Renzi attacca: «Basta lezioni dai tecnici. Riforme grazie a Napolitano»

L'attacco di Renzi: «Basta lezioni da tecnici della prima Repubblica»
dal nostro inviato

Renato Pezzini

BOLOGNA - C’ addirittura chi maligna: Si son messi d’accordo per vestirsi allo stesso modo.

Magari no. Però è un fatto che sul palco si presentano tutti in camicia bianca e maniche rimboccate.



Lo spagnolo Sanchez, il francese Valls (primo ministro), l’ondalese Samsom, il tedesco Post. E l’italiano Renzi, che arriva con la camicia azzurra ma poi la cambia. Come fosse la divisa della nuova sinistra europea. Una dichiarazione d’intenti. L’immagine dell’unità. Ai nostalgici vengono in mente Berlinguer, Marchais, Carrillo, fine anni 70, l’eurocomunismo, la sfida a Mosca.



SFIDA ALLA MERKEL

Stavolta la sfida potrebbe essere alla Merkel. Ma più che altro è una sfida generazionale a chi nella sinistra europea è venuto prima. Renzi, che va matto per i titoli a effetto, dice così: «Abbiamo fatto il patto del tortellino». Nel senso che i cinque capi dei cinque partiti pranzano tutti insieme alla festa dell’Unità (unico assente l’inglese Milliband alle prese col referendum scozzese sull’indipendenza) e quando vanno sul palco dicono più o meno le stesse cose. «Bisogna cambiare tutto: l’Europa e la sinistra. E ritrovare l’orgoglio».



IL 41 PER CENTO

Renzi ha gioco facile a parlare di orgoglio. Il primo a mettere la camicia bianca è stato lui, molto tempo fa. Il primo a stravincere delle elezioni è stato sempre lui, maggio scorso. Infatti il 41 per cento preso alle europee è un po’ come il ritornello del suo comizio finale. Una strofa e il 41 per cento; un’altra strofa e di nuovo il 41 per cento. «Merito mio? No, merito vostro» dice alla platea che si infiamma per un nonnulla. «Voi siete il filo della collana, ed è il filo che tiene unite le perle». Si chiama captatio benevolentiae. Funziona.



«Cari compagni» gli si sente dire dal palco. Più tardi perfeziona il tiro: «Cari amici e cari compagni del Pd». E’ la sua prima volta da segretario (e da premier) al comizio finale della Festa dell’Unità. Ma proprio perché è la prima volta ha l’aria di chi non deve più dimostarre nulla a nessuno. Anzi. Adesso la camicia bianca la indossano gli altri in una sorta di spirito di emulazione. E lui può permettersi maganimità: «Voglio ringraziare tutti i segretari che mi hanno preceduto. Epifani, Veltroni, Franceschini. Ma un doppio grazie va a Bersani». Rivendica, con ulteriore orgoglio, «la forza della nostra storia». La storia della sinistra italiana, la sua storia appunto.



LA CAMICIA AZZURRA

Pierluigi è venuto ad ascoltarlo. In camicia azzurra, a scanso di equivoci. Si becca una razione d’applausi da far venire i brividi. Renzi chiede un tributo pure per Vasco Errani, governatore dimissionario dell’Emilia, e il battimani è così intenso, così vero, che gli si arrossano gli occhi. L’onore delle armi ai vecchi nemici? In parte sì. Ma in parte è anche altro: «Ogni volta che li vedo sono felice di guidare un partito plurale» si sgola il segretario premier. Un altro modo per far intendere di non dover più dimostrare nulla a nessuno.



Non c’è la folla oceanica dei tempi di Berlinguer, questo no. Però rispetto agli anni passati di gente ce n’è tanta. All’ombra degli stand, un po’ defilati, i più anziani si son portati le seggiole. Verrebbe da pensare che siano pronti a mugugnare, a mettere in piazza le loro perplessità, i loro rimpianti e le loro nostalgie. Invece son quelli che più si spellano le mani quando Renzi - si può permettere perfino questo - detta le nuove regole della sinistra in camicia bianca. Per esempio quando parla della scuola: «Vanno premiati gli insegnanti più bravi, non i più anziani».



L’UGUAGLIANZA

La meritocrazia è di sinistra, insomma. Oppure: «Non bisogna inseguire l’egalitarsimo, ma l’uguaglianza». Gli imprenditori non sono più i «padroni», ma una risorsa del Paese «che chiede giustamente che non gli vengano messi i bastoni fra le ruote». E si permette - lui che puntando il dito contro i vizi della politica ha costruito il proprio consenso - di dire che è prioritario restituire alla politica il primato che gli spetta: «Ci avevano fatto intendere che i politici erano inutili, dannosi. Il Pd ha la responsabilità di dimostrare il contrario».



Anche i più riottosi mandano segnali di pace: «Matteo va come un treno, ostacolarlo sarebbe stupido».



LA NEORIVOLUZIONE

Lui parla che se fosse il condottiero di una nuova rivoluzione: «Solo il Pd può cambiare l’Italia e le cose. Se non lo facciamo noi non lo può fare nessuno». Lo spagnolo, il francese, l’olandese e il tedesco ascoltano, fano cenni di consenso col capo, hanno l’aria di chi è venuto per imparare la lezione. «Abbiamo il compito di tenere alta la bandiera dell’uguaglianza e della bellezza» dice Renzi. Già, la bellezza. Anche questa non s’era mai sentita prima, ma nessuno si scandalizza. Anzi, sembra che la pensino tutti così, da sempre. E ne vanno orgogliosi.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 8 Settembre 2014, 23:48
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