Di Maio e Salvini, sale la tensione: nodi trivelle, riforme e legittima difesa

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Frecciate, puntualizzazioni, botta e risposta: il gennaio delle misure «elettorali», per il governo giallo-verde, parte in salita. Matteo Salvini e Luigi Di Maio, parallelamente, hanno dato il la alla lunga campagna elettorale. Ma se sul reddito di cittadinanza e quota 100 si spalleggiano da bravi alleati sul resto è battaglia. Con un reciproco fastidio che, tra i due, si è incuneato in questi giorni: quello di vedere occupato il proprio campo dall'alleato. Il blitz di Di Maio sui migranti a largo di Malta non è proprio piaciuto a Salvini.

«Il M5S parli pure ma sui migranti decido io», è il diktat che il vicepremier affida al Messaggero prima di ribadire, in una lunga diretta facebook, che sul tema sbarchi non arretrerà di un millimetro. Ed è un messaggio che il leader della Lega manda a Di Maio e al premier Giuseppe Conte il cui asse, sui migranti e non solo, potrebbe mettere in difficoltà Salvini. Anche perché il leader del M5S risponde a distanza all'alleato: «A Salvini nessuno vuole togliere il potere di decidere, però decide il governo intero».

E dare il quadro del termometro (freddino) dei rapporti tra i due vicepremier basta registrare un dato: sia Di Maio che Salvini nel pomeriggio rientrano a Roma ma, nonostante domani si parta con i lavori parlamentari, optano per non avere nessun incontro. Del resto, la gara a colpi di misure è appena iniziata. La Lega punta subito ad incassare la legittima difesa, sulla quale invece, il M5S vorrebbe vedere chiaro e valutare la possibilità di modifiche. «Ringrazio i Cinque stelle con cui cercano di farci litigare, basta che si rispettano gli impegni e sono sicuro sulla legittima difesa non ci saranno scherzi in Parlamento», avverte Salvini che, sul provvedimento, può contare sul pieno appoggio dei suoi alleati di centrodestra. Toccherà a Di Maio placare in malumori di alcuni parlamentari e rilanciare con due provvedimenti «movimentisti»: il referendum propositivo, (sul quale, davanti a Salvini che pretende un quorum, il M5S mantiene il punto sul «no») e il taglio degli stipendi ai parlamentari.

Ma oggi Di Maio deve far fronte alla grana trivelle. L'autorizzazione alle ricerche di idrocarburi nel mar Ionio innesca la trincea dei No Triv - in parte elettori pentastellati - e costringe prima il ministro dell'Ambiente Costa e poi lo stesso vicepremier a precisare che l'ok è del governo precedente. Ma in rete, la protesta della base monta e, dopo il sì al Tap, l'ok alle trivellazioni è un'altra mina al volto ambientalista del Movimento. Un volto sul quale è alta l'attenzione di Beppe Grillo. E che, per Di Maio, è una conditio sine qua non per avvicinarsi ai Verdi per un'alleanza in vista delle Europee. Il caso trivelle, ai vertici del Movimento, dà anche il segno di ciò che potrebbe accadere con l'ok alla Tav che il 12 gennaio vedrà tornare in piazza il fronte del Sì.

In fondo, al di là delle misure in campo nelle prossime settimane, quello della Torino-Lione resta il grande nodo all'orizzonte. Un nodo su cui «l'alleanza rischia di rompersi», confessava un esponente di governo nei giorni del sì alla manovra alla Camera. E, non a caso, è Salvini, più che Di Maio, a spingere per un tagliando a quel contratto di governo che, sulla Tav, decide di non decidere.
Ultimo aggiornamento: Domenica 6 Gennaio 2019, 22:18
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