Manovra, battaglia sull'Irap: spunta ipotesi taglio solo nel 2022

Draghi: nuovi fondi per bollette. Lite su relatori, "Aventino" di Forza Italia

Manovra, battaglia sull'Irap: spunta ipotesi taglio solo nel 2022

Il nuovo terreno di scontro sulla manovra potrebbe spostarsi sull'Irap. Il taglio ci sarà ma non è escluso possa limitarsi al solo 2022, almeno in un primo momento. Lega e Forza Italia sono pronte a dare battaglia ma il fronte in Parlamento che punta a un azzeramento dell'imposta, almeno per le imprese più piccole, potrebbe allargarsi facilmente. Il tavolo sulle tasse al Mef deve ancora tirare le somme ma al momento si ragiona su due ipotesi: una che abolisce la tassa sulle imprese in base alla forma giuridica (taglio verticale) e una che fissa una soglia di fatturato sotto cui far scattare l'esenzione (taglio orizzontale).

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Le risorse che servirebbero oscillano tra i due e i due miliardi e ottocento milioni. Le carte potrebbero essere scoperte nel nuovo round con gli esponenti di maggioranza, previsto per domani mattina al Tesoro. Sull'Irpef invece il lavoro appare più avanzato: i ragionamenti convergono sulla riduzione da 5 a 4 scaglioni, con una ridefinizione delle aliquote e un riordino delle detrazioni, che riassorbono il bonus Renzi da 80 euro, poi aumentato a 100. Per i partecipanti al tavolo del Mef, questo sarebbe solo il primo passo, seguito in primavera dalla delega fiscale, che potrebbe ridurre gli scaglioni a 3. Ragionamento analogo tra l'altro vale per l'Irap, che nei prossimi mesi, sempre con la delega, si punta a far diventare più consistente. Così come è aperto anche il fronte della lotta al caro energia: il governo ha stanziato due miliardi con la legge di bilancio per porre un argine ai prezzi ma il premier Mario Draghi ha annunciato di essere «pronto a investire anche di più» «perché è essenziale che il rincaro dell'energia sia limitato per le famiglie e le imprese».

Tensioni

Fibrillazioni che si riverberano in Parlamento dove alle tensioni nel centrosinistra si è infatti aggiunto il piccolo 'Aventinò di Forza Italia in commissione Bilancio al Senato.

I tre esponenti di FI, Dario Damiani, Massimo Ferro e Fiammetta Modena nel pomeriggio hanno abbandonato i lavori: si sono sentiti - lamentano - trattati alla stregua di una forza di opposizione dal presidente della commissione, il 5s Daniele Pesco, che ha risolto lo stallo sui relatori nominando se stesso, e i due vice, Vasco Errani di Leu ed Erica Rivolta della Lega. Senza rappresentanti al ministero dell'Economia, FI pretendeva di accompagnare la manovra con un relatore e, in attesa di decidere se e quando scenderà dal suo Aventino (non è detto che basti la promessa di Pesco di coinvolgere i capigruppo nelle riunioni con relatori e governo), promette battaglia sugli emendamenti considerati identitari. Anche il Pd fatica ad accettare la soluzione varata da Pesco: fra i dem si evitano le polemiche ma è diffusa l'opinione di chi vede in questo epilogo una nuova prova della debolezza dell'asse con un M5s ondivago. «Forse i cardini sono un pò arrugginiti», scherza un senatore della commissione, in cui solo i più ottimisti ora immaginano per il 17 dicembre l'approdo in Aula. Intanto in commissione Finanze da domani si votano gli emendamenti al dl fisco: i relatori ne hanno presentato uno per destinare 990 milioni di risorse agli enti locali (incluso un fondo da 660 milioni per le spese sanitarie delle Regioni) e un altro che dà una stretta alle possibilità di ricorso da parte dei contribuenti destinatari di una cartella di pagamento che ritengono non sia mai stata notificata. Dal governo è in arrivo un emendamento per assorbire nel dl fisco il decreto anti-frodi sui bonus edilizi.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 24 Novembre 2021, 20:48
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