Mario Draghi, leader glocal e tifoso della Roma: «Il 68? Per me niente proteste, non avevo genitori cui ribellarmi»

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di Mario Ajello

In queste ore, scherza: «I giornalisti cercano notizie su di me. E che cosa devono fare, il coccodrillo?». Ma no, non sia mai. Cercano soltanto di ricostruire la cosmogonia di SuperMario, l’universo del deus ex machina. Che è profondamente glocal. Con molto mondo dentro ma anche con molta Italia e tanta Roma. E un tifo vero ma non sguaiato - nulla è sguaiato in lui: «E’ un tipo pragmatico senza patemi e senza tentennamenti», lo definisce Giuliano Amato - per la squadra giallorossa. Racconta un amico, il patron del Napoli, Aurelio De Laurentiis: «Qualche settimana fa mi ha chiamato, appena ha saputo che il Napoli aveva ottenuto di poter ripetere la partita con la Juve. E mi ha detto: sono molto contento».


La rotonda sul mare


Per ora non usa i social Draghi. E verrebbe da dire: evviva! Dopo il contismo che ha fatto del tweet e del post su Fb una carnevalata e uno strumento di distrazione di massa. La sobrietà della comunicazione istituzionale («Evitare le chiacchiere che possono essere sostituite da una sola parola», consigliava Churchill e SuperMario è un seguace di Winnie) è un bisogno che lui sente assai. E comunque: piace a tutti, o quasi, il premier incaricato.

Gli ex ragazzi con cui passava le estati a Lavino - prima di andare a Boston grazie a una borsa di studio e molto prima di Francoforte per la Bce - lo ricordano così al tempo in cui lo stabilimento La Lucciola era il mondo local di Draghi e comunque lui ha ancora una villetta da quelle parti: «Era serio e posato. A 15 anni aveva perso il padre, Carlo, funzionario importante in Banca d’Italia e poi in Bnl, e poco dopo la madre. Con l’aiuto di una zia, Mario si è preso cura dei suoi due fratelli minori». Una, Andreina, storica dell’arte, nel 1999 ha scoperto a Roma un ciclo di affreschi nel complesso dei Quattro Santi Coronati. L’altro, Marcello, fa l’imprenditore. 

 


Il cinema è una passione. Specie i western. Andava spesso al cinema Holiday, tra Parioli e Pinciano, ma ora purtroppo è chiuso. I western ora li vede di notte in tivvù. E la sua frase celebre del «whatever it takes» - «Faremo tutto quello che è necessario per salvare l’euro e, credetemi, sarà abbastanza» - viene considerata una sfida in pieno stile pistolero. Come quelli che lui adora nel cinema. Alternandoli ai miti come Adam Smith o come Keynes.

O ai campionissimi del pallone. Un giornalista catalano gli ha chiesto: «Che cosa pensa di Messi?». E lui: «Il vero filosofo del calcio secondo me è Totti».

La scuola? Gesuiti. Istituto Massimo, all’Eur. Come per De Gennaro, Montezemolo, Giancarlo Magalli («Non un secchione, e passava i compiti»), Luigi Abete e via così. Classe dirigente. L’estate scorsa ha partecipato al Meeting di Cl a Rimini e ha stupito le persone con cui s’è intrattenuto, per questo motivo. Quando a Draghi fai una domanda, lui risponde con un’altra domanda. Esempio: professore, che cosa pensa di questo? E lui: «Mi dica lei. Che parere si è fatto?». Pura tecnica gesuitica. Però alla domanda sul come mai Draghi da giovane non partecipò ai movimenti di protesta, lui risponde con una riposta: «Non ho fatto il ‘68, perché non avevo genitori contro cui ribellarmi».

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Sia pure con il suo understatement, SuperMario è un tipo nient’affatto fermo e non solo perché pendola tra la casa ai Parioli e il casale a Città della Pieve o perché svaria tra l’Europa e l’America («Ci conoscemmo a Boston, nel ‘74», ricorda Prodi: «Nel giro degli economisti italiani Oltreoceano, intorno a Modigliani, il Premio Nobel che circolava con la sua spider») ma anche perché ha avuto in questi mesi un’attività telefonica intensa. Con il ministro Gualtieri per il Pd (intesa nata in Europa), con Gianni Letta (conosciuto a Goldman Sachs), con il leghista Giorgetti (i due si piacciono). Ma a SuperMario piacciono anche gli scacchi, e pare che ci giochi on line sotto pseudonimo su chess.com.


Il wrestling


Paolo Vigevano, fondatore di Radio Radicale, compagno di scuola di Draghi: «Oggi gioca a golf ma, al liceo, Mario aveva un bel tiro a pallacanestro. Il suo modello era Bill Bradley». Nel 2010 Draghi è stato anche insignito con la Retina d’oro, un premio che va a un grande appassionato di basket. Ma ora che ha avuto l’incarico da capo del governo, gli toccherà vedersela con l’italianissimo wrestling.


Ultimo aggiornamento: Giovedì 4 Febbraio 2021, 11:46
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