E ora la strana coppia Salvini-Di Maio fa asse contro Pd e Forza Italia

La strana coppia Salvini-Di Maio fa asse contro Pd e Forza Italia

di Marco Conti
A dieci giorni dalle elezioni dei presidenti delle Camere, c'è un elemento che emerge dalle mosse dei partiti. Ovvero che pensare, peggio minacciare, a nuove elezioni a breve è impensabile. Almeno a giudicare dagli umori che filtrano dal Quirinale dove si osservano i posizionamenti dei partiti che, in attesa delle consultazioni, provano a dettare condizioni.

Serviranno settimane, se non mesi, per convincere i partiti a trovare uno sbocco alla crisi, ma che la soluzione non sia il ritorno al voto in tempi brevi lo hanno capito tutti e in parte lo temono. Il primo a comprenderlo è stato Silvio Berlusconi che, facendo di necessità virtù, ha sostenuto sin dal 5 marzo che occorre fare un governo, se possibile di centrodestra, ma comunque un governo per dare stabilità al Paese ed evitare ripercussioni sui mercati. Dopo qualche giorno di travaglio alla stessa considerazione è arrivato il Pd. Renzi lo ha sottratto dal possibile abbraccio con i 5S dove volevano spingerlo molti non Pd. Scongiurato il rischio prima Orlando, poi Cuperlo, in aggiunta il neosegretario Martina, Renzi e ieri Delrio hanno aperto ad un possibile governo di scopo che faccia la legge Finanziaria e metta mano al Rosatellum.
 
Ieri a questo schema hanno provato a reagire Di Maio e Salvini. Il primo ha alzato molto i toni, rispetto all'aplomb mostrato nelle ultime settimane, attaccando l'Europa e il ministro Padoan. Ma la reazione più dura il leader grillino l'ha avuta sull'ipotesi di un governo di tutti che dovrebbe partire dall'ammissione che il 4 marzo ha sancito due sconfitti - Pd e FI - ma nessun vincitore. Di Maio non si dà disponibile a nessun governo che non lo preveda a palazzo Chigi, ma al tempo stesso i 5S temono parta un governo senza di loro e che alla lunga possa contare sui tanti parlamentari grillini che non hanno nessuna voglia di tornare a casa. La nascita di un governo, ma anche i tempi lunghi della crisi non giovano a Di Maio che ieri ha provato a rovesciare il tavolo rischiando anche di compromettere il rapporto con il Quirinale dove risiede il potere di scioglimento delle Camere. Analoga strategia persegue Salvini che fa di tutto per rendersi inavvicinabile e scongiurare la partecipazione a quel governo di scopo che, oltre a non toccare la legge Fornero, lo costringerebbe a votare una legge di Bilancio senza flat tax. Il leader del Carroccio punta a prendersi il centrodestra - tutto, o quasi - ma deve fare i conti con la crescente insofferenza non solo di Berlusconi ma anche degli esponenti azzurri a lui più vicini, nonchè di un certo nervosismo che si alza nel Carroccio. Le prime mosse di Salvini come leader del centrodestra hanno tenuto in relativo conto le posizioni di FI, di FdI e dei centristi di Lupi. L'attacco all'Europa, la foto con Farage, il no ad alleanze con il Pd e il forse riservato ai 5S, ma soprattutto l'intesa raggiunta con i grillini per spartirsi le Camere (Giorgetti a Montecitorio e Toninelli o Crimi al Senato) hanno irritato il Cavaliere. Nel vertice serale, con tanto di cena, Berlusconi ha rivendicato la presidenza del Senato, dove FI ha un gruppo più forte della Lega, per Paolo Romani. Fosse per il Cavaliere, la Camera dovrebbe andare al Pd, ma pur di convincere l'alleato ha dato semaforo verde a Giorgetti. Salvini però resiste e nella partita delle presidenze delle Camere mostra di fidarsi più dei 5S che degli alleati. Il timore di ritrovarsi con un presidente del Senato di FI, e quindi possibile premier di un governo di scopo al quale sarebbe poi difficile dire di no, trattiene Salvini.

D'altra parte mettere alle presidenze delle Camere figure di alto profilo istituzionale e di garanzia significa mettere sabbia nei progetti della coppia Salvini-Di Maio che non vogliono nasca un governo. Il primo con la Lega dentro e il secondo senza che preveda la sua ascesa a palazzo Chigi. Il nervosismo dei due si legge nella minaccia di un ritorno a breve alle urne, ma l'eventualità ha le sembianze di una pistola con le cartucce bagnate dai tempi lunghi che avrà la crisi e dall'impossibilità di tornare nuovamente al voto con una legge elettorale, il Rosatellum, che non è in grado di garantire un vincitore. È probabile quindi che, come accaduto nel 2013 e con una crisi istituzionale ancor più ingarbugliata, si torni presto a parlare di legge elettorale, se non di riforme costituzionali, in grado di far uscire dalle urne un solo vincitore. Premio di maggioranza o doppio turno, le ipotesi. Con la strana coppia M5S e Lega, pronta a fare asse per trovare il miglior sistema in grado di annientare Pd e FI.
 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 14 Marzo 2018, 09:55
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