Renzi lancia "Italia viva", Conte: «Una minaccia oggettiva per la stabilità»

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Ha atteso ben quattordici ore Giuseppe Conte, dalla telefonata in cui lunedì notte Matteo Renzi gli ha annunciato la scissione, prima di commentare quella che a palazzo Chigi viene definita «la bomba». Eppure, nonostante il tempo di decantazione, la nota del premier ha trasudato ugualmente irritazione. Accuse di slealtà, di mancanza di trasparenza. Gelo. Non a caso l'annunciato (da Renzi) incontro tra i due non è stato fissato.
La mossa di Renzi, per Conte, cambia radicalmente il quadro. Ed è oggettivamente una minaccia alla stabilità del governo appena nato. Perché, come gongola Matteo Salvini, con il passaggio di una maggioranza a due più mezzo (M5S, Pd e Leu) a un'altra a tre più mezzo (M5S, Pd, Italia Viva e Leu), d'ora in poi l'ex rottamatore ha platealmente in mano il futuro dell'esecutivo. E le rassicurazioni di Renzi («faccio il partito per dargli lunga vita, si voterà nel 2023») non rassicurano affatto il presidente del Consiglio, né tantomeno Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio. Anche se Conte non ha intenzione di tornare in Parlamento per chiedere una nuova fiducia. Ieri ha espresso le sue preoccupazioni anche a Mattarella, nel corso di un colloquio al Quirinale sui temi della politica estera fissato da tempo. Dal Colle però trapela tranquillità. Si parla di normale dinamica che attiene ai gruppi parlamentari: nessun cambio di maggioranza.

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Della «brutta novità» hanno parlato a lungo Conte e Di Maio. Convenendo sul fatto che Renzi, nonostante le promesse, «non starà buono a lungo». Perché «non fa parte della sua indole», come dice un esponente grillino. E dunque la nascita di Italia Viva, nonostante lo scarso seguito nel partito e soprattutto territori (Toscana compresa) «è potenzialmente destabilizzante». Tanto più perché «d'ora in poi le mediazioni andranno trovate in tre. E saranno dolori...».
Né al premier, né a Zingaretti e a Di Maio, uniti dallo stupore e dall'allarme innescato dallo tsunami renziano, sfugge il fatto che per poter costruire la sua creatura e farla decollare, per forza di cose Renzi dovrà affermare ruolo e identità del suo nuovo partito. «Quello non è un leader qualsiasi», dice un ministro dem, «è un guastatore, un incursore. E potete star certi che Matteo si farà sentire su ogni dossier, a cominciare dalla legge di bilancio e le nomine. E se almeno all'inizio non farà cadere il governo, visto che ha bisogno di tempo per costruire e lanciare il suo partito, prima o poi porterà tutti alle elezioni: come farà infatti a far vivere la sua nuova forza politica fino al 2023, senza mai farla misurare con le elezioni?! Impossibile».
Così Dario Franceschini parla di «big problem», di grosso problema», con la sua omologa tedesca. E il ministro all'Europa, Enzo Amendola, dà corpo alle paure dem: «Questo governo già nasce, per usare un termine diplomatico, in condizioni particolari...».
Per la verità, dal nuovo partito giungono solo parole rassicuranti. «Non saremo una forza politica che metterà in difficoltà il governo», garantisce il coordinatore Ettore Rosato. E Luigi Marattin, economista, promesso capogruppo alla Camera di Italia Viva: «Cercheremo di dire la nostra sulla legge di bilancio, ma con spirito costruttivo e non ultimativo. Ad esempio vorremmo cancellare quota 100, ma accetteremo la linea di Gualtieri che pensa di mantenerla, portandola a esaurimento. E avverrà lo stesso sul reddito di cittadinanza: preferiremmo tornare al Rei, il reddito di inclusione, considerato però il contesto ci limiteremo a chiedere un potenziamento delle politiche attive per aprire il mercato del lavoro a chi percepisce il sussidio».
LA COMPETITION
Ma c'è un altro elemento che allarma gli azionisti di maggioranza. Ed è il fatto che Renzi, come ha dimostrato nell'intervista a Repubblica, si propone come il vero avversario di Salvini. «La ragione della scissione», dice un dirigente grillino, «va dunque cercata nella competizione dell'ex premier con Conte. Renzi ha accelerato lo strappo, perché il premier sta diventando sempre più l'anti-Salvini e invece vuole provare a strappargli ruolo e spazio prima che Giuseppe abbia definitivamente affermato la sua leadership del fronte anti-sovranista».
Un aspetto, quest'ultimo, che non allarma Di Maio. Il capo dei 5Stelle al pari di Renzi è in competizione con Conte, come ha dimostrato il lungo (e violento) braccio di ferro che ha proceduto la nascita del governo. Così nel suo entourage si sottolinea «l'indifferenza» con cui Di Maio avrebbe accolto la mossa dell'ex premier. E a sentire i suoi, il ministro degli Esteri non sarebbe neppure irritato dall'idea di vedere seduti al tavolo della maggioranza e del governo anche gli esponenti renziani: «Con Renzi non avrò mai un faccia a faccia», ha fatto sapere Di Maio, «ma non mi turba il fatto che dovrò parlare con la Bellanova, che verrà indicata come sua capodelegazione. Del resto abbiamo costruito il governo insieme a Marcucci. E cos'era Marcucci, fino a ieri, se non un renziano doc?!».
Nessuno comunque teme un redde rationem immediato. E' evidente a tutti che Renzi, prima di andare a elezioni, ha bisogno di tempo. «Italia Viva non si costruisce in sei mesi», sospira Rosato.
Alberto Gentili
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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 18 Settembre 2019, 08:28
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