Zaia: «Su fine vita e temi etici è l'ora della libera scelta. Sbagliato lasciare alla sinistra le battaglie sui diritti»

«La priorità della politica siano i giovani, anche se questo può far perdere consensi»

Video

di Mario Ajello

Non è un libro di banale politica. È un libro di prospettiva. Quella racchiusa in un detto arabo che Luca Zaia cita nel suo volume che già dal titolo dice tutto: «I pessimisti non fanno fortuna» (Marsilio). Il motto arabo recita così: «Tempi duri danno vita a uomini forti, uomini forti danno vita a tempi felici». 

Presidente Zaia, ha deciso di filosofeggiare? 
«Tutt’altro. Come lei sa, sono una persona pragmatica e in questi tempi duri occorre concentrarsi sulle cose da fare. Un capitolo del libro s’intitola Non è un Paese per giovani e tra le priorità di una politica che sia una buona politica va messa appunto la questione giovanile. L’Italia dev’essere un Paese attrattivo per i ragazzi, quelli che sono nati qui e quelli che arrivano da fuori, e guai a rassegnarsi all’emigrazione. Le politiche a favore dei giovani cozzano spesso con il consenso in un Paese a prevalenza di adulti. Occorre cambiare questo dato di fatto e diventare un Paese per giovani. Così come siamo giustamente attenti al fatto che tutto nella nostra vita abbia la certificazione “green”, perché non introdurre una certificazione “young”, al fine di valutare la compatibilità di tutte le leggi e la loro ricaduta sul futuro dei giovani?».

I pessimisti non fanno fortuna, ma mica è facile l’ottimismo in questi tempi. 
«E invece, bisogna uscire dalla narrazione secondo cui tutto va sempre in malora e che non c’è futuro». 

La manovra appena varata dal governo costruisce il futuro o è solo una manovretta come dicono le opposizioni? 
«Io la promuovo a pieni voti. Perché questo esecutivo, senza farci assistere a siparietti a volte imbarazzanti e senza farci assistere a scambi di prigionieri, 29 giorni dopo il suo insediamento ha presentato una legge finanziaria sostanziosa. Mi sembra di essere davanti a una nuova era glaciale. Lontana millenni rispetto a quando la manovra economia era più che altro un assalto alla diligenza. Questo ora non c’è stato. Ovvio che tutto si può migliorare e però il governo si trova ad agire in un periodo storico su cui gravano due cigni neri, il Covid e il conflitto in Ucraina, e sembra all’altezza della situazione difficile».  

Lei nel libro scrive: «Libere scelte in libero Stato». Che cosa significa, che Zaia il leghista è diventato libertario? 
«Io da sempre credo in certe idee di libertà. Con la sensibilità che ci viene dalle nostre radici cristiane, come Stato dobbiamo avere approccio da laici.

Occorre occuparci per esempio del fine vita con coraggio ideale e pragmatico. C’è un limite che lo Stato non può non considerare e non può oltrepassare ed è quello delle libertà personali. E’ sbagliato attardarsi in battaglie di retroguardia che fanno perdere energia. Viceversa, la politica deve garantire le libertà dei cittadini e non limitarle. Vanno messi tutti in condizione di potere esercitare i propri diritti sul proprio fine vita. La politica deve tutelare la libera scelta, garantendo comunque ogni forma di sostegno sanitario, psicologico ed economico alle persone malate. I temi dell’etica, modernamente affrontati, non vanno lasciati alla sinistra». 

Lo vede che è diventato libertario? Lo è anche sulla questione omosessuale? 
«Spero che sia superato l’approccio ideologico a questi temi, che riguarda un numero assai limitato di persone. Occorre rendersi conto che la patologia è l’omofobia e non certo l’omosessualità. Chiarito questo, possiamo parlare una volta per tutte dei problemi giganti, che sono quelli dei giovani, dell’economia, del sociale, delle nuove povertà?». 

Tra questi problemi non sembra esserci l’autonomia, eppure perché lei vi insiste sempre? 
«Guardi, l’autonomia significa crescita e crescita per tutti. Dunque è una questione gigante. Gli Stati moderni che funzionano meglio e che meglio garantiscono il benessere sono nel mondo quelli di tipo federale. L’autonomia dà e non porta via nulla a nessuno». 

Ma nel caso italiano, Roma verrebbe depauperata. 
«Roma è la Capitale di fatto e di diritto della nazione. Ha avuto negli anni i riconoscimenti e le risorse speciali riconosciute dalle leggi dello Stato. Questo prevede la Costituzione, la stessa Costituzione che prevede le autonomie su varie materie alle Regioni. Chi è contro le autonomie è contro la Carta fondante della nostra democrazia». 

Ma è vero che lei starebbe affilando le armi contro Salvini, per conquistare il Carroccio? 
«Io non sto affilando e non sto facendo alcuna guerra». 

Comunque fra 3 anni il suo mandato da presidente regionale scade. Poi che cosa farà? 
«E’ un quesito, un dilemma, un’ansia che non provo affatto. Come dimostra anche il libro che ho scritto, non mi lancio da nessuna parte, non ho chissà quali scalate da fare. Voglio soltanto mettere nero su bianco, da amministratore di una Regione cruciale qual è il Veneto, alcune idee. Sperando che servano».
 


Ultimo aggiornamento: Sabato 26 Novembre 2022, 00:18
© RIPRODUZIONE RISERVATA