Consip, nuova inchiesta. Scafarto al pm: «Arriveremo a Renzi»

«Consip, possiamo arrivare a Renzi» Inchiesta su rivelazioni di Scafarto

di Valentina Errante
Si chiude un capitolo e se ne apre un altro, che certo darà vita ad nuove polemiche e altri veleni sul caso Consip. Perché, mentre davanti al gip l'ex funzionario Marco Gasparri, gola profonda dell'inchiesta che ha portato all'arresto di Alfredo Romeo, patteggia la pena di un anno e otto mesi per corruzione, rischiano di finire sotto accusa Sergio De Caprio, ex comandante del Noe, e l'oramai plurindagato militare Gianpaolo Scafarto. Il capitano da poco promosso maggiore coinvolto nel caso Consip per avere alterato le informative e tentato di aggravare la posizione del padre dell'ex premier Matteo Renzi. Secondo il Csm, che ha trasmesso gli atti alla procura di Roma, la posizione dei due militari deve essere approfondita.

LA VICENDA
La storia precede la vicenda Consip e riguarda un'altra indagine della procura di Napoli. Il Csm, dopo avere aperto un fascicolo sul caso «Cpl-Concordia», inchiesta su una cooperativa che aveva vinto appalti ad Ischia e in alcuni comuni dell'hinterland, ha deciso di trasmettere gli atti ai pm. Tutto ruota intorno a un'informativa che conteneva, tra l'altro, una telefonata tra Renzi junior e il generale della Finanza Michele Aduinolfi, che al telefono si lasciavano andare in commenti poco lusinghieri nei confronti di Enrico Letta. «Scoppierà un casino, arriviamo a Renzi», avrebbe detto Scafarto al procuratore di Modena Lucia Musti al momento della consegna dell'informativa. È stata la stessa Musti a riferirlo a luglio scorso al Csm. E toni analoghi, alcuni mesi prima, aveva usato anche il comandante De Caprio in merito a quelle notizie. La conversazione era già finita sui giornali, al momento della trasmissione degli atti al Tribunale del Riesame di Napoli, nonostante un ordine di servizio del pm Cesare Sirignano disponesse di non depositare quel documento che nulla aveva a che fare con l'indagine. Una vicenda già costata cara a De Caprio che aveva finito con il lasciare il Noe.

Ieri Marco Gasparri, difeso dall'avvocato Alessandro Diddi, ha patteggiato una condanna ad un anno e 8 mesi per corruzione. È la prima sentenza della maxinchiesta della procura di Roma con una serie di filoni che coinvolgono, oltre che imprenditori, altissime cariche delle forze dell'ordine e politici. Dalle ammissioni di Gasparri, a marzo, era arrivato un primo importante impulso alle indagini: «Ho preso 100 mila euro nell'arco di quattro anni per informare Romeo sulle gare bandite da Consip», aveva confessato l'ex dirigente nel corso dell'incidente probatorio davanti al gip. «I miei rapporti con Romeo iniziarono ad essere stabili dal 2013 con una prima dazione di 5000 euro, dal 2014 in poi i versamenti diventarono sempre più frequenti». Per Romeo, tornato libero il 16 agosto dopo oltre cinque mesi di carcere (di cui uno ai domiciliari), il processo è fissato per il 19 ottobre. Anche nei suoi confronti l'accusa è di corruzione. Nella vicenda restano aperti gli altri filoni: quello per rivelazione di segreto d'ufficio in cui risultano indagati il ministro dello Sport, Luca Lotti, il comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette e il generale di brigata dell'Arma Emanuele Saltalamacchia. Nel procedimento anche il padre dell'ex premier, Tiziano Renzi accusato di traffico di influenze con l'imprenditore Carlo Russo, e l'ex parlamentare e consulente di Romeo, Italo Bocchino. Altro capitolo è quello che coinvolge l'ex ufficiale del Noe, Gianpaolo Scafarto, accusato di falso e rivelazione del segreto istruttorio.

 
Ultimo aggiornamento: Venerdì 15 Settembre 2017, 13:26