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Matteo Salvini a tutto campo: su Virginia Raggi, Ilaria Cucchi, la manovra, i rapporti con Bruxelles, le Olimpiadi, gli arbitri e Higuain
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Matteo Salvini, ministro dell’Interno e vicepremier. La sua leadership è sempre più forte, mentre il centrosinistra sembra fare sempre più fatica in questo momento. Lo vede oggi un avversario politico?
«Sinceramente non me ne occupo - dice seduto nel suo ufficio al Viminale, con le maniche della camicia arrotolate e il televisore sintonizzato su video musicali - Nel senso che la scrivania del ministro dell’Interno è piena di dossier delicati». Vabbè, vede più Calenda o Gentiloni come avversario?
«Nessuno dei due. Ma mi auguro che vadano avanti a lungo. Anche Renzi e Martina, più ci stanno e meglio è». Intanto però la Tav rischia di diventare il tallone d’Achille di questa maggioranza.
«No. L’ha detto anche Di Maio e poi Toninelli: è in atto l’analisi costi-benefici da parte di esperti che non sono io. E quindi prenderemo atto del fatto che sia attuale o non sia più attuale. Su altre grandi opere il dibattito non c’è: la Pedemontana veneta, ad esempio, apre tra un mese. La Tap ero convinto fosse utile e sta andando avanti. Sulla Tav, che è un progetto datato e ingente, vedremo quello che ci diranno e a me andrà bene». La questione Stefano Cucchi è stata una pagina nera per le forze dell’ordine. Forse proprio insieme a Ilaria Cucchi si può rimarginare la ferita?
«L’ho invitata, non una ma due o tre volte. Posso dispiacermi per una persona che ha perso il fratello o per errori fatti da un uomo in divisa. Non si può imputare a un intero Paese o a un sistema di 200mila uomini delle forze dell’ordine l’errore di un singolo. Ma sono qui da 5 mesi, se vuole venire comunque la porta è aperta». Negli ultimi giorni, invece, abbiamo assistito al ritorno di Alessandro Di Battista: può diventare un elemento di disturbo?
«Ritorno dal Guatemala? Magari... se la gode. Io farei a cambio. Disturbo non è, casomai sarebbe uno stimolo». Di Maio e Di Battista se la sono presa con i giornalisti, come la vede?
«Faccio il giornalista da 20 anni e quindi sono convinto che ci sia un enorme pregiudizio nei confronti del Governo, della Lega e del sottoscritto in particolare. Ma non sono abituato a insultare i miei colleghi. Piuttosto li evito: Repubblica e l’Espresso per esempio non li leggo. Fabio Fazio? Non lo vedo». Perché parla di pregiudizi?
«Perché dal primo giorno di Governo, anzi da prima ancora, si leggeva su certi giornali di disastri, razzisti, incompetenti e principianti. Un insulto continuo. Pensi che c’è un giornalista del Tempo che ha raccolto in un libro il meglio degli insulti contro di me: 182 pagine. Lo regalerò a mio figlio». Pensioni e superamento della legge Fornero sono stati gli autentici obiettivi della Lega, ma non ritiene che l’uscita anticipata dal lavoro sia preferibile al reddito di cittadinanza?
«Sono entrambi sul contratto di Governo. Dare la possibilità di scelta a mezzo milione di italiani, perché chi vuole può restare a lavorare, per me è motivo di soddisfazione». Si avvicinano le elezioni europee, se continua così vi presentate da primo partito?
«Sono lontane non ci penso- dice con al polso un bracciale con la scritta “Salvini premier”-. Penso all’agenda di domani».
Possibili alleanze?
«La legge elettorale impone di andare da soli. Se c’è un accordo con la Le Pen? Possiamo essere presenti nei 27 Paesi con un alleato ed essere così una forza determinante nel prossimo Parlamento Europeo. Riuscendo così a cambiare gli equilibri della Commissione Europea». Cosa ne pensa della probabile candidatura di Tajani?
«È un uomo di Forza Italia, responsabile di Governo da tanti anni: è una scelta loro». Il Governo ha risposto alle obiezioni europee alla manovra, siete ottimisti?
«Sulla manovra c’è qualcosa da modificare ma non certo in base alle richieste di Bruxelles. Cambiamo in base a quello che succede in Italia, per esempio a causa del maltempo. Stiamo facendo la conta dei danni e rischiano di essere 5 miliardi di euro. Quindi è chiaro che dobbiamo mettere più soldi alla voce investimenti sul territorio. Perché ce lo chiede la situazione». E se scatteranno le procedure di infrazione faremo la fine della Grecia?
«L’Italia è la seconda potenza industriale di Europa, non faremo mai la fine della Grecia. A differenza di altri, come Germania, Francia e Spagna che infrangono le regole da anni, c’è grande attenzione solo su di noi. Se arrivano i commissari ci prenderemo un caffè insieme e li rimandiamo via». Occupazioni abusive, con gli emendamenti al decreto sicurezza sarà più difficile fare sgomberi?
«Assolutamente no. E i fatti lo dimostreranno. Sindaci e prefetti hanno più libertà di manovra. Posso dire che entro l’anno faremo sgomberi, a Roma, attesi da anni».
A Roma ce ne sono tantissime...
«Su Roma abbiamo un calendario dettato dalle urgenze, c’è un tavolo in prefettura: nelle prossime settimane verranno sgomberati 4 edifici pericolanti. A questi se ne aggiungono 23, oggetto di provvedimenti giudiziari su cui paghiamo anche la penale per il mancato sgombero. Cornuti e mazziati». Abbatterete anche la villa dei Casamonica, un importante atto simbolico. Ma come si fa, invece, a sradicare i vari clan dalla Capitale?
«Questi stronzi vanno colpiti sui loro business. Per questo potenzieremo l’agenzia dei beni confiscati alla mafia che arriverà a triplicare il personale e ad aprire 4 sedi in più. E avrà anche più libertà per avviare la vendita dei beni confiscati». La sindaca Raggi dopo l’assoluzione ha detto che è saltata l’Opa su Roma, ce l’aveva con lei?
«Ma quale Opa. C’è chi le ha fatto i complimenti dopo l’assoluzione, io invece le ho mandato gli auguri prima. Perché credo che sono i cittadini a dover giudicare i sindaci, non i tribunali. Certo da cittadino che vive Roma 4 o 5 giorni su 7, dico che si può fare di più. La aiuterò fino alla fine del suo mandato. Ma il trasporto pubblico, la raccolta dei rifiuti e le buche non sono di mia competenza». A proposito lo ha mai preso, anzi trovato, un bus a Roma?
«Sì, ho preso il bus, ho preso anche la metropolitana. Diciamo (sorride ndr) che altrove sono più puntuali». Altrove come Milano... Sala però lamenta l’assenza del Governo: cosa ne pensa l’ex consigliere comunale Salvini?
«Milano è cresciuta enormemente a prescindere dai sindaci. E’ una città più forte dei sindaci: vengono su grattacieli, si fanno le metropolitane e si sistemano le case popolari. Sul fronte sicurezza le ultime due giunte, Pisapia prima e Sala poi, sono state troppo disattente e tolleranti verso le occupazioni. E troppa tolleranza genera intolleranza. Penso a Rogoredo, viale Monza e viale Padova ad esempio».
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