La versione di Salvini sul veto al premier. I timori di Giorgetti

Il leader al Consiglio federale: «Il premier è poco amato, non poteva essere presidente»

La versione di Salvini sul veto al premier. I timori di Giorgetti

di Emilio Pucci

Non si esce dal governo ma nel Consiglio federale della Lega il segretario e i suoi fedelissimi non hanno certo avuto parole di apprezzamento per l’esecutivo. Salvini ha ripercorso le trattative sul Quirinale, ha spiegato i motivi per cui si è arrivato al Mattarella bis. «Ho dovuto decidere da solo in pochi minuti. Sono il leader e devo prendermi le responsabilità. È stata la soluzione migliore, Mattarella non è contrario al nostro progetto sull’autonomia», ha argomentato. Sottolineando che il suo unico punto fermo era il no su Draghi. Arrivato, a suo dire, non solo da parte del partito di via Bellerio ma dall’intero Parlamento. «Draghi non poteva essere il nostro presidente. Non è amato e non solo all’interno della Lega. Deve rimanere a palazzo Chigi». Ma è proprio sull’operato dell’ex numero uno della Bce che sono emerse le differenze tra il leader e il fronte che unisce i governatori e il ministro Giorgetti, i quali hanno rimarcato come l’ex banchiere sia un fattore di stabilità. Con i presidenti di Regione che però, allo stesso tempo, hanno auspicato «un cambio di passo».

UN ANNO DIFFICILE

Il più preoccupato sulla permanenza della Lega al governo è stato proprio il responsabile dello Sviluppo. «Con questa maggioranza così larga non sarà facile la navigazione fino al 2023. E non sarà facile neanche per la Lega portare a casa dei risultati». Nessun invito a strappare e nessuno accenno a possibili dimissioni. «Ma - ha sottolineato il numero due del partito di via Bellerio - anche dal punto di vista mediatico abbiamo tutti gli occhi addosso e il Pd e M5s contro». Insomma, il timore nel partito è che la Lega possa perdere consensi, sia alle amministrative che alle prossime Politiche. Per questo motivo, in chiave elettorale, diversi tra i presenti all’incontro - sia Zaia che Giorgetti erano in collegamento video - avrebbero preferito un’altra opzione. «Rischiamo di pagare il sì a Mattarella», la preoccupazione. Ora, però, Salvini si aspetta un cambio di rotta proprio dai ministri e dai governatori. «Non posso essere sempre io a metterci la faccia. Dovete andare in prima linea anche voi», l’appello. E non solo a livello comunicativo. «Sarebbe folle staccarsi ora che per tenere unita la maggioranza abbiamo dovuto scegliere Mattarella ma - ha argomentato l’ex ministro dell’Interno – dobbiamo avanzare tutti insieme le nostre proposte e farci sentire. Questa volta non accetteremo dei no».

I paletti il segretario li ha elencati subito: «No a nuove tasse sulla casa e alla riforma del catasto, no a nuove restrizioni e - in tema di Dad a scuola - nessuna differenziazione tra bimbi vaccinati e non vaccinati, sì a un decreto urgente per aiutare famiglie e imprese col pagamento delle bollette di luce e gas, sì a un impegno più concreto per la difesa dei confini e la lotta all’immigrazione clandestina».

Non si chiederà la testa del ministro dell’Interno, Lamorgese. «Ma se Draghi vuole andare fino alla fine della legislatura deve intervenire lui», la tesi di Salvini. Nessuno nella riunione ne ha contestato la leadership. Anzi. «Sono io quello che decide ma mi dovete dare una mano», la richiesta del Capitano che ha insistito soprattutto sulla necessità di abbattere il «muro eretto da Speranza». Salvini, tra gli altri, ha citato Bassetti. «Questo Paese - ha affermato all’incontro della Lega - deve ripartire e tornare alla normalità. Con questo numero di vaccinati così alto è assurdo non rimuovere le misure restrittive». Uno sfogo generale dunque. «Non è possibile che Draghi - altro attacco dell’ex responsabile del Viminale - non trovi altri soldi per fronteggiare la pandemia energetica. Le aziende sono in ginocchio». 

L’ATTACCO A TOTI

Salvini arrivando al Federale ha ribadito di voler ricostruire il centrodestra che nella partita del Colle «non ha prevalso perché gli è mancato un pezzo». Lanciando un affondo contro Toti, nel mirino del Carroccio per essersi smarcato sul voto sul Quirinale sul presidente del Senato Casellati: «La giunta ligure - ha osservato - va avanti però posso solo dire che un governatore che fa anche l’assessore al Bilancio e alla Sanità o è Superman oppure...». E, dopo aver rimarcato il rapporto affettuoso con Berlusconi, con i suoi si è sfogato sulle mosse di Fratelli d’Italia: «Noi andiamo avanti con la federazione del centrodestra con chi ci sta. Io ho aperto un’istruttoria. Vogliamo un progetto inclusivo, ma se Meloni continua ad attaccarci noi risponderemo. E sarà sempre più isolata». In ogni caso il segretario del partito di via Bellerio ha invitato i suoi a rimarcare le differenze con la Destra. «Noi abbiamo una nostra storia, una cultura e un’identità diversa. Parliamo di flat tax, di immigrazione, dei bisogni della gente. Fate vedere quali sono le differenze». Il Consiglio federale ha rinnovato la fiducia nel leader affidandogli pieno mandato nel progetto di allargamento dell’alleanza. «La verità – spiega un salviniano doc – è che anche questa volta chi non è d’accordo con lui ha preferito tacere…»
 


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 2 Febbraio 2022, 01:15
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