Gregoretti, la Lega manda Salvini a processo e Matteo prepara la piazza

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di Alberto Gentili
Le elezioni di domenica in Emilia Romagna e in Calabria trasformano il caso della nave Gregoretti in una girandola di tatticismi.
La maggioranza rosso-gialla, che vuole spedire Matteo Salvini a processo, per evitare di dargli la patente di martire a pochi giorni dalle regionali ha deciso di disertare la riunione decisiva della giunta delle immunità. Ma Salvini, che a inizio gennaio aveva presentato una memoria difensiva sostenendo che non andava processato in quanto il caso della Gregoretti a suo parere sarebbe identico a quello della nave Diciotti per il quale fu assolto, sapendo che comunque verrà mandato alla sbarra ha deciso di prendersi ugualmente ruolo e status di martire.
Anzi si è auto-martirizzato: il capo del Carroccio ha chiesto e ottenuto che 5 senatori leghisti nella giunta delle immunità votassero sì al processo, respingendo la proposta del presidente Maurizio Gasparri di negare l'autorizzazione a procedere. E pensare che a favore di Salvini si sono schierati Forza Italia e di Fratelli d'Italia. Inutilmente. «Quei vigliacchi del Pd non si sono neanche presentati, aspettavano di darmi del delinquente dopo le elezioni in Emilia Romagna. Troppo comodo», ha tuonato in serata Salvini.

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Sembra un teatrino, però così non è. La partita delle elezioni regionali è essenziale per i rosso-gialli, anche se da qualche giorno il Pd è corso a dire che «il governo non è a rischio», e il leader leghista è determinato a vincerla. Così, quando ha capito che la maggioranza gli avrebbe negato il patentino di vittima a ridosso del voto in Emilia, ha deciso di prenderselo da solo. «Tagliamo la testa al toro, voglio un tribunale per vedere se un giudice dice che ho fatto il mio dovere, oppure che sono un criminale». E i suoi sono corsi a fondare il sito digiunoperSalvini.it.
Trovate gandhiane a parte, tra i rosso-gialli l'allarme è alto. «Se Salvini dovesse vincere in Emilia», dice un ministro dem di alto rango, «tenterà la spallata, giocherà il tutto per tutto. Se infatti parte il processo e viene condannato, il leghista rischia di incorrere nella legge Severino con la decadenza da parlamentare e l'ineleggibilità. Insomma, sarebbe finito o quasi. Invece se si andasse a elezioni anticipate finirebbe tutto in cavalleria, compresa l'autorizzazione a procedere e sarebbe salvo. Vedrete, Salvini mobiliterà le piazze e prenderà d'assedio il Parlamento pur di scongiurare questo epilogo». Il diretto interessato ha confermato, involontariamente, questi timori: «La prima risposta, e la più bella, al via libera al mio processo è questa piazza a San Giovanni in Persiceto. Grazie!», ha scritto su Fb Salvini ieri sera, postando una foto con la piazza del paesino del Bolognese.
Adesso però perfino il voto dell'Aula (che deve arrivare entro 30 giorni) potrebbe saltare. In base al regolamento di Palazzo Madama, infatti, l'Assemblea prende semplicemente atto delle decisioni della giunta. A meno che almeno venti senatori non presentino una mozione di segno opposto. Traduzione: se Forza Italia o Fratelli d'Italia, che hanno detto no al processo non chiederanno una nuova votazione, Salvini sarà sottoposto al procedimento senza altri voti. Andrea Marcucci, capogruppo dem, scommette che i forzisti e Giorgia Meloni presenteranno la mozione: «E' una questione di logica». Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia, invece tiene coperte le carte: «Non so cosa faremo, è troppo presto per decidere...». Ma è probabile che alla fine il voto ci sarà. E' in linea con la posizione di Forza Italia e di FdI e a Salvini ormai conviene: «Spero che almeno in Senato si presentino, voglio vedere negli occhi chi mi ritiene un criminale mentre io ho solo difeso i confini e l'onore dell'Italia».
 


FATTORE CASELLATI
In tutto questo c'è da dire che la maggioranza, abituata ad andare in ordine sparso, questa volta non ha faticato a trovare una posizione unitaria. «Ad aiutarci è stata proprio la Casellati», ha raccontato chi ha partecipato al vertice del primo pomeriggio in cui è stato deciso di disertare il voto della giunta, «se la presidente non si fosse comportata in modo scorretto, votando insieme alle opposizioni per confermare la seduta di oggi, non sarebbe stato così facile decidere di non presentarci in giunta». «Già, anche perché difficilmente comprensibile all'opinione pubblica», allarga le braccia un esponente dem.
Ultimo aggiornamento: Martedì 21 Gennaio 2020, 13:13
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