Una giornata convulsa di trattative e strappi che ha tenuto il governo sul filo fino all’ultimo. Complice la diaspora grillina, la maggioranza ha faticato a trovare un’intesa sulla risoluzione alle comunicazioni del premier Draghi, in vista del prossimo Consiglio europeo di domani e venerdì.
Il premier ce l’ha messa tutta per non alimentare altre tensioni fra le forze politiche, ma nel suo discorso durato venti minuti è stato chiaro. Non ha mai usato la parola armi, ma ha sottolineato che l’esecutivo intende continuare a sostenere l’Ucraina, anche nella ricostruzione e si schiererà per l’adesione di Kiev all’Unione europea. «Ricercare la pace, superare la crisi: questo è il mandato ricevuto dal Parlamento, questa è la guida della nostra azione – ha detto il presidente del Consiglio - la strategia dell’Italia in accordo con l’Ue e il G7, si muove su due fronti: sosteniamo l’Ucraina e imponiamo sanzioni alla Russia perché Mosca cessi ostilità e accetti di sedersi al tavolo dei negoziato». Alla fine, la risoluzione è stata approvata con 219 voti favorevoli, 20 contrari e 21 astenuti confermando il mandato che il Parlamento già aveva dato al governo all’inizio del conflitto, quasi 4 mesi fa.
Il braccio di ferro durato due giorni ha portato così ad un testo che prevede il coinvolgimento delle Camere tanto invocato da Giuseppe Conte, ma nei limiti già stabiliti con il primo decreto di febbraio sull’invio di aiuti e armi a Kiev.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 22 Giugno 2022, 07:29
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