Giustizia, riforma Cartabia: l'ipotesi di escludere dalla legge i reati di mafia. Sale la tensione nel M5S

Giustizia: l'ipotesi di escludere dalla legge i reati di mafia. Sale la tensione nel M5S

di Marco Conti

Incartato, e con la leadership appesa alla volontà o meno di Mario Draghi di far digerire agli altri partiti della maggioranza qualche modifica alla riforma del processo penale senza scatenare la corsa a nuovi emendamenti. La sovrapposizione tra il voto di fiducia a Montecitorio sulla riforma della giustizia e quello sulla piattaforma che lo dovrebbe incoronare leader del M5S, irrigidisce e in qualche modo paralizza Giuseppe Conte che però continua a smentire idee bellicose di uscita dalla maggioranza alimentate dall'ala più dura del Movimento che continua a considerare un errore il sostegno a suo tempo dato al governo Draghi. Il problema è che una pattuglia di grillini - una ventina in tutto - vorrebbero di fatto stravolgere la riforma della ministra Cartabia e comunque superare quei limiti posti qualche giorno fa dallo stesso presidente del Consiglio. Qualche modifica tecnica è possibile - disse il premier spiegando la richiesta del voto di fiducia - ma che la sostanza non possa cambiare alla fine se ne sono resi conto anche i dem che da qualche giorno hanno mollato i Cinquestelle riallineandosi con Palazzo Chigi.

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La trattativa continua, triangola da giorni tra Conte, il sottosegretario Garofoli e la ministra Cartabia ma è quotidianamente sottoposta al fuoco amico di quella parte del M5S che vorrebbe cogliere l'occasione per passare all'opposizione. Si lavora su un possibile allungamento temporaneo dei termini di improcedibilità anche perché alcune proposte avanzate dai Cinquestelle sono state di fatto bocciate anche dagli alleati. Tra queste l'idea di lasciare in vigore per alcuni reati - specie di mafia - la riforma Bonafede anche se la ministra sulla questione si è già espressa dicendo che nessun processo andrà in fumo anche perché si tratta di norme che andranno in vigore dal 2021. Bocciata da FI, Iv e Azione l'idea di lasciare la riforma Bonafede in vigore per altri due o tre anni con la scusa di dover permettere ad alcune procure di smaltire l'arretrato.


La smentita - Per evitare di bloccare la trattativa e tranquillizzare la pattuglia grillina al governo, ieri mattina l'ex premier ha dovuto smentire la minaccia di un voto contrario del M5S. Si è ripetuto più o meno quanto accaduto qualche giorno fa a seguito delle dichiarazioni della ministra Dadone e anche stavolta è stata fatta marcia indietro, anche perché la fiducia al governo è stata decisa da un voto della piattaforma.
Resta il fatto che i tempi per trovare un'intesa sono stretti. Il calendario di Montecitorio prevede l'arrivo della riforma per venerdì prossimo anche se poi il voto di fiducia verrà rimandato probabilmente al lunedì successivo. Il governo però spera che il maxi-emendamento, che contiene il testo-Cartabia, venga votato prima in Commissione, domani o dopodomani. In questo modo ci sarebbe il tempo per incassare il parere anche delle altre commissioni competenti e in Aula non arriverebbe la riforma-Bonafede ma quella Cartabia. Se invece non ci sarà il voto in Commissione, il testo dovrà essere emendato direttamente in Aula, ma serviranno quattro o cinque voti di fiducia, escluso il voto finale che sarà quasi sicuramente segreto e che potrà offrire ulteriori sorprese.
Per ora i ben informati calcolano una ventina di possibili dissenzienti e se così sarà i problemi per il governo sono quasi nulli, anche se Conte inizierebbe in salita il suo incarico da leader del M5S che andrà al voto proprio negli stessi giorni in cui verrà votata la riforma alla Camera. Domani Conte dovrebbe iniziare il suo giro nelle Commissioni iniziando dalla Giustizia. Incontrerà i deputati grillini della commissione e si capirà forse meglio che fine faranno i 961 emendamenti presentati dal MoVimento.

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Ultimo aggiornamento: Martedì 27 Luglio 2021, 10:14
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