. Peggio, teatro permanente. Un circo senza sipario.
A Tiziana non è rimasto altro che sparire. Con il tragico paradosso che non riesci a scomparire dal web ma devi fuggire dalla vita reale. Chiuderti in casa. O provare a uscire, come ha fatto lei nei primi tempi, intabarrata con cappelli, sciarpe, cappotti ampi. E poi di nuovo in casa. Lontano. Altre città. La riconoscono, non c'è modo. E' inseguita da battutine, proposte, sguardi ammiccanti. E nessuno riesce a far sparire quei filmati dalla circolazione. Non servono le istanze, le cause, gli atti giudiziari, gli appelli. Tiziana invoca il diritto all'oblio ma nessuna la ascolta. Pensa addirittura di cambiare nome, per riuscire almeno a guadagnare un pezzo di futuro, per invocare una somiglianza e poter dire, in un altrove immaginario, no, non sono io, vedete? Mi chiamo in un altro modo. Ma nulla riesce a sottrarla a quel tragico film. I video con il suo nome e il suo volto in primo piano ricompaiono sempre, come mostri di un videogioco, un plotone di esecuzione che mira, punta e non ti colpisce mai. Allora, perché non morirci davvero? Tiziana prova una prima volta a suicidarsi, ma fallisce. La famiglia si stringe intorno a lei. Tenta di incoraggiarla, a darle una prospettiva. Ma è proprio quella sensazione di non potersi liberare mai, a tagliare l'aria al futuro e ai pensieri di questa bambina finita in un gioco da adulti, come ha scritto uno degli psicologi incaricati di perizie nei vari procedimenti giudiziari. Poi il 13 settembre del 2016, un anno e mezzo dopo l'inizio dell'incubo, un foulard, un attrezzo da palestra, la tavernetta deserta della villa diventata prigione, quindi il piccolo salto e la fine di tutto. La morte. Comincia il lungo pentimento generale. Oh, Dio, che abbiamo fatto? Povera ragazza. Tiziana diventa una icona all'incontrario. Il suo volto con gli occhi cerchiati di trucco sembra triste, anche nei video porno. Non ce ne eravamo accorti prima? Arriva, infine, la legge. Una legge nel nome di Tiziana. Non è servita a lei. Speriamo che il suo sacrificio serva ad altri.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 3 Aprile 2019, 16:21
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