«Prima di partire domenica per Bruxelles, Conte ha sentito Di Maio e Salvini e ha anticipato loro che andando a Bruxelles si sarebbe riservato di valutare il nome di Timmermans, nella convinzione che non servisse un veto ma piuttosto un atteggiamento di dialogo costruttivo.
E che l'obiettivo era perseguire gli interessi dell'Italia. E che anche Timmermans poteva dare all'Italia delle garanzie in tal senso», spiegano fonti di Palazzo Chigi, ricostruendo quanto accaduto a Bruxelles. «Nel consiglio europeo, però, Conte si è trovato davanti il muro franco tedesco, compatto nel voler imporre un pacchetto 'prendere o lasciare' e un metodo - quello degli spitzenkandidaten - su cui non c'era unanimità», proseguono. «Allora per il premier è diventata una questione di principio e di metodo, di rispetto non solo del ruolo dell'Italia, ma del ruolo stesso del Consiglio europeo, perché «l'Europa è a 28 e non a due».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 1 Luglio 2019, 18:54
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