Giovane ucciso da un cacciatore, l'ultima telefonata al papà: «Mi hanno sparato»
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La notizia, trapelata oggi e confermata dalla procura, può cambiare lo scenario della disgrazia avvenuta ieri mattina sulle montagne di Apricale, ponente della Liguria, in mezzo a un bosco dove era in atto una battuta di caccia al cinghiale che impegnava circa 25 persone. Nathan, coperto dalla vegetazione, è stato scambiato per un animale e colpito dai pallettoni alla pancia. Stava andando in gita con il suo cane hanno raccontato ieri i familiari e gli amici. Il cacciatore che ha sparato, indagato per omicidio colposo, ha raccontato di avere dato il consueto grido per capire se dietro al cespuglio ci fosse qualcuno e non avendo ricevuto risposta ha sparato.
Il giovane è morto dopo una breve agonia, dopo avere parlato al telefono con il papà Enea, che lo stava cercando disperato dopo avere saputo di un incidente di caccia da un amico: «papà mi hanno sparato alla pancia» gli ha gridato prima di fare cadere la comunicazione. «Non sapevo che avesse un fucile, non so se è suo quello che gli hanno trovato accanto - ha detto il papà -. Ma non è lui che ha sparato. Voglio giustizia». La procura sta approfondendo le indagini per verificare ogni ipotesi, anche quella che il giovane stesse a sua volta cacciando o facesse parte di una delle due squadre. «Ho già detto tutto ai carabinieri, la verità è dai carabinieri, il ragazzo non cacciava con noi» ha detto Luciano Bacigaluppi, capo squadra di Camporosso -. Conoscevo Nathan, il papà e il nonno. È stata una disgrazia. Abbiamo cacciato a squadre congiunte, in 25 o 26 su un'area con una circonferenza di circa 3 km. Nella caccia al cinghiale un passista attende la preda e un battitore spara. Sappiamo sempre dove siamo tutti, ci sentiamo via radio». Enea aveva appena finito di fare colazione a Isolabona poco prima delle 8 quando ha avuto notizia dell'incidente: «Sapendo che mio figlio frequenta quella zona l'ho chiamato e alla terza volta mi ha risposto». Enea corre verso il sentiero ma «i carabinieri mi hanno fermato. Sentivo il dottore gridare 'Nathan, respira, rispondimì e ossigeno, ossigeno».
Il papà della vittima respinge l'ipotesi che il figlio stesse partecipando a una battuta di caccia con una delle due squadre. «Ritengo di no. Mio figlio era un solitario e non ero a conoscenza del fatto che avesse un'arma, ammesso che quella fosse sua». Una cosa lo ha colpito: »nessuno dei cacciatori, anche quelli che conosco in paese, si è fatto sentire. Nathan si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, se fosse stato una decina di metri più in là il rumore tra le fronde si sarebbe confuso con quello del fiume e nessuno si sarebbe accorto di lui«. Sullo sfondo le polemiche. Il ministro Costa ha chiesto alle Regioni di proibire le battute alla domenica. Il presidente del Piemonte Chiamparino è d'accordo: «Faccia un decreto che diventi immediatamente esecutivo, le ragioni d'urgenza mi pare non manchino». La Lega invece frena. Le associazioni animaliste denunciano che il numero degli incidenti di caccia è cresciuto nelle ultime stagioni e chiedono provvedimenti più incisivi.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 1 Ottobre 2018, 20:32
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