M5S, Di Maio può essere espulso? Ecco perché la situazione è "congelata"

Il Consiglio nazionale non ha il potere di buttar fuori i membri del Movimento

M5S e il caso Di Maio: ecco perché l'espulsione è "congelata"

di Andrea Bulleri

Nessuna espulsione, semmai una presa di distanza ormai definitiva. È finito così (almeno per il momento) il primo round della faida interna al Movimento 5 stelle. Da una parte l’ex capo politico Luigi Di Maio e i suoi fedelissimi, dall’altra il presidente pentastellato Giuseppe Conte e il grosso del M5s. Riunito ieri fino a notte fonda in un Consiglio nazionale straordinario, un incontro dei vertici convocato su Zoom che avrebbe dovuto decretare una sorta di sfiducia politica al ministro degli Esteri. Forse il suo allontanamento dai cinquestelle, azzardava qualcuno fino a poche ore prima dell’incontro. 

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Ma di cacciata, alla fine, non si è parlato. Il motivo è semplice: stando al nuovo statuto grillino, ancora sotto la lente del tribunale di Napoli, il Consiglio nazionale non ha il potere di buttar fuori i membri del Movimento. Il punto viene toccato dall’articolo 13 del regolamento: il Consiglio ha il «potere di esprimere un parere circa la decisione da assumere nei confronti di un eletto che non abbia rispettato la disciplina di gruppo in occasione di uno scrutinio in seduta pubblica o non ottemperi ai versamenti dovuti al MoVimento per lo svolgimento delle attività associative o alla collettività, così come disciplinato dal presente Statuto e dal relativo Regolamento». Non il caso di Di Maio, che, viene fatto notare, ha espresso critiche sulla linea politica. 

In ogni caso, anche qualora il “direttorio” pentastellato decidesse di procedere contro il suo ministro degli Esteri, la strada sarebbe lunga. Di Maio dovrebbe essere deferito al collegio dei probiviri, a cui da statuto spetta l’ultima parola sulle espulsioni.

Chi sono i probiviri? La risposta arriva dall’organigramma pentastellato sul sito del Movimento: si tratta dell’ex ministro Danilo Toninelli, della ministra delle politiche giovanili Fabiana Dadone e della sottosegretaria all’istruzione Barbara Floridia. In pratica, l’ex capo politico dovrebbe essere “sfiduciato” da due attuali colleghe (e da un ex compagno) di governo. Difficile. Anche considerato che dal loro insediamento, i tre “giudici” stellati, non hanno espulso nessuno. Nemmeno il senatore filo-putiniano Vito Petrocelli, cacciato dal gruppo parlamentare M5s dopo il suo rifiuto di lasciare la presidenza della commissione Esteri. 

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Ecco perché, scommettono i dimaiani, Conte e i suoi non potranno spingersi più in là rispetto alle dichiarazioni barricadere. Senza contare che una cacciata di Di Maio, volto simbolo del Movimento fin dall’approdo dei grillini a Montecitorio, potrebbe lacerare ulteriormente i 5s e ridurre ancor di più i consensi già al lumicino, secondo gli ultimi sondaggi. No: la via d’uscita dalla crisi, ragionano i fedelissimi del capo, è fare sì che il ministro, alla fine, se ne vada da solo. Ecco spiegato il crescendo nei toni, sempre più da Armageddon definitivo. Il divorzio ufficiale? Oggi no, domani forse, dopodomani sicuramente.

 

Ultimo aggiornamento: Giovedì 23 Febbraio 2023, 13:14
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