Salvini: «Draghi scelga tra noi e Grillo». Marcucci: «No a esecutivo con la Lega»

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di Simone Pierini

Incastri di futuro governo. Mentre il premier incaricato Mario Draghi portava avanti il primo giorno di consultazioni, all'esterno si registrano le prime posizioni di esponenti di partiti chiave per formare una maggioranza in Parlamento. Dopo il no deciso di ieri di Giorgia Meloni che insiste sul chiedere di tornare al voto aprendo al massimo a un'astensione purché sia comune per tutta la coalizione del centrodestra, la netta apertura di questa mattina al sostegno di Silvio Berlusconi, sono arrivate le parole di Matteo Salvini che invita Draghi a scegliere «tra Grillo e la Lega». Dal lato Pd è il capogruppo Andrea Marcucci che esclude la possibilità di un esecutivo insieme alla Lega. Nel pomeriggio è arrivato anche il dietrofront di Beppe Grillo che dice sì a Draghi purché sia un «governo politico». 

Nel frattempo lo spread è in picchiata. Il minimo toccato oggi a 99,9 punti base, con chiusura a 100, trova paragone con i livelli più bassi raggiunti cinque anni fa. Il differenziale tra il Btp e il Bund aveva infatti toccato quota 96,2 a fine dicembre 2015 e i 91 punti all'inizio dello stesso mese, a quanto emerge dai dati della piattaforma Bloomberg. Dati a due cifre che erano rimasti tali soltanto fino ai primi giorni del 2016. 

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Salvini: «Draghi dovrà scegliere tra Grillo e la Lega»

«Draghi dovrà scegliere tra Grillo e la Lega, tra la patrimoniale e il taglio delle tasse». Matteo Salvini, al termine della segreteria politica, pone le sue condizioni, ma non esclude che la Lega possa appoggiare il prossimo governo Draghi. Anzi. Salvini svela i temi su cui misurare l'apertura a un governo retto dall'ex presidente della Bce: «Taglio tasse, taglio burocrazia e controllo dei confini», indicati come obiettivi di un governo che potrebbe attrarre i voti della Lega. La giornata, vede impegnato Salvini alla Camera, negli stessi uffici dei vertici - che sono stati praticamente quotidiani - con gli alleati del centrodestra. Ma stavolta non ci sono né Meloni, né Tajani, né i piccoli. È chiaro, che almeno in questa fase, la sintesi unitaria non è stata trovata. Alle consultazioni, mette nero su bianco il testo con le convocazioni di Draghi, il centrodestra va in ordine sparso. Con tre idee diverse. A questo punto Giorgia Meloni può prendere atto che la subordinata, offerta ieri a Lega e Fi, dell'opzione astensionistà non ha prevalso. Fi, si è portata avanti anche oggi con il lavoro di avvicinamento a Draghi, con lo stesso Berlusconi che ricorda «la scelta di Mattarella di conferire a Mario Draghi l'incarico di formare il nuovo governo va nella direzione che abbiamo indicato da settimane».

Siamo di fronte a «una personalità di alto profilo istituzionale attorno alla quale si possa tentare di realizzare l'unità sostanziale delle migliori energie del Paese...».

Nel mezzo resta Salvini, che pare puntare il dito contro gli alleati. Che non sono riusciti ad aspettare il confronto sui temi. Da una parte Meloni, attratta dal voto, come ripete da mesi e Forza Italia, che di Draghi ha già fatto (quasi) una bandiera. «Noi a differenza di altri, siamo liberi, non abbiamo, a differenza degli altri già scelto il sì o il no, prima di andare a parlare con Draghi», aggiunge Salvini, aprendo il capitolo «sulle differenti sensibilità» in questo momento tra alleati. Poi non risparmia una stoccata, in particolare a Forza Italia. «A differenza di altri, dove ci sono correnti, correntine, fuoriusciti e ripensanti, noi ci confrontiamo sulle idee, poi quando si sceglie, la Lega si muove come un sol uomo». E a chi gli chiede se è a rischio l'unità del centrodestra replica così: «Per noi vengono prima gli interessi degli italiani, prima di quelli del partito». Il leader esce in compagnia dei suoi vice: del 'draghianò Giorgetti, che si lascia scappare un paragone tra Cristiano Ronaldo e l'ex presidente della Bce («Lui è un fuoriclasse, come Cr7, non lo puoi lasciare in panchina»), al 'conservatorè Lorenzo Fontana, uomo del Veneto e vicino alle posizioni dei territori del nord est, con loro il più giovane Andrea Crippa, anche lui vice, l'uomo che ha fatto da messaggero di Salvini al Sud. Tutti a dar man forte al leader, atteso sabato al confronto con Mario Draghi. 

Marcucci (Pd): «No a esecutivo con la Lega» 

«Il profilo di Mario Draghi rappresenta l'Italia migliore, certamente adeguato all'emergenza che il paese sta attraversando. Le forze parlamentari, a partire da quelle che componevano l'ex maggioranza, devono essere propositive e responsabili. E per questo auspico un esecutivo con una chiara matrice politica europeista e riformista. Quanto al Pd, non ho riscontrato timidezze ma, appunto, senso di responsabilità. all'appello del capo dello Stato abbiamo risposto dopo un minuto, senza incertezze. In questo quadro così confuso e per certi versi drammatico, il Pd non può certo permettersi timidezze». Lo dice il capogruppo Pd a Palazzo Madama Andrea Marcucci in un'intervista al Foglio.it. «Non ho letto la dichiarazione di Bettini sulle elezioni - continua- mi bastano le parole di Mattarella che condivido letteralmente». Quanto ad un'eventuale appoggio della Lega al nuovo governo, Marcucci è netto: «Immagino che per Salvini, campione in Europa della lotta sovranista contro il Recovery plan, non sia facilissimo in Italia salire sul carro di un governo che dovrà gestire quelle risorse. In questi anni il leader della Lega si è distinto per una battaglia all'ultimo sangue contro le istituzioni europee, non vedo le condizioni per un appoggio al governo che sta nascendo».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 5 Febbraio 2021, 08:18
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