Conte, Grillo è a Roma per il vertice M5s: perché serve subito un nuovo capo politico

Il fondatore del Movimento 5s innervosito dopo la sentenza del tribunale di Napoli

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di Mario Ajello

Beppe Grillo è arrivato a Roma. Dopo pranzo il super-vertice con i big stellati. E non sarà un summit separato, prima vede Giuseppe Conte e poi Luigi Di Maio, i due grandi litiganti, ma una riunione congiunta. A Montecitorio il Fondatore più il presidente appena decaduto per mano dei giudici, il ministro degli Esteri, i capigruppo M5S e altri dirigenti tra i quali Virginia Raggi. L’incontro serve a trovare una via d’uscita dopo l’ordinanza del Tribunale Civile di Napoli che ha decapitato i vertici grillini.

Grillo vede Conte, vertice a Roma

 

Fare presto è l’ordine di scuderia: hanno fretta di chiudere la vertenza, ristabilendo un capo politico, sia Grillo che non ne può più di dover soccorrere ogni volta come baby sitter le sue creaturine che si accapigliano, sia Conte che non vuole essere logorato e smania per riprendere la leadership anche se non si sa come dargliela, dove far votare gli attivisti - su Rousseau? Su SkyVote? E quale costa di meno, pare la seconda, visto che Casaleggio vorrebbe 30mila euro per mettere a disposizione la sua piattaforma? - e come la fretta verrebbe presa dai dimaiani che invece vogliono allungare i tempi per far bollire meglio il rivale.

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«Non vi posso lasciare un attimo da soli che combinate disastri», queste le parole agro-dolci con cui Grillo si accinge all’incontro. In queste ultime ore starebbe riprendendo quota l’ipotesi di fare subito una votazione per modificare lo statuto del Movimento 5 Stelle, senza eleggere prima il nuovo comitato di garanzia. Ipotesi che Grillo nei giorni scorsi aveva stoppato per timore di andare incontro a un nuovo ricorso, che il legale dei ricorrenti di Napoli, Lorenzo Borré, si era già detto pronto a intestarsi. Ad oggi infatti, dopo lo stop del tribunale partenopeo, da statuto bisognerebbe votare nuovamente per eleggere i componenti del comitato di garanzia in quanto i vecchi membri - Vito Crimi, Giancarlo Cancelleri, Roberta Lombardi- avevano portato a termine il loro mandato, mentre i nuovi membri (Virginia Raggi, Roberto Fico e Luigi Di Maio, quest’ultimo dimessosi nei giorni scorsi) non sarebbero compatibili col vecchio statuto in quanto dovrebbero far parte dell’organo esclusivamente non eletti. C’è da dirimere questo nodo che è giuridico e politico insieme. E infatti collegati, e in certi casi presenti, alla riunione di oggi sono previsti uno stuolo di avvocati. 

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Il garante dei Cinque Stelle non vuole bruciare le tappe, né essere tantomeno tirato per la giacca in una direzione o in un’altra. Il pericolo è finire in una spirale di cause, che prosciugherebbero le casse e le risorse politiche. La parola chiave in questa fase è prudenza. L’avvocato dei ricorrenti a Napoli, Lorenzo Borrè, ha fatto intendere che vede un iter preciso con tre punti: la nomina di un comitato di garanzia, quella del comitato direttivo e il voto su Rousseau. Un percorso alternativo potrebbe dare il la ad altre querelle giudiziarie. Gli avvocati sono la lavoro per trovare una sintesi, ma l’ala contiana propende per evitare sia il passaggio sulla vecchia piattaforma sia sul comitato direttivo: preferirebbero un voto sul nuovo statuto appena possibile. Conte con Grillo è pronto a sfogarsi contro Di Maio: «Non si possono più accettare comportamenti  non in linea con la guida del movimento».

Così dirà più o meno l’ex premier  riferendosi al comportamento secondo lui scorretto tenuto da Di Maio durante la partita per il Quirinale, specie nel caso Belloni. I dimaiani dal canto loro hanno fatto sapere in tutti i modi a Grillo, e ora vogliono risposte su questo, che una gestione verticistica e personale di Conte, attorniato dai suoi cinque vicepresidenti e dal cerchio magico, è inaccettabile in un movimento aperto e egualitario come quello stellato. A Grillo tocca fare da paciere, ancora una volta. Viene richiamato in servizio, e un po’ gli piace il ruolo di Insostituibile e un po’ gli dà fastidio perché teme che se sbaglia qualche mossa i giudici possano rivalersi su di lui con cause e altre seccature. Beppe pensava di potersi concentrare in questi mesi sui guai giudiziari propri (il caso dei soldi da Onorato) e del figlio accusato di stupro. Invece la politica lo richiede, anche se lui si ritiene «un po’ stancuccio». Non è detto che oggi risolverà il caso M5S e non è detto affatto che, pur consultandolo come un arbitro, l’arbitro venga ascoltato e non travolto dai falli e dai fallacci di tutti gli altri. Secondo alcune indiscrezioni, Grillo avrebbe fatto sapere ai big stellati, prima di vederli direttamente, che la sua pazienza ha un limite e che se non la smettono di distruggersi a vicenda lui li abbandona, se ne torna a Genova e se ne infischierà del movimento di cui è fondatore e unica ciambella di salvataggio. Col rischio che o la bucano loro o la buca lui stesso perché estenuato e scontento.

 

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 22 Febbraio 2023, 04:32
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