Renzi, ecco il gruppo: c'è anche la Boschi. E Leu entra nel Pd
di Mario Ajello
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Dunque il turbo-renzismo va subito all'assalto del governo che Matteo ha molto contribuito a creare? Neanche per sogno. Ai suoi Renzi spiega: «Sarà una separazione assolutamente consensuale. Il nostro progetto serve a rafforzare il governo, ad aggiungere una gamba in più capace di parlar fuori dal recinto della sinistra e anche ad aiutare la sinistra». Cioè? Scomposizione e ricomposizione politica sono le espressioni che usano quelli dell'«assalto riformista» che - specificano - non è per rompere ma per correre di più.
Se i renzisti escono, questo il ragionamento, si facilita la riunificazione di Leu con il Pd che ormai è nei fatti e i bersaniani-dalemiani scalpitano per ritornare nella ditta insieme a tutto quel mondo di sinistra-sinistra che mai aderirebbe a un partito con dentro Renzi considerato proverbialmente da quelle parti un mezzo destrorso e un vero berlusconiano.
CALAMITA
Mentre il nuovo gruppo dell'ex premier farà da calamita ai moderati anche non di sinistra, ai riformisti senza etichette, compresi quei forzisti critici, sfiduciati e stanchi ma vogliosi di contare ancora fuori dai vecchi schemi destra-sinistra. E si guarda infatti all'area Carfagna e - dicono alla Camera - «anche direttamente a Mara, se in Forza Italia non succede niente e niente succederà». «La nostra uscita dal Pd e l'entrata di Leu nel Pd sarebbe quasi a saldo zero», così parla Matteo ai suoi, pur sapendo che se tutti i renziani andassero via dal gruppo dem poco resterebbe stando ai numeri attuali. E un ragionamento così serve a dire che Zingaretti non perderebbe granché, ma sarebbe più libero di fare la sinistra che vuole, mentre il renzismo potrebbe senza più troppi vincoli potrebbe fare il mestiere suo.
«Conte - raccontano alcuni di quelli chi stanno gestendo l'operazione - non ha nulla da temere, anzi sta già capendo che questa operazione lo fortifica». Il premier troverà una sinistra più forte a sostenerlo e un centro innovativo renzista, a sua volta capace di contare e attrarre e di dare sostanza al governo rosso-giallo. Etichetta che a Renzi non piace granché, se resta binaria, e infatti punta a farla diventare triplice: «È mai possibile che noi che ci siamo spesi tanto e prima e più di altri per far nascere questa maggioranza ora dobbiamo vedere che c'è solo Zingaretti nei tavoli che contano e a fare la politica che serve?». Questo il mood. Non esplosivo, ma costruttivo. Almeno per adesso. E tra i 25-30 deputati pronti ad aderire al gruppo, ci sarebbero - ma la lista è passibile di uscite e soprattutto di altre entrate - Giachetti e Anzaldi, Morani e Boschi, Ascani (che comunque andrà al governo) e Nobili, Miceli, il lombardo Fragomeli, Marco Di Maio, Cosimo Ferri, Marattin, Romano, Buratti e via dicendo. «Noi però siamo dinamici - dice qualcuno di loro - e restare nel Pd per pungolarlo e spingerlo, per esempio sui temi del lavoro, sarà altrettanto eccitante». Lotti non farebbe parte dell'operazione. Il neo ministro Guerini neppure. Tanto è vero che nel pranzo di festa, per l'ingresso al governo, Guerini non c'era con Renzi ma con Matteo solo le due donne: la Bellanova e la Bonetti. E comunque: Renzi vuole vedere riconosciuto il suo ruolo di ispiratore della fase rosso-gialla, e ha trovato il modo mettendosi in proprio. Ma come reagirà M5S nella nuova coabitazione che si annuncia sara tutto da vedere. E non sarà una passeggiata.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 9 Settembre 2019, 07:30
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