«A Malta la nave dell'Ong», ma Berlino blocca tutto

«A Malta la nave dell'Ong», ma Berlino blocca tutto

di Cristiana Mangani
Andrà a Malta, se la mediazione tra paesi europei riuscirà a vincere le ultime diffidenze e gli scogli politici. E sarà la prima volta che l'isola nel Mediterraneo accoglierà una nave delle Ong con a bordo migranti: 234, in navigazione da giorni sulla Lifeline. Dietro l'operazione sbarco, un'intesa tra la Francia, il Portogallo, la Spagna, l'Italia e la Germania, per la ridistribuzione dei passeggeri nei vari Stati. Con qualche difficoltà tedesca, dove la cancelliera Merkel deve fare i conti con l'ostracismo del suo ministro dell'Interno, Horst Seehofer, per il quale nessun migrante dovrà più varcare i loro confini. Sarebbe soltanto questa la ragione del consenso definitivo de La Valletta che tarda ad arrivare. E che ha fatto dire al comandante della nave: «Abbiamo ricevuto un messaggio da Malta alle 18: dice che non ci è permesso di entrare nelle acque territoriali. Non siamo quindi in grado di confermare ciò che è stato diffuso dai media finora».

LA MEDIAZIONE
Nell'operazione diplomatica sembra aver avuto un ruolo determinante il dialogo riservato avvenuto a Roma tra il presidente Macron e il premier Conte, che sarebbe riuscito a sbloccare la situazione.
La vicenda Lifeline non fa che confermare quanto ormai sembra evidente, e cioè che il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha dichiarato guerra alle Organizzazioni non governative e che questo vorrà dire Ong zero nel Mediterraneo. Una battaglia che il responsabile del Viminale non ha fatto da solo, perché è stato sostenuto, sebbene con qualche voce contro, anche dai 5 Stelle. L'Aquarius dirottata a Valencia prima e quella ancora in corso, forniscono un messaggio molto chiaro. Ed è cambiato anche l'atteggiamento di Malta, che ieri ha vietato i suoi porti per il rifornimento e la manutenzione alla nave di Sos Mediterranee, costretta così a fare rotta verso Marsiglia. Resiste invece al largo delle acque libiche la Open Arms.

La strategia portata avanti dal ministro è stata chiara fin dall'inizio, quando si è scagliato contro i «vicescafisti finanziati da Soros». E si è tradotta in indicazioni precise destinate alle navi italiane presenti in mare, da quelle della Guardia Costiera a quelle della Marina Militare: ritirarsi dalle acque libiche e stare più a ridosso delle acque nazionali. E anche, evitare di rispondere agli Sos se le imbarcazioni si trovano in area Sar libica.

LA REAZIONE
Una disposizione basata su una vecchia Convenzione che, però, ha fatto intervenire chi va per mare. Tanto che ieri il comandante generale della Guardia costiera, l'ammiraglio Giovanni Pettorino, ha dichiarato all'Ansa: «Se qualcuno chiede aiuto in mezzo al mare potrà sempre contare su di noi. Abbiamo risposto sempre, sempre rispondiamo e sempre risponderemo a ogni chiamata di soccorso. È un obbligo giuridico ma prima ancora morale. Qui ci troviamo di fronte a un esodo epocale, più che biblico, perché la Bibbia parlava di un esodo di 40 mila persone e qui invece di una cifra che si avvicina al milione.

Un intero popolo che si sposta o tenta di spostarsi via mare, in un tratto breve ma pericoloso e con mezzi inadeguati». Esiste una soluzione? «Occorre rivedere la Convenzione, serve un accordo tra tutti i paesi per governare questo fenomeno che va affrontato con norme adeguate». Poi spazza via ogni accusa per quanto riguarda la Lifeline: «Non abbiamo avuto alcuna forma di responsabilità sulla vicenda. L'unità è intervenuta di sua iniziativa. In questi anni abbiamo coordinato i soccorsi in un'area di un milione e centomila chilometri quadrati che è praticamente la metà del Mediterraneo, eppure in questo mare si affacciano 23 Paesi. Lo ha fatto da sola la Guardia costiera, con il concorso di tutti quelli che ci hanno aiutato. Adesso lo scenario sta cambiando, ora sta intervenendo la Libia».

 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 27 Giugno 2018, 07:46
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