Pisa, Massa, Siena: così le città rosse hanno voltato le spalle ai democrat
di Mario Ajello
Rispetto al leggendario crollo di Bologna, per mano di Guazzaloca, stavolta la sconfitta appare irreversibile, se il Pd non trova un ubi consistam anche a livello nazionale e se non riattiva una buona selezione delle classi dirigenti locali, che nel 900 esisteva ma s'è poi inceppata, producendo più che altro auto-referenzialità di casta. Il Pd sei mesi ha impiegato per scegliere il proprio candidato a Pisa. A Siena la sinistra si è presentata divisa in due. E il risultato eccolo qui. Ma quello che è successo davvero, in questa rivoluzione geopolitica, è che nelle elezioni politiche del 2013 lo scontento degli elettori di sinistra si riversò sui 5 stelle. Poi il 4 marzo scorso quei voti in uscita, in Emilia, in Toscana e nelle regioni vicine, hanno cominciato a prendere la strada della Lega. E ora, nel primo e nel secondo turno di queste amministrative, sono rimasti fedeli all'ultima scelta. E ai nuovi bisogni. Gli ex elettori di sinistra non sono affatto diventati razzisti o bifolchi. Chiedono, come tanti altri, sicurezza civica (la bomba immigratoria spiega molto del grande ribaltone) e protezione sociale e perciò si rivolgono al centrodestra a trazione Carroccio. Salvini, che nell'Italia centrale ha messo le tende, e ha riempito le piazze che gli chiedono concretezza, sa benissimo qual è la portata della sfida. Che egli, in queste ore, non fa che definire un «antipasto». Perché? L'obiettivo finale, nello sbriciolamento dell'Italia rossa, è quello di espugnare nel voto del 2020 la presidenza regionale della Toscana e quella dell'Umbria. Due leghiste, fedelissime di Salvini, sono già in pista per questo ruolo ormai a portata di mano: Susanna Ceccardi, sindaca di Cascina, stratega del successo toscano, e Donatella Tesei, sindaca di Montefalco e senatrice presidente della Commissione Difesa. Andrà come andrà, intanto un fatto epico è già accaduto.
Ultimo aggiornamento: Martedì 26 Giugno 2018, 07:13
© RIPRODUZIONE RISERVATA