Gli “onorevoli precari” nelle Camere in letargo

Gli “onorevoli precari” nelle Camere in letargo

di Mario Ajello
Palazzo San Macuto, sede di due commissioni cruciali del Parlamento che c’è ma è come se non ci fosse. Gli uscieri: «Aspettiamo che arrivino i membri della Vigilanza Rai e i componenti del Copasir. Ma quando arrivano? Arriveranno mai? Esistono?». Boh. Finché non esisterà un governo, e due mesi sono passati invano e un altro mese forse passerà ma chi lo sa, gli onorevoli si godono il letargo, si crogiolano nel gusto dell’assenza, incassano l’assegno - 12mila euro - e il bonifico sembra l’unica cosa vitale nel vuoto di tutto tra Camera e Senato. Dove senza un esecutivo non può esistere nemmeno una commissione parlamentare, ossia non batte il cuore politico-legislativo d’Italia.

I TARTARI
Nel «Deserto dei Tartari», almeno c’è l’attesa. Qui invece, nel silenzio della sala fumatori dove manca l’onorevole che intossica se stesso e gli altri, nel Transatlantico di Palazzo Madama dove non si trascinano neppure gli ex senatori (con vitalizio a rischio) capaci solo di lamentarsi, nei guardaroba degli eletti che sono vuoti e la guardarobiera s’accascia sul bancone nella sua pennica indisturbata, sembra che non esista la speranza che qualcosa possa cominciare. A parte i «lavori in corso». Così si legge in un cartello vicino ai wc del Senato, nella zona in cui si stanno costruendo spazi per i parlamentari appena eletti. Ma magari non arriveranno mai: sono a casa perché le Camere in attesa di un governo non funzionano - a parte la finzione della Commissione speciale che si occupa di tutto ma tanto per prendere o per perdere tempo - e magari resteranno a casa perché se si va a votare subito magari nessuno li rivota più. E questo è un problemone: «Se usciamo da qui - è la lagna di alcuni peones - quando mai ci ricapiterà di tornarci?». Ci sono gli scatoloni in un’ala del Palazzo. Quella che ospitava fino a pochi giorni fa gli uffici spaziosissimi del gruppo Pd, che ora è diventato piccola cosa e deve traslocare a favore dei 5 stelle che sono - o dicono di essere, visto che ne compaiono un decina al massimo - tantissimi. E se poi cambiano gli equilibri, e i dem recuperano voti ed eletti e i 5 stelle perdono voti ed eletti, la ristrutturazione in corso va rifatta e cambiata di segno? Ecco, nella sala della Commissione Difesa, un manipolo di grillini che fingono di lavorare. «Non possiamo prendere soldi senza fare niente», confida una pentastellata, eletta a Benevento, l’avvocatessa Sabrina Ricciardi. Mentre il berlusconiano Gianfranco Rotondi, deputato, lancia un appello-provocazione al presidente della Camera, Fico: «Ci sospenda lo stipendio, non è giusto prenderlo girandoci i pollici».

E Fico le ha risposto, onorevole? «Macchè». E tantomeno l’appello di Rotondi sta spopolando tra i suoi colleghi. Che spesso adagiati nelle poltrone domestiche, avvertono chi telefona loro: «No, non vengo alla Camera, non c’è niente da fare e poi sto girando il mio collegio, sto curando il mio elettorato». Magari in pantofole e vestaglia, e accarezzando il gatto. Oppure, nel vuoto i pochi presenti fanno progetti (cioè pregano il Dio del non voto), per evitare diventare da precari a lavoratori (si fa per dire) fissi del Parlamento. Ecco il grillino o meglio ex grillino, perché espulso a causa di problemi giudiziari, Salvatore Caiata. Incrocia un collega radicale e gli fa: «Io sono pronto a votare qualsiasi governo, basta che mi piaccia il programma». Ed è questa, anche se sembra che domini il nulla, la questione presentissima nel deserto parlamentare. Mentre nell’aula del Senato al posto dei senatori ci sono gli studenti e in corridoio la statua di Benedetto Croce ha il capo chino forse per la malinconia dovuta alla solitudine e la tabaccheria è sprangata e l’infermeria non ha neppure uno straccio di onorevole a cui misurare la pressione, sta accadendo che alcuni big nei loro uffici al riparo da occhi indiscreti stiano organizzando telefonicamente i numeri - così Berlusconi ha detto loro di fare - che potrebbero servire al governo di centrodestra per diventare governo. «Amico mio, sei eletto con i cinque stelle, ah no, con il Pd, ma fa lo stesso: saresti disponibile a fare il responsabile?». Richieste così. Ma lontane da occhi e da orecchie indiscrete.

POMODORINI
A Montecitorio, Rotondi insiste: «Se continuiamo a prendere lo stipendio senza fare alcunché, i cittadini ci prenderanno a pomodori». Oppure lo potrebbero fare loro con loro stessi: prendersi a pomodorate, tanto per fare qualcosa. Quelli della Commissione speciale della Camera si vantano: «Siamo in 40, lavoriamo solo noi e così teniamo alta la Dignità delle Istituzioni Repubblicane!». Quante maiuscole per un’oretta, scarsa, di operatività. Il giovedì all’ora di pranzo, c’è di solito il rito dei trolley che vanno via, trascinati dagli onorevoli che partono da Roma e tornano nei borghi di provenienza. Di solito sono centinaia, ieri appena una ventina (neanche 40). Però il presidente Crimi, numero uno grillino della super-commissione di Palazzo Madama, intorno alle tredici deve rifocillarsi sedendo al ristorante interno del Senato. Con l’aria laboriosa di chi dice: «Le Parlement c’est moi». Ma forse, se si continua così, sarebbe più appropriato dire: le Parlement c’est rien!
Ultimo aggiornamento: Venerdì 4 Maggio 2018, 08:13
© RIPRODUZIONE RISERVATA