Brunetta, Sensi (deputato Pd) su Leggo: «Io ciccione, lui nano: parlandone si vincono quei maledetti giudizi»

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di Filippo Sensi

Filippo Sensi*

Lo so che significa. Ognuno di noi lo sa. Quello che ha fatto Renato Brunetta ieri, intervistato da Lucia Annunziata, che ha fatto i conti per la prima volta con quella cosa dell'altezza. Con la fatica di affrontarla ogni giorno che Dio manda in terra. Con l'ironia di saperci sorridere, di passarci sopra, ma sapendo che sempre su quello verrai misurato, sempre su quello ti guarderanno, e giudicheranno. Non tutti, certo. Ma lo faranno. Questo non ha impedito a Brunetta di essere un professore universitario, di scrivere libri, di essere stato ministro, parlamentare e tanto altro ancora. Ma sotto quella carriera, sotto ai traguardi raggiunti, quello sguardo, magari quella risata restava sempre, resta. Uno sguardo che non gli ha impedito di fare la sua vita, ho le spalle larghe ha detto il ministro. E anzi, chissà, ha magari giocato un ruolo in una affermazione, in un percorso, in una esistenza coronata di successi. Brunetta è un combattente, lo è sempre stato. Così come lo siamo noi, ognuno di noi. Corpi sbagliati, troppo grassi, troppo corti, troppo calvi, troppo secchi, troppo naso, troppo quello, poco quello. Da qualche tempo si parla di body shaming, della derisione dei corpi degli altri, delle caratteristiche fisiche elevate a pregiudizio, giù risate a crepapelle, di una puzza che sembra non abbandonarti mai. Perché il primo sguardo implacabile - e non dimentichiamo mai che lo sguardo è un gesto che afferra e fissa - è proprio il nostro. Come si esce da questo incantesimo, da questa letterale maledizione? Intanto dicendolo. Non occultandolo. Facendoci i conti, pubblicamente. Perché la paura di dirci diversi o non conformi, come oggi usa dire, è il tabù più forte. Ieri Brunetta ha fatto esattamente questo: lo ha detto. Lo ha evocato. Io, il tappo, il nano. Io, il ciccione. Mi capitò di parlarne in aula qualche tempo fa, di questa cosa. E di dirla. E di catturare l'attenzione di quella aula, a Montecitorio. E quando mi sono seduto, dopo avere parlato, quando mi sono lasciato andare sullo scranno, come dopo una liberazione, Brunetta arrivò dall'altra parte dell'emiciclo e si venne a congratulare con me. Perché lo avevo detto. Perché lo aveva provato.

Ogni giorno, ogni singolo giorno. E se oggi, dopo l'intervista con Annunziata, qualcuno - un ragazzo, una ragazza - troverà in quelle parole, in quella confessione un po' amara, vissuta, ma a ciglio asciutto, la forza per fare la sua strada, per farcela e non chiudersi, non restare infilzato a quello sguardo o a quel nomignolo o a quel giudizio vorrà dire che le parole di Brunetta - quella fragilità presa di petto, ammessa, evocata, gridata - saranno arrivate dove i nostri corpi sbagliati pensavamo non ci avrebbero mai portato. Con gli altri, con noi. Finalmente.


*deputato Pd

Lucia Annunziata: «Brunetta basso? Almeno ha gli occhi azzurri, come le razze superiori». Bufera social

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Ultimo aggiornamento: Venerdì 5 Agosto 2022, 15:19
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