Immigrati, Ue e alleati scomodi: l'ultima capriola "pragmatica" di Salvini

Immigrati, Ue e alleati scomodi: l'ultima capriola "pragmatica" di Salvini

di Claudio Fabretti

«Io europeista? Sono pragmatico». Si schermisce così, Matteo Salvini, quando gli chiedono conto dell’ennesima metamorfosi. Del resto, per lui, che ha iniziato la militanza politica nelle file dei “comunisti padani” per approdare infine alla estrema destra euro-parlamentare, la parola svolta ha un significato più tenue, sfumato. In fondo, il suo “pragmatismo” è lo stesso che ha consentito fruttuosamente alla Lega di passare in un battito di ciglia da movimento indipendentista locale a baluardo della sovranità nazionale. Da “prima i padani” a “prima gli italiani” è stato un attimo. E ora, in tempi di SuperMario Draghi e di ritorno di fiamma dell’europeismo, perché magari non coniare un “prima gli europei”?


Fatto sta che stavolta la conversione sembra più seria di uno slogan estemporaneo. Spinto dall’ala governista della Lega (Giorgetti & C.) e dalle forze produttive del Nord, l’ex-mister No Euro (con tanto di maglietta indossata ad hoc) sta rapidamente virando su posizioni europeiste anche sui temi più scottanti. A cominciare dall’immigrazione, terreno di scontro per antonomasia con Bruxelles (ricordate la memorabile lite con il ministro degli esteri lussemburghese Asselborn?). Ieri Salvini ha dichiarato: «Sul tema immigrazione noi proporremo l’adozione della legislazione europea.

A noi va bene che l’immigrazione in Italia sia trattata come in Francia e in Germania».

Parole che hanno lasciato a bocca aperta la platea, ancora memore della crociata dell’ex-ministro dell’Interno per chiudere tutti i porti e sfidare tutte le Carola Rackete di questo mondo. E non è tutto. A poche ore di distanza, i parlamentati del Carroccio a Strasburgo hanno chiesto l’allontanamento dal gruppo “Identità e democrazia” dei tedeschi di Afd, il partito sovranista, antieuropeo e anti-immigrati con cui fino a pochi giorni fa avevano condiviso le iniziative politiche. Oggi l’orizzonte è quello del Recovery Plan, non certo di battaglie di corto respiro come quella per insediare al ministero dell’Economia Paolo Savona, il professore anti-euro bocciato dal presidente Mattarella alla vigilia della nascita del primo governo Conte, quello gialloverde.


Dalla felpa alla cravatta: la svolta “concretista” del più divisivo tra i leader del centrodestra ha spiazzato tutti, alleati inclusi. «Salvini? Non lo capisco», si interroga Giorgia Meloni, invitata dallo stesso capo leghista a «non isolarsi». Ma dall’altra parte c’è chi gongola: «Salvini è passato alle nostre posizioni», rivendicano da sinistra. E lui alza le spalle: «Sono solo etichette». E magari anche il sovranismo era solo quello. Chi se lo ricorda più?


Ultimo aggiornamento: Martedì 9 Febbraio 2021, 08:30
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