Di Maio: aiutatemi con la Lega. Gelo con Di Battista che rinvia il tour

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di Simone Canettieri
Quando lo tirano su di morale è il primo a dire: «Abbiamo toccato il fondo, ora dobbiamo, e possiamo, solo rimbalzare». E dunque ripartire con una nuova organizzazione, nuova verve, nuova vita. La sera dell'assemblea si alza la tensione.

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Ecco perché, per esempio, ieri pomeriggio ha convocato per domani prossimo tutti i consiglieri regionali pentastellati eletti in Italia (segno di quando sia probante il test su Rousseau di oggi). Ma appena, Luigi Di Maio pensa al dopo voto sul web, al governo e dunque a Matteo Salvini scuote la testa: «Purtroppo è stato fatto un pasticcio e così non reggeremo».

VERTICE RISTRETTO
Non a caso l'altra sera nel palazzone di via Veneto, sede del Ministero dello Sviluppo, durante l'ennesimo vertice ristrettissimo ha spiegato ai colonnelli: «Segnatevi questa data: 29 settembre. Sarà il giorno delle elezioni». Non un auspicio, ma il sentore di queste ore. La sicurezza di non farcela. O peggio: di essere in balìa dell'alleato.
Il leader dei Cinque Stelle non teme il caso Rixi. Anzi, è convinto che oggi, in caso di condanna del viceministro alle Infrastrutture, sarà proprio lui (su «input di Matteo») a fare un passo indietro).
Il Capo dei pentastellati ha paura della raffica di decreti che la Lega potrebbe piazzare nei prossimi giorni, proprio dopo la nuova - e debole - investitura che uscirà fuori questa sera dal voto di Rousseau.
Il vicepremier pentastellato ha già messo in conto una serie di concessioni minime che metterà sul piatto a Salvini. La prima, la settimana prossima, riguarda il Salva-Roma. Di Maio si piegherà ai voleri del Carroccio: non ci sarà alcuna norma straordinaria per la gestione del debito storico della Capitale, come era stato annunciato dalla viceministro all'Economia Laura Castelli prima del varo (poi travagliatissimo e bocciato) del decreto Crescita. «Raggi non ha pulito la Capitale - si è sfogato martedì il leader - nemmeno la settimana prima del voto europeo: ma come si fa?».
Il problema saranno le prossime mosse: il decreto Sicurezza bis, lo sblocca Cantieri, possibili mozioni sulla Tav se non addirittura la decisione finale. A quel punto torneranno le accuse dei parlamentari e (di Beppe Grillo) di subalternità all'alleato. E dunque «l'implosione» sarà «irrimediabile».

LA RABBIA
«Luigi» vede ormai nemici ovunque, d'altronde. Il primo si chiama Alessandro Di Battista. Il front-man ha rinviato il viaggio in India previsto per questi giorni a data destinarsi. Ufficialmente perché non avrebbe trovato l'accordo con chi gli dovrebbe pubblicare i reportage (Il Fatto). Ma, come spiega chi lo conosce, «Ale vuole vedere come si mette la situazione: non vuole farsi trovare all'estero in caso di crisi».
Ieri sera in assemblea Di Maio ha attaccato il senatore Gianluigi Paragone, ma è convinto che dietro gli affondi dell'ex direttore della Padania, ci sia proprio «Dibba». Ecco perché ieri prima di prepararsi alla congiunta si è lasciato sfuggire con i suoi collaboratori: «Tutti vogliono Alessandro? Ma che ne sa lui di come si governa, di come si gestiscono i ministri? È facile da fuori dare consigli, pareri: dietro le tastiere siamo tutti capaci a criticare».
Il vicepremier ce l'ha in queste ore con i «pugnalatori». E come ha ribadito ieri sera in assemblea davanti ai parlamentari: «Ho fatto questa campagna elettorale da solo, il M5S non mi ha dato una mano».

LA DIFESA
Nei fatti questa sera quando Di Maio avrà superato il voto su Rousseau si troverà di nuovo alle prese con gli stessi problemi della settimana scorsa. Cosa fare con la Flat Tax, la sicurezza, le Autonomie? Fino a quando potrà tenersi in equilibrio sapendo di aver le critiche pronte a ripiombargli addosso?
Di Maio si «appella alla famiglia». E soprattutto teme le reazioni di Beppe Grillo e Alessandro Di Battista. «Luigi torniamo alle origini», gli chiedono i parlamentari più duri e puri.
E il problema, come sa benissimo, il vicepremier è proprio questo: il ritorno al vecchio Movimento non si coniuga con questa fase. Ma Di Maio è destinato a rimanere in movimento il più possibile: ecco perché è pronto ad aprire a una segreteria politica e soprattutto a un rimpasto dei sottosegretari più criticati, il cavallo di battaglia di Emilio Carelli, uno dei deputati più ascoltati dal vertice in questo momento. Ma basteranno queste soluzioni? Il Di Maio pessimista è convinto di no. E l'altra sera lo ha ribadito: ricordatevi il 29 settembre.

 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 13 Giugno 2019, 12:01
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