Calenda-Letta, accordo trovato: «Sì all’agenda Draghi». Ma è frattura a sinistra

Firmato l’accordo tra i due leader: «Ora possiamo vincere le elezioni»

Calenda-Letta, c'è l'accordo. Ma frattura a sinistra

Festeggia Enrico Letta, che sull’altare dell’intesa con Azione e +Europa ha dovuto sacrificare il patto con Luigi Di Maio, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli: «Abbiamo assunto la responsabilità che gli italiani ci chiedevano di non dividerci, ma di trovare le giuste intese. Ora si può vincere». E festeggia Carlo Calenda che, con la sua minaccia di un Terzo Polo centrista, è riuscito ad ammorbidire il segretario del Pd: «Siamo solidi e compatti, andiamo a vincere le elezioni. Da oggi per me ogni discussione è finita, c’è da giocare la partita. E questa partita la vinciamo». Vanno invece su tutte le furie Di Maio, Fratoianni e Bonelli che, senza candidatura nei collegi uninominali, rischiano di essere tagliati fuori dal prossimo Parlamento (per eleggere deputati e senatori con il proporzionale, ogni partito deve superare il 3%), a meno di non accettare il posto offerto da Letta nella lista del Pd. Alla voce: «Diritto di tribuna».

Il segretario dem, di fronte al rischio di non poter neppure competere «contro gli amici di Putin e Orban», sostiene però che «l’Italia conta molto di più dei singoli partiti». E spiega: «Il patto elettorale con Azione e +Europa è decisivo. Se non l’avessimo fatto tutti avrebbero detto: “Vabbè, è finita, la destra ha già vinto”. E invece noi vogliamo vincere nell’interesse del Paese».

Nel vertice Pd, Azione e +Europa hanno deciso di rilanciare l’agenda del governo di Mario Draghi. Di presentarsi al voto con due front runner: Letta e Calenda. «Il premier lo decideremo dopo la vittoria», chiosa il leader di Azione. E di abbozzare una proposta comune (pur nell’«autonomia programmatica»), dove le elezioni del 25 settembre vengono descritte come «una scelta di campo tra un’Italia tra i grandi Paesi europei e un’Italia alleata con Orban e Putin». E viene ribadito l’impegno a sostegno dell’Ucraina e «il contrasto al regime di Putin».

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Nel patto di governo si parla di energie rinnovabili, di rigassificatori, di transizione ecologica. Ed è enunciato l’impegno a «contrastare le disuguaglianze e i costi della crisi su salari e pensioni» e a realizzare il salario minimo e una «consistente del cuneo fiscale a tutela in particolare dei lavoratori».

In più, sono messe nero su bianco le promesse di realizzare «integralmente» il Pnrr, la progressività fiscale senza aumento delle tasse e il “no” al «ritorno della stagione dell’austerità». Tra i punti programmatici non mancano la correzione del reddito di cittadinanza e del Bonus del 110% «in linea con gli intendimenti tracciati dal governo Draghi». Ed è presente anche un capitolo dedicato ai diritti civili e allo Ius scholae.

Sul fronte delle candidature, al Pd andrà il 70% e ad Azione il 30%. I due partiti si sono impegnati a «non candidare personalità che possano risultare divisive per i rispettivi elettorati nei collegi uninominali», dove «non saranno candidati i leader delle forze politiche che costituiranno l’alleanza, gli ex parlamentari del M5S (usciti nell’ultima legislatura), gli ex parlamentari di Forza Italia (usciti nell’ultima legislatura). Traduzione: niente uninominale per Di Maio, Fratoianni, Bonelli, Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini, etc.

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LA RIVOLTA DEGLI ESCLUSI

Letta è corso alla Farnesina a rassicurare Di Maio, senza però riuscire a calmarlo: «La coalizione si fa sui programmi, apriamo una riflessione», dice il ministro. «Luigi è adirato, non capisce questo ostracismo contro di lui dopo aver difeso fino alla fine il governo Draghi, rompendo con Conte», rivela Bruno Tabacci. E ha provato a rassicurare gli alleati di sinistra, parlando di «rapporto fondamentale», garantendo l’elezione dei leader nelle liste del Pd con il «diritto di tribuna in Parlamento» per «i leader dei diversi partiti del centrosinistra che entreranno a far parte dell’alleanza elettorale».

Rabbiosa la risposta di Bonelli: «Siamo una lista radicata nel Paese, non abbiamo bisogno di diritti di tribuna. L’accordo tra Pd e Azione non ci riguarda». E Fratoianni: «L’intesa tra Letta e Calenda è legittima, ma per noi non è vincolante». I due hanno chiesto un incontro al Pd «per verificare se ancora ci sono le condizioni di un’intesa elettorale». Incontro che il segretario dem ha fissato per oggi pomeriggio.
Chi applaude senza se e senza ma all’intesa tra Letta e Calenda è Romano Prodi: «Sono molto contento, questo accordo elettorale non solo rende molto più forte la coalizione, ma comprende finalmente una comune strategia su scelte determinanti per il futuro del Paese».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 3 Agosto 2022, 08:59
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