Manovra, Conte: «Non torna in cdm, il governo ora ha bisogno di coesione»

Conte: «La manovra non torna in cdm Governo ora ha bisogno di coesione»
Bisogna fare squadra, chi non la pensa così è fuori dal governo». È dall'Umbria che si appresta a tornare al voto che il premier Giuseppe Conte, dopo giorni di polemiche e attacchi alla manovra, sceglie di alzare la voce. Lo fa deragliando dalla sua usuale narrazione, ponendo un nettissimo aut-aut non solo a Matteo Renzi ma anche chi, proprio sulla manovra, ha messo in campo le barricate: Luigi Di Maio. Un ultimatum che sembra in asse con il Pd: «Ci dicano se è cambiato qualcosa, se la fiducia è venuta meno lo si dica», mette in chiaro Andrea Orlando nel giorno in cui anche da Confindustria arriva un appello all'unità.

Nel giorno della Leopolda e della piazza di Matteo Salvini, Conte decide di porre il suo stop: il continuo cannoneggiamento è deleterio per questo esecutivo, è il senso del messaggio del capo del governo. Un messaggio duro, almeno nella forma, tanto che, poco dopo, Palazzo Chigi smussa le parole del premier: «Conte non ha fatto riferimento a singoli ministri o forze politiche, ha fatto un discorso più generale». Prevedibile, anche se mancano conferme ufficiali, che le parole del premier abbiano innescato una girandola di telefonate, almeno dei rispettivi staff. Anche perché è facile che la stoccata di Conte abbia fatto andare su tutte le furie il leader M5S. Anche se dal blog pentastellato si cerca di abbassare i toni, caldeggiando unità e assicurando fiducia nel premier. Nel merito, tuttavia, Conte tira dritto: non annuncia ancora alcun vertice di maggioranza, come richiesto dal Movimento, e avverte che la manovra è stata approvata e quindi non tornerà in Consiglio dei ministri.
 
 

Se i contatti tra Conte e Di Maio per ora erano assenti, in queste ore, l'asse creatosi sembra più quello tra il Pd e il premier. Non a caso, prima di Conte, è il vice segretario Dem Andrea Orlando a porre il suo aut aut: Iv e M5S «se non ci sono più le ragioni per una scommessa, ce lo dicano», spiega l'ex ministro che aleggia anche l'ipotesi di elezioni.
E il concetto sembra trovare in perfetta linea Conte. Questi attacchi, da qualsiasi parte provengano, non fanno bene al Paese, è il ragionamento che si fa a Palazzo Chigi, dove c'è una consapevolezza: se cade questo governo si torna al voto. Ed è una consapevolezza che si aggancia a quello che, nel 2018, fece intendere il presidente Sergio Mattarella: a seguito del voto del 4 marzo c'erano due maggioranze percorribili; una volta percorse non restano che le urne. È attorno a questo concetto che Pd, M5S e, almeno per ora, Iv, sono chiamati a ritrovare una quadra. Dall'altro parte, infatti, c'è una piazza della Lega e del centrodestra che attacca, urla, chiede incessantemente il ritorno alle elezioni. E a Salvini Conte replica per le rime. Abbiamo le mani sporche di sangue? «Queste sono stupidaggini, io ho difeso il nome dell'Italia in Ue rispetto ad una propaganda che ci stava facendo male», sottolinea Conte difendendo, nel corso del suo mini-tour a Eurochocolate, la manovra. «Che io sia contro il popolo delle partite Iva è una fesseria, io ho firmato il provvedimento che prevede l'aliquota del 15% fino a 65mila e, con le risorse del piano anti-evasione puntiamo a ridurre fino a 100mila», rimarca il capo del governo in una giornata in cui Confindustria chiede avverte: «se la manovra peggiora meglio andare a casa». Ma la manovra non cambia, assicura, in perfetto asse con Conte, il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. Conte in Umbria tornerà giovedì e a Perugia, oggi, si fa vedere al fianco del candidato Pd-M5S Vincenzo Bianconi. Anche perché, nell'alleanza giallo-rossa Conte ci crede. «È un esperimento interessante» ammette chiarendo però che le Regionali non sono un test del governo«, spiega il premier, avvertendo, al tempo stesso, i potenziali alleati: »il mio programma di governo è esplicito, io non cerco voti«.

 
Ultimo aggiornamento: Sabato 19 Ottobre 2019, 23:18
© RIPRODUZIONE RISERVATA