Salvini e il caso Gregoretti, Bongiorno: «Errore il sì in Giunta, ma non decadrà. Parlamento smetta di vergognarsi»

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di Mario Ajello
Senatrice Bongiorno, Salvini ha disobbedito alle vostre indicazioni di votare no. Doveva invece rivendicare la sua posizione di aver agito per il bene del Paese e opporsi forte di questo all’autorizzazione a procedere? 
«Questo era quello che io avrei voluto. Però, poi, abbiamo dato seguito alla sua indicazione finale, che è stata diversa. E lo abbiamo fatto, convinti che il capo debba decidere. Questo principio contraddistingue la Lega. E non perché, come si sente dire, siamo un partito leninista. Ma perché riconosciamo la leader il potere di fare la sintesi». 

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Non opporsi all’autorizzazione a procedere non le sembra una rinuncia a far valere la forza della politica e il principio della sua autonomia negli atti che compie?
«Al centro del mio intervento ho messo proprio la centralità del ruolo del Senato. Avrebbe dovuto giudicare l’interesse pubblico. Mentre il dibattito è stato solo sulla fuga dal processo o meno di Salvini». 

Non crede che Salvini abbia sbagliato linea? 
«Io credo che dire mi faccio giudicare dalla magistratura sia un modo per svuotare di potere il Senato che in questo momento è l’unico giudice». 

L’ex ministro non doveva rinunciare alle guarentige connesse con il suo ruolo, perché questo può significare un depotenziamento dell’autorità politica?
«Comprendo perfettamente la scelta di Salvini. Ne abbiamo parlato molto, del resto. E’ come se avesse voluto mettere un punto a questa contestazione reiterata di reati. Da un lato capisco profondamente questa sua ansia di chiarezza. Ciò non significa però che il Parlamento può continuare a fare passi indietro, perché già da molti anni sembra che i parlamentari si vergognino del loro ruolo».
 
Non bastava applicare lo stesso atteggiamento usato nel caso Diciotti? 
«Spero che questo sulla Gregoretti sia un unicum. Mi auguro che non si ripeterà per la vicenda Open Arms, che comincia il 17 in Giunta. Nel caso Open Arms è ancora più evidente l’interesse pubblico che è stato perseguito. Furono date indicazioni chiarissime alla nave e la nave le disattese. Salvini credo e spero che in quel caso si comporterà come ha fatto per la Diciotti. Dicendo no all’autorizzazione a procedere». 

Insomma non si può inibire un politico - né da parte delle Camere né da parte della magistratura - quando prende decisioni per il bene della patria?
«Se il politico persegue un interesse privato, è chiaramente perseguibile. Se invece persegue l’interesse della collettività, si tratta di una scelta politica insindacabile. E tengo a dire una cosa: votare no da parte del Parlamento non è uno stratagemma per fuggire dal processo. Ma l’esercizio del potere attribuito al Senato. Spero che in futuro i parlamentari siano più consapevoli dell’importanza che assume il loro voto, che non va strumentalizzato per sconfiggere gli avversari».

La magistratura si è divisa sul caso Gregoretti. Il tribunale dei ministri si è espresso in modo diverso dalla procura che voleva archiviare l’inchiesta su Salvini. Questo che cosa significherà?
«E’ molto importante che la procura abbia escluso la sussistenza del reato. E questo è un ottimo punto di partenza». 

Salvini adesso che cosa rischia: 15 anni per sequestro pluriaggravato di persona?
«Qui non sussiste proprio il reato di sequestro di persona. Perché è stato lo stesso Salvini a salvare i migranti, facendoli salire a bordo di una nave italiana. Quindi non intendeva sicuramente danneggiarli, ma porli in salvo e organizzare una corretta ricollocazione. Le cose sono due: o s’inventano una nuova fattispecie di reato. Oppure il rallentamento nello sbarco, se finalizzato alla redistribuzione, è una procedura lecita, corretta e trasparente. Non è certo un sequestro di persona».

Non rischia per esempio l’incandidabilità, se il capo della Lega viene condannato?
«Guardi, qui semplicemenete non c’è reato. Quindi non vedo rischi di questo o di altro tipo».
 
 

Ultimo aggiornamento: Giovedì 13 Febbraio 2020, 15:06
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