Draghi supera il test: «L’Italia non mollerà mai l’Ucraina». E il Senato approva la risoluzione sulle armi

Draghi supera il test: «L’Italia non mollerà mai l’Ucraina». E il Senato approva la risoluzione sulle armi

di Alessandra Severini

Una giornata convulsa di trattative e strappi che ha tenuto il governo sul filo fino all’ultimo. Complice la diaspora grillina, la maggioranza ha faticato a trovare un’intesa sulla risoluzione alle comunicazioni del premier Draghi, in vista del prossimo Consiglio europeo di domani e venerdì.

Il premier ce l’ha messa tutta per non alimentare altre tensioni fra le forze politiche, ma nel suo discorso durato venti minuti è stato chiaro. Non ha mai usato la parola armi, ma ha sottolineato che l’esecutivo intende continuare a sostenere l’Ucraina, anche nella ricostruzione e si schiererà per l’adesione di Kiev all’Unione europea. «Ricercare la pace, superare la crisi: questo è il mandato ricevuto dal Parlamento, questa è la guida della nostra azione – ha detto il presidente del Consiglio - la strategia dell’Italia in accordo con l’Ue e il G7, si muove su due fronti: sosteniamo l’Ucraina e imponiamo sanzioni alla Russia perché Mosca cessi ostilità e accetti di sedersi al tavolo dei negoziato». Alla fine, la risoluzione è stata approvata con 219 voti favorevoli, 20 contrari e 21 astenuti confermando il mandato che il Parlamento già aveva dato al governo all’inizio del conflitto, quasi 4 mesi fa.

Il braccio di ferro durato due giorni ha portato così ad un testo che prevede il coinvolgimento delle Camere tanto invocato da Giuseppe Conte, ma nei limiti già stabiliti con il primo decreto di febbraio sull’invio di aiuti e armi a Kiev.

Il Movimento, appoggiato anche da Leu, chiedeva invece una maggiore partecipazione alle scelte di politica estera dell’esecutivo nei momenti più “rilevanti”, compresi eventuali nuovi invii di forniture militari. Palazzo Chigi però è stato irremovibile e ha mantenuto la sua posizione fino all’ultimo: va bene il coinvolgimento del Parlamento ma entro i limiti già definiti dal primo decreto legge che Draghi non a caso ha citato nel suo intervento a Palazzo Madama. Le resistenze del capo dei 5 stelle sono state dunque messe da parte anche per non scoprire il fianco agli attacchi dei dissidenti vicini a Di Maio: «Abbiamo scelto di votarla per responsabilità – dicono i senatori vicini a Conte - Abbiamo battagliato fino all’ultimo, non portiamo a casa ciò che volevamo, ma almeno la centralità del Parlamento è riconosciuta». Il testo sarà presentato nella stessa formula oggi alla Camera.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 22 Giugno 2022, 07:29
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