«I grillini? Io gli farei pulire i cessi». E Silvio perde il bon ton del vincitore

«I grillini? Io gli farei pulire i cessi». E Silvio perde il bon ton del vincitore

di Mario Ajello
Il Berlusconi più riconoscibile, quello più coerente con il suo carattere e con il proprio format da leader orizzontale e da tycoon in sintonia con le masse, è quello che ieri in mezzo a una folla festante in un paesino molisano s'è messo a suonare con uno stantuffo che scende e che sale il bufù, una sorta di tamburo a frizione. Silvio-bufù è Silvio, fra folk e pop. Silvio che parla di «cessi» non è lui. Non perché non sia mai scaduto in espressioni sconvenienti, ma solitamente il w.c. lo ha chiamato toilette. Stavolta invece è sceso linguisticamente di grado, e dunque: «I 5 stelle è gente che non ha mai fatto nulla nella vita. Nella mia azienda, li prenderei per pulire i cessi».

I TRE SBAGLI
E così ha firmato un errore in tre punti. Uno: ha insultato gli avversari politici grillini e ha spinto Salvini a difenderli concedendogli il lusso - a lui che viene dal celodurismo - di poter dare lezioni di bon ton: «Silvio sbaglia, l'insulto è solo offensivo e non costruttivo». Due: ha maltrattato chi (a suo dire) non lavora e ha così rincarato la dose: «M5S è il partito dei disoccupati». Come se essere disoccupato fosse una colpa. Tre: ha scatenato l'effetto boomerang amplificato dai social. Che si sono riempiti di foto di leader grillini che puliscono il w.c. (Bugani il casaleggista è stato il più lesto a postare la propria immagine con i guanti e il mocio), di ironie e stroncature dei fan di Fico (tweet cosme questo: «Non vedo l'ora di vedere Roberto armato di secchio, scopa, straccio. Nudo»), di lezioni morali («Chi pulisce i cessi ci consente di vivere in un mondo pulito») e di brutti falli di reazione al fallo di reazione di Silvio. Come questo del senatore Morra: «Meglio pulire i cessi che accordarsi con la mafia».

METAMORFOSI
Silvio non è stato un grande comunicatore in questa occasione. Ha incarnato il capo azienda sprezzante, che non è mai stato, e s'è rimangiato il profilo inclusivo che aveva da imprenditore e ha mantenuto da politico. Mai stato escludente, ma in questo caso lo è eccome: io sono io, e voi... E volendo segnare con questa frase dura una inconciliabilità tra lui e i grillini, sottolinea invece - e non gli giova, visto che ha sempre tenuto ad essere il nuovista, l'avanguardista, il giovane - che lui è il vecchio mondo e gli altri sono il nuovo mondo. Quello in cui non lavorare non è un'eccezione di cui vergognarsi. Anche dire «sono disgustato, gli italiani hanno votato male», per un arci-italiano come lui è quasi un controsenso. E si tratta di prove di debolezza di questo leader di lunghissimo corso. Quando si è forti, e ci si sente tali, si usa non il disprezzo ma la sprezzatura. Quell'eleganza stilistica che contiene secondo Alessandro Manzoni «una certa sicurezza nativa». Il Berlusconi sicuro di sé era quello capace di capovolgere spiritosamente le situazioni difficili, come quando - con un colpo da teatro dell'assurdo - spolverò la poltroncina nella trasmissione dei nemici Santoro e Travaglio prima di sedercisi.

L'ALIBI
La performance sui «cessi» lo descrive per quello che non è: uno con la puzza sotto al naso. Il suo successo Berlusconi lo deve proprio al fatto che mai, magari fingendo, ha avuto atteggiamenti di superiorità. Mai ha fatto pesare troppo, a livello comportamentale, il suo rango e la sua storia. E ha spesso vinto perché è riuscito a dare di sé l'impressione dell'everyman (come disse Umberto Eco di Mike Bongiorno) pur non essendolo.
La sua specialità, la sua malizia vincente, è stata per vent'anni quella di fare la vittima, di fronte alle ingiurie, e ora ha regalato la parte a Di Maio e agli altri. Offrendo loro, con le sue parole irrispettose, anche l'alibi per continuare ad attaccarlo e a mancargli di rispetto.
Ultimo aggiornamento: Sabato 21 Aprile 2018, 11:39
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