Isis, strage di italiani a Dacca: torturati e uccisi

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di Francesca Marino
«Siamo stati in grado di salvare tredici persone, ma non abbiamo potuto salvarne altre»: così la premier del Bangladesh Sheikh Hasina ha riassunto, durante una conferenza stampa, la notte di terrore delle vittime e dei sopravvissuti al brutale attacco terroristico dentro al caffè ristorante Holey Artisan Bakery di Dacca. Le altre persone rimaste sul terreno, quelle che è stato impossibile salvare, sono venti: nove italiani, sette giapponesi, tre bengalesi e un indiano. La nazionalità delle vittime è stata ufficialmente confermata dal governo che, secondo i giornalisti locali, ha tentato per quasi tutta la giornata di depistare in qualche modo le indagini. Secondo le ricostruzioni fornite dai sopravvissuti, ai tavoli del ristorante erano seduti una decina di stranieri di varie nazionalità e sette-otto bengalesi. C'erano «una decina di italiani divisi in due tavoli. In uno ero seduto con mia moglie e un cliente, nell'altro c'erano sette o otto persone»: il racconto è di uno dei sopravvissuti, il grossista di abbigliamento Gianni Boschetti.

SPARI E BOMBE
Boschetti si è salvato soltanto perché al momento dell'irruzione dei jihadisti nel locale si trovava fuori per rispondere a una chiamata sul cellulare. Si è nascosto dietro a una pianta e subito messo in contatto con l'Ambasciata italiana, che ha avvertito la polizia: è stato tratto in salvo quasi immediatamente, ma sua moglie è rimasta nel ristorante. Nel frattempo, dentro, si scatenava l'inferno. Sette-otto giovani, «di non più di 28 anni» ha dichiarato uno dei testimoni oculari, hanno fatto irruzione all'improvviso dentro al locale. Portavano borsoni contenenti armi di piccolo calibro, bombe cosiddette sporche, un paio di loro aveva una spada e altre armi da taglio. Hanno cominciato immediatamente a sparare, a sparare in aria, a caso, lanciando dell'esplosivo contro due poliziotti all'esterno, che sono rimasti uccisi.

SOTTO I TAVOLI
«Gli avventori si nascondevano sotto i tavoli, alcuni si sono stesi sul pavimento, erano terrorizzati» ha raccontato un altro testimone. Seguendo un copione ormai tristemente noto, gli assalitori hanno aperto il fuoco al grido di Allah-u-Akhbar, Dio è grande: e hanno ferito leggermente al viso il capo chef, tanto per cominciare. Il secondo chef, un italiano di Verona, riusciva a scappare rifugiandosi sul tetto del locale assieme ad altri membri dello staff. Stava tornando in cucina per preparare «un piatto di pasta speciale» agli avventori italiani «clienti abituali del ristorante, tutti nel campo dell'abbigliamento» quando ha sentito «urla e spari e mentre provavo a uscire ho visto un ragazzo armato che si avvicinava al tavolo degli italiani».

IL TENTATIVO DI TRATTARE
I fuggiaschi sono saltati giù dal tetto inseguiti da proiettili e granate e sono stati immediatamente presi in carico dalla polizia. Perché fuori dal ristorante, intanto, seppur abbastanza lentamente, le forze dell'ordine cominciavano a realizzare che era in corso un attacco terroristico: il primo del genere nella storia del paese. L'area è stata sigillata, e sono state chiamate in causa le forze speciali. Fedeli al Vangelo secondo Sheikh Hasina, per cui nel paese non esistono terroristi ma solo oppositori politici che cercano di mettere in difficoltà la signora e i suoi seguaci, le forze dell'ordine hanno in cercato in principio di minimizzare e di risolvere pacificamente la questione aprendo una trattativa con i jihadisti asserragliati nel ristorante.

UN MURO DI GOMMA
Trattativa che è rimbalzata sopra un muro di gomma, perché, ma questo si è scoperto molto più tardi, non soltanto gli uomini all'interno non erano minimamente impegnati a trattare ma erano affaccendati in tutt'altro. Il padre di uno degli ostaggi ha riferito che gli assalitori hanno chiesto a tutti i presenti di recitare un versetto del Corano: quelli che non erano in grado di farlo, cioè gli stranieri, sarebbero stati torturati. Gli altri non sono stati maltrattati, anzi: gli assalitori si sono assicurati addirittura che venisse servito loro del cibo. Fuori, intanto, l'Isis rivendicava l'attentato e, finalmente, qualcosa cominciava a muoversi. Arrivavano le truppe speciali, gli esperti di esplosivi, i mezzi d'assalto. E la richiesta, a tutti i canali televisivi, di cessare ogni tipo di diretta. L' Operazione Thunderbolt, a cui hanno partecipato membri delle forze armate, della Marina, dell'Aeronautica, della Guardia costiera, della Forze speciali e della polizia, è scattata alle 7.40 del mattino ora locale: la battaglia è durata poco più di un'ora e ha lasciato sul terreno un paio di militari e sei terroristi. Il settimo è stato catturato, ferito ma vivo. Secondo quanto dichiarato dalle autorità, tutti gli assalitori sono di nazionalità bengalese e alcuni di loro erano ricercati da tempo.

CON SPADE E COLTELLI
All'interno, una scena agghiacciante: tredici individui ancora vivi e sotto shock, venti corpi sul terreno. Mentre si cercava di temporeggiare, di risolvere pacificamente la questione e di aprire una trattativa con i terroristi, gli ostaggi venivano uccisi a uno a uno con spade e coltelli nello stile diffuso, e purtroppo rimbalzato troppo spesso in rete, da Jihadi John e compari. Ci sono voluti venti morti e molti feriti per fare finalmente ammettere in diretta tv a Sheik Hasina che in Bangladesh esiste, ed è grosso come una montagna, un problema terrorismo islamico.

 

L'ATTENZIONE DEI MEDIA
Ci sono voluti venti morti per ricordare al mondo che il Bangladesh non è più soltanto il paese per cui George Harrison organizzava concerti e raccolte fondi. E venti morti sono bastati a confermare ai jihadisti del posto, indottrinati e addestrati ormai da anni da emissari provenienti dal Pakistan, un fatto dirompente nella sua banalità: non importa quanti hindu, quanti omosessuali, quanti blogger, quanti professori o quanti intellettuali ammazzi. Se hanno la pelle ambrata, non succede nulla. Il mondo se ne disinteressa. Basta toccare però un occidentale, ispirarsi a Parigi o a Bruxelles e tutto cambia: ore di diretta televisiva, copertura mediatica planetaria assicurata. Forse, vale la pena di rifletterci sopra.
 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 4 Luglio 2016, 16:09
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