Renzi: «Recovery raffazzonato, se non cambia Iv lascia il governo». E chiede anche lo ius culturae

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Renzi non molla. Anzi, rilancia. Il leader di Italia Viva non solo ribadisce i tre punti principali su cui chiede una decisa inversione di rotta a Giuseppe Conte (Governance del Recovery Fund, Mes e delega ai Servizi segreti), ma aggiunge nuove richieste di integrazione al Piano di ripresa e resilienza, tra cui lo Ius culturae per i giovani stranieri che scelgono di studiare in Italia. «Quando parlo di qualche settimana dico che non può tirare troppo sulle lunghe, se c'è l'accordo» sul Recovery «bene, si va avanti, se non c'è l'accordo è evidente che faranno senza di noi e le ministre si dimetteranno. Non siamo alla ricerca di poltrone ma di idee», è il chiaro avvertimento dell'ex premier toscano.

Ius culturae

«Mercoledì mattina il ministro Gualtieri ospiterà la delegazione di Iv: andranno i capigruppo Faraone e Boschi e le ministre Bonetti e Bellanova. Con questa delegazione presenteremo 61 punti su cui al momento non siamo d'accordo delle 103 pagine di Next generation Eu. Dico 'al momento' perché chiederò ai parlamentari di Iv di indicare eventuali ulteriori suggerimenti. Andremo combattivi come sempre».

«Ci sono i 19 miliardi su scuola, università e ricerca: proponiamo di raddoppiare la cifra sul capitale umano. L'Italia deve candidarsi a prendere il posto degli inglesi nell'attrattività di Erasmus: diciamo a Pd, M5s e Leu di puntare sullo ius culturae dando la cittadinanza agli studenti universitari che verranno a studiare in Italia», chiede Renzi. 

«Pensiamo - attacca - che il piano predisposto dal presidente del Consiglio manchi di ambizione, sia senz'anima, si vede che non c'è un'unica mano che scrive. È un collage talvolta raffazzonato di pezzi di diversi ministeri. Si vede la mano burocratica di chi mette insieme i pezzi». E ancora: ​«Questo piano è impregnato di cinquestellismo giustizialista nel momento in cui si parla della prescrizione. Noi partiamo dalla cultura: no al manettarismo di seconda mano di alcuni membri di questa coalizione».

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L'Alta Velocità

E poi c'è la Tav: «Sull'Alta Velocità non facciamo sconti a nessuno, come sul Mes.

Vi sembra possibile che nel silenzio l'unico vero attacco al governo lo ha fatto quella forza politica che non ha voluto votare il parere sulla Tav, e si chiama M5S non Iv. Poi c'è il tema del Ponte sullo Stretto che non può stare sul piano perché ha un arco di tempo maggiore ma che ha uno spazio di azione decisamente più agevole e più facile».

«Il Ponte di Genova è stato un grande successo. Dall'altro ci sono i denari sulle infrastrutture. Nel piano ci sono 27 miliardi di infrastrutture che potrebbero essere sbloccati che sono fermi. Nel documento si dice che la povertà con il reddito di cittadinanza è scesa dal 7 al 6,4%: per combattere la povertà non servono slogan, non serve il reddito di cittadinanza, servono cultura, vaccini e infrastrutture», spiega l'ex premier.

Sulla delega ai Servizi che Conte intende tenere per sé, Renzi tiene il punto: «Noi non vogliamo che si facciano scherzi sui temi sulla sicurezza e chiediamo che il presidente del Consiglio affidi la delega ai servizi ad una persona terza». «Non farei una graduatoria, ma mi piacerebbe che sui punti sui quali ci vicende detto di no ci venga spiegato il perché. Perché i servizi segreti debbano non vedere assegnata la delega. perché le opere sulle case popolari non debbano essere fatte. Perché quando diciamo che bisogna dare ai sindaci ci viene detto di no?». 

Il Mes sanitario

Resta il nodo forse principale della contesa con M5S: il Mes sanitario, ovvero quei 36 miliardi di prestiti Ue che i pentastellati si rifiutano categoricamente di utilizzare e che invece il leader di Italia Viva pone come condizione essenziale per non staccare la spina a Conte. «Il Mes per la sanità: su questo punto non torniamo indietro», ribadisce Renzi. «I denari del Recovery fund sono più condizionati di quelli del Mes. Oggi si contano 273 medici morti, trovo vergognoso che si stia ancora a discutere dei 36 miliardi del Mes».

Le proposte del Pd 

Anche il Pd in serata consegna a Conte le sue proposte per il Recovery Plan che «deve cambiare l'Italia». Le osservazioni dei dem riflettono molte delle proposte fatte arrivare già a  Conte nell'incontro di qualche giorno fa. Quindi grande attenzione al green, alla transizione ecologica, e all'innovazione, ma con fondi dati anche a nuovi protagonisti, alle startup, e non solo a imprese già presenti. Poi parità di genere,istruzione, maggiori fondi per gli asili nido e le infrastrutture sociali, cultura e commercio. Riflettori puntati particolarmente su mezzogiorno e sulla sanità.

Il Pd continua a sottolineare l'importanza delle riforme sul lavoro: «Si rischia di arrivare al termine del blocco dei licenziamenti senza una riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive, che abbiamo posto più volte al tavolo di maggioranza sul programma di governo», è il ragionamento. Sulla cabina di regia del Recovery, la struttura dovrà essere «sussidiaria, quindi di supporto, alla Pubblica amministrazione e non sostitutiva e dovrà anche interagire e aiutare le amministrazioni periferiche che altrimenti potrebbero avere problemi nella gestione di questi progetti».


Ultimo aggiornamento: Martedì 29 Dicembre 2020, 07:12
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