Matteo Salvini cerca di rilanciare sui dossier pensioni e fisco chiedendo via lettera un incontro a Mario Draghi. Ma al momento i margini di trattativa sul dopo Quota 100 appaiono circoscritti a un qualche compromesso più morbido sul sistema delle quote (102, 103 e 104) intese come percorso di rientro verso il sistema in vigore fino al 2018: quindi sostanzialmente quello della legge Fornero più forme di uscita riservate a particolari categorie. Mentre per quanto riguarda la riduzione delle tasse l’esecutivo resta ancorato allo stanziamento di 8 miliardi già in indicato (sei da finanziare in legge di Bilancio e altri due già accantonati dallo scorso anno).
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I vincoli
Sullo sfondo della discussione sulla previdenza resta l’ipotesi di un meccanismo di flessibilità strutturale, basato sulla possibilità di opzione generalizzata per il sistema di calcolo contributivo: una soluzione che sul piano politico potrebbe piacere al Pd e a Leu, ma che per ora fatica a fare strada. Sicuramente questa scelta andrebbe a includere una platea più ampia di quella coinvolta dalla proposta Quota 102-104, che del resto è ancora da definire nei dettagli. Una proposta che non piace ai sindacati per motivi che sono stati riassunti in un’analisi della Cgil: coinvolgerebbe una platea di persone molto limitata. «Dai nostri studi - spiega Ezio Cigna, responsabile Previdenza pubblica del sindacato - sarebbero 8.524 le persone coinvolte nel 2022 e 1.924 nel 2023, visto che molti dei soggetti che potrebbero perfezionare Quota 102 nel 2022 e Quota 104 nel 2023 hanno già il maturato il requisito di Quota 100 al 31 dicembre 2021».
In tutto dunque poco più di diecimila persone. L’ipotesi è che il requisito di età richiesto sia fissato a 64 anni il prossimo anno (insieme ai 38 di contributi) mentre nel 2023 servirebbero 66 anni. Si tratta insomma di vincoli molto impegnativi. L’uscita di Salvini punta a rialzare la posta sul tavolo della manovra: «Sarebbe un errore rifinanziare il reddito di cittadinanza e tagliare le pensioni» ha detto ieri. Ma per ora Palazzo e Chigi e Mef non sembrano voler cambiare linea.
Le richieste
Sul fronte fiscale le richieste del leader della Lega sono ugualmente consistenti: da una parte l’ampliamento della dote per la riduzione del carico tributario, fissata a 8 miliardi complessivi, dall’altra una misura simbolo per il Carroccio, ovvero il mantenimento della cosiddetta “flat tax” per i lavoratori autonomi (che andrebbe anzi estesa fino alla soglia dei 100 mila euro di fatturato) insieme a una proroga del superbonus 110 per cento che includa anche le villette unifamiliari. Sul primo punto non ci sono spazi per una mediazione: le risorse delineate nel Documento programmatico di Bilancio inviato a Bruxelles arrivano ai 23 miliardi complessivi e il Tesoro non ha intenzione di andare oltre. Quanto alla flat tax, il suo destino è legato a quello della riforma fiscale complessiva, che puntando a razionalizzare il sistema almeno sulla carta dovrebbe ridurre al minimo i regimi speciali. Proprio per questo motivo è molto improbabile che la norma sia toccata in legge di Bilancio. Gli 8 miliardi dovranno essere distribuiti tra un primo intervento sull’Irpef, l’avvio della cancellazione dell’Irap (ma solo per le piccole imprese) e la soppressione, sempre a beneficio delle aziende, del contributo che attualmente concorre a finanziare l’assegno al nucleo familiare: strumento che sarà assorbito nel nuovo assegno universale.
Ultimo aggiornamento: Domenica 24 Ottobre 2021, 16:11
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