Processo a Conte a Bruxelles, sfogo sul Governo: «Se così lascio»

Processo a Conte a Bruxelles, sfogo sul Governo: «Se così lascio»

di Alberto Gentili
dal nostro inviato
BRUXELLES «Sbagliano a pensare che possa sopportare tutto questo. Se continua così lascio. Mi dimetto». Ancor prima che a Roma cominciassero a spirare i venti di crisi, Giuseppe Conte ha lanciato un ultimatum a Matteo Salvini e Luigi Di Maio. «Certo, Giuseppe è premier per loro volontà, uno che si dice abbia vinto alla lotteria. Ma se si dimette sono guai per tutti», dice chi ha parlato con il professore.
E' la notte tra mercoledì e giovedì. Luigi Di Maio, mentre il premier è a Bruxelles a difendere la manovra economica sotto il tiro incrociato di Angela Merkel & C. dice in tv che è pronto ad andare in Procura per fermare il condono fiscale voluto dalla Lega. E Conte, dopo aver trascorso ben tre ore al telefono per cercare di riportare un po' di calma, poco prima dell'una di notte rientra in hotel. Ha il viso stanco e tirato. Ai giornalisti, con un sussulto d'orgoglio e di ruolo, dice: «Sono io il capo. Venerdì torno a Roma, controllo articolo per articolo il decreto. E si chiude».

LA VIA CRUCIS
La mattina dopo Conte affronta la nuova via crucis. Un disastro il bilaterale con l'olandese Mark Rutte. Poco più di un fallimento l'incontro con Emmanuel Macron. Il presidente francese neppure si prende il disturbo di sedersi insieme al premier italiano: il colloquio avviene in piedi, al bar del palazzo d'Europa riservato ai leader e alle delegazioni. E invece di aiutarlo, in Italia Di Maio e Salvini continuano ad azzuffarsi su condono fiscale e Rca auto. Non solo. Il capo della Lega spara cannonate contro gli interlocutori che Conte ha davanti agli occhi: «Parigi, Berlino e Bruxelles non rompano le scatole».

Poco prima dell'una comincia il pranzo dei leader dell'Eurozona. Di conti e di legge di bilancio parla solo il premier italiano. Conte difende la manovra, illustra le «poderose» riforme strutturali, il «piano di investimenti senza precedenti». In base a un copione ben studiato, nessun leader interviene. Nessuno commenta le parole di Conte, completamente isolato. Spiegazione di una fonte autorevole della Commissione: «Abbiamo voluto evitare nuove tensioni politiche». In realtà Merkel, Macron e gli altri partner hanno preferito non affondare i colpi perché Jean-Claude Juncker ha fatto sapere che «è inutile»: «Sta arrivando un giudizio pesantissimo della Commissione». Il giudizio è la lettera che il commissario Pierre Moscovici nel pomeriggio consegnerà a Roma nelle mani del ministro Giovanni Tria. La missiva che parla di «deviazione grave, senza precedenti nella storia». Conte ne viene informato qualche ora prima. Durante il pranzo, appunto. Una notizia che rende il cibo e la compagnia ancora più indigesti.
Preso il caffè, salutati i presunti alleati, il premier si rifugia nella saletta della delegazione italiana. Su Fb risponde in anticipo alla stroncatura: «La lettera non ci preoccupa, la manovra non è temeraria». E al telefono parla con Di Maio e litiga con Salvini che ha fatto sapere di non voler partecipare ad alcun Consiglio dei ministri per rivedere il decreto fiscale. Sono i momenti in cui il punto stampa slitta di minuto in minuto. Fasi concitate in cui Conte, mentre lo spread schizza a 327 punti, torna a minacciare le dimissioni con i vicepremier (anche se in serata palazzo Chigi fa sapere: il premier non ha mai minacciato le dimissioni). E alle sette di sera la tensione è ancora così palpabile che in conferenza stampa, sbotta: «Ho fissato il Consiglio dei ministri per sabato. Mi chiedete se Salvini verrà? Questo non lo so. Ma sono io che decido quando si riunisce il governo».
Per uno che è accusato di fare il prestanome, di stare a palazzo Chigi per conto terzi, non sono parole da poco. Il segno che la zuffa tra Di Maio e Salvini (che domani diserterà insieme ai leghisti il Cdm) ha davvero superato il livello di guardia. Che la pazienza del mite Conte, pronto a sostenere il chiarimento sollecitato dal leader 5stelle, è al limite. Tant'è che a precisa domanda sulla possibile crisi, il premier risponde: «E' una prospettiva improbabile. Come diceva Max Weber, la politica è passione, senso di responsabilità, lungimiranza. Se ci fosse una crisi dimostreremmo di non avere queste virtù...».
LE POSIZIONI
Nel frattempo su Roma è precipitata la lettera della Commissione. Durissima. Conte non può fare a meno di replicare: «Una deviazione senza precedenti? Non è vero. Dovevamo partire da un riallineamento all'1,2%, più le clausole Iva si andava al 2%. E noi siamo arrivati al 2,4%: è smentito che si tratti di una deviazione senza precedenti». Ancora: «Sapevamo che questa manovra non è in linea con le aspettative della Commissione. Ci aspettavamo quindi osservazioni e rilievi. Ma la situazione non precipita, abbiamo tempo per replicare fino a lunedì. Tanto più che lettere analoghe le hanno ricevute Spagna, Francia, Portogallo». Poi, guardando ai mercati finanziari: «Seguo lo spread con grande attenzione, sarebbe da irresponsabili non farlo e guardo alle agenzie di rating sperando che limitino la valutazione negativa. I fondamentali dell'Italia sono ottimi, il paziente è in ottima salute. E con la Commissione non sarà muro contro muro, mi confronterà con Juncker». Peccato che negli stessi minuti Di Maio e Salvini tornino a bombardare Bruxelles.
 
Ultimo aggiornamento: Venerdì 19 Ottobre 2018, 07:45
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