Salvini: «Gli alleati parlino, ma decido io, a palazzo Chigi con i sindaci non vado». Altolà alla Cei

Salvini: «Gli alleati parlino, ma decido io, a palazzo Chigi con i sindaci non vado»

di Mario Ajello
In Italia non arriva proprio nessuno. Porti chiusi, sbarrati. Giusto che Di Maio parli e che dica il suo pensiero. E va benissimo che parlino pure Fico e Di Battista e che si discuta tra di noi e con il premier Conte, ma in materia di migranti quello che decide sono io».

Matteo Salvini passa da un bagno di folla all’altro in Abruzzo (si vota per le regionali il 10 febbraio) e sotto una leggera nevicata fa notare nella calca dei mercatini della Befana: «Guardi, io lavoro per non far partire le donne, i bambini e tutti gli altri dai loro Paesi, e per evitare il rischio che muoiano nel deserto o nel Mediterraneo. L’Italia è stata troppo a lungo un porto aperto, mentre l’Europa se ne infischiava dei migranti e ci derideva. Ora basta. Non si possono fare concessioni sui principi e il principio è che qui, se non attraverso i corridoi umanitari e in maniera controllata e legale, non entra più nessuno. Questa è la linea e non si cambia. Io ho firmato personalmente per i corridoi umanitari che porteranno in Italia migliaia di donne e di bambini. Questo è il sistema e vie diverse, gli scafisti, i trafficanti e altre schifezze, non devono più esistere». 

Ma Conte e Di Maio... «Ognuno ha le sue sensibilità - risponde il ministro, - e sul tema migranti stiamo facendo esattamente quello che avevamo detto di voler fare. E i cittadini sono con noi». La Chiesa no, però. «Alla Cei che critica dico: sull’accoglienza abbiamo già dato. E comunque soltanto qualche pretone fa polemica. Vada una mattina in chiesa e vedrà come la pensano i fedeli e anche i parroci. Chi è a contatto con la realtà quotidiana, come lo sono i sindaci, tranne alcuni di sinistra che pensano alla politica e non all’amministrazione delle loro città, sa bene quanto sia sentito, senza razzismo, senza isteria, il problema della sicurezza». 

Dice questo il vicepremier leghista, mentre sale tra la folla i gradini della chiesa delle Anime Sante, nella piazza del duomo dell’Aquila. Si ferma sull’uscio, sopra la sua testa c’è la cupola del Valadier, e questo è un luogo simbolo del terremoto, fu edificato dopo il sisma del 1703 ed è semi crollato dopo le scosse di dieci anni fa.

Ministro, lo sa che è stato Mattarella a inaugurare questo gioiello dopo il restauro? «Ah, sì, bravo presidente». 

Intanto un trentina di giovani di sinistra barbuti e infagottati lo contestano: «Siamo tutti clandestini!». E lui, sorridendo: «E si vede!». Con Di Maio, se andate avanti così, farete scoppiare la crisi di governo, non crede? «Macché! Ma quale crisi! È una coabitazione che funziona. E sono contento che sia tornato Di Battista dalla sua vacanza, così ci dà una mano. Ognuno dice la sua ma intanto facciamo tante cose insieme, e più di quelli che ci hanno preceduto. Non c’è niente di male ad avere qualche opinione diversa, questa è la politica. Non siamo mica in Unione sovietica!».

E ancora: «Da solo non sarei riuscito a fare quello che stiamo facendo insieme ai 5Stelle». Rispetto ai quali, però, il Carroccio è infinitamente più compatto e alcuni degli uomini vicini a Salvini fanno notare, non senza preoccupazione: «Sono un partito poco amalgamato e casinista, sono ragazzi, devono trovare un assetto un po’ più stabile sennò si balla troppo. Ricordano un po’ la Lega di qualche tempo fa...». E l’incubo del Senato friabile, a dispetto dell’ottimismo del Capitano, nelle schiere lumbard si avverte eccome. 

Salvini sul taglio dello stipendio dei parlamentari, nuovo slogan pre-elettorale di Di Maio e Dibba dalle Dolomiti, Salvini resta freddo e non solo perché qui in Abruzzo si gela. Osserva: «Quella una priorità? Di priorità ce ne sono almeno 50. Per me il lavoro è la grande priorità. E la prima cosa da fare adesso, quella che poi mi sta a cuore insieme alla legittima difesa, sono i decreti per smantellare la legge Fornero, cioè per restituire e milioni di italiani il diritto alla pensione e al lavoro».
 
LA RIVOLTA
Intanto però c’è la rivolta dei sindaci contro il decreto sicurezza, su cui Salvini sembra fare spallucce: «Per qualcuno che protesta, invece di amministrare le proprie città, ce ne sono molto altri, la maggioranza, e di ogni colore politico, che con molto realismo e buon senso ha capito che si tratta di provvedimenti capaci di rendere più facile il loro lavoro e più sicura la vita di tutti. Solo chi è prevenuto non lo sa». Ma anche qui, mentre Di Maio ha i suoi problemi con i sindaci grillini, Conte cerca di mediare. Lei, ministro, andrà a Palazzo Chigi a incontrare i sindaci insieme al premier? «Io, no. Io con i sindaci, anche con De Magistris che dice in privato cose diverse da quelle che dice in pubblico, ho parlato tante volte. Ma adesso non li incontro, non si può parlare con chi non conosce la materia. Si vede che alcuni sindaci, al contrario di tanti altri, non hanno letto il decreto. Sennò non direbbero quello che dicono. Viene tolta l’assistenza sanitaria con questa legge? Ma che bugia! Non è vero proprio. Non si può discutere con chi usa argomenti falsi e ideologici». 

Ultimo aggiornamento: Domenica 6 Gennaio 2019, 08:19
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