Giorgia Meloni verso Palazzo Chigi: «Ora rompiamo il tetto di cristallo»

Verso Palazzo Chigi, la corsa di Giorgia: «Ora rompiamo il tetto di cristallo»

di Mario Ajello

«Giorgia, abbiamo fatto il triplete!». Le dicono così nella notte del tripudio della destra. E il triplete targato Giorgia Meloni - mentre lei ripete come in un celebre film di Albertone: «Calmi, state calmi...», perché solo a risultati definitivi la vittoria è certa - si comporrebbe così e sarebbe una svolta storica nella vicenda politica italiana: la prima donna (e di destra) che si avvia a diventare premier e questo significa rompere un tabù, «sfondare un tetto di cristallo»; il suo partito, FdI, 5 anni fa al 4 per cento, che ora è primo partito; la coalizione anti-sinistra a trazione Giorgia che supera gli avversari con ampio margine. Adesso, Meloni deve mostrare chi è e che cosa sa fare. E si accinge, se il vento della vittoria spirerà fino all’uscita dei risultati finali, alla sfida della credibilità di governo e della capacità di gestire un Paese difficile. 


E’ arrivata o sta per arrivare lì dove neppure Fini che era pur sempre sotto Silvio Berlusconi è mai riuscito: sulla vetta della politica repubblicana, e partendo dalle retrovie, da quello che un tempo era il mondo degli esclusi - «Ma non abbiamo nessun senso di rivalsa», assicura lei, «perché non siamo avventizi ma gente che ci sa fare e che viene da lontano» - e che si è trasformato nella nuova carta degli italiani delusi da tutto e da quasi tutti. «Sapremo essere all’altezza del grande investimento fatto su di noi», è la linea Giorgia, mentre si profila il successo. Lei ha votato poco prima delle 23, a cabine quasi chiuse, al seggio al Torrino e lo ha fatto alla fine perché di giorno troppe telecamere, troppa ressa, troppi curiosi, troppi tifosi, troppi giornalisti arrivati fin dal Giappone la aspettavano come fosse Lady Gaga - e invece è Lady Triplete - sulla soglia della scuola Bachelet. 


E intanto all’hotel Parco dei Principi, tra 500 giornalisti di tutto il mondo in una sala stampa dimensione Sanremo, il palco colorato di blu e avvolto in una fascia tricolore e l’aria di festa come ci fu in questo stesso luogo nel 2018 per il trionfo dei 5 stelle, aspettano tutti la star e trattengono il respiro per vedere le proporzioni della vittoria: «Se per FdI risulterà schiacciante, non ce ne sarà per nessuno. Neanche per gli alleati. Andiamo a comandare noi».

Con Salvini (attempato) ministro della Gioventù come lo era la piccola Giorgia nell’esecutivo di Berlusconi? Crosetto invita tutti a non precipitare le cose: «Ci vorrà tempo per fare la lista dei ministri. Non è all’ordine del giorno». Ma quasi. E si tratterà di un lavoro certosino, delicatissimo e scivoloso. Ma Meloni, come s’è visto nella campagna elettorale, gli inciampi li sa evitare. «Mi dicono che non ho sbagliato niente - così confida ai suoi - ma l’importante è non sbagliare niente neanche adesso. Proverò in tutti i modi a migliorarmi ancora». Lo stato d’animo della prima donna premier e prima premier di destra - ma l’incarico dipende da Mattarella - lo sta sintetizzando così a chi le è vicino: «Voi lo sapete, io non ho paura di niente». Non nasconde che «la situazione economica e sociale italiana è da far tremare i polsi, ci sono l’inflazione, il caro bollette, la guerra in Europa, il Pnrr da sviluppare e via dicendo. Ma i miei polsi non tremeranno e neanche i vostri». 


IL PERCORSO<QA0>
Che l’esito sarebbe stato quello che si sta profilando lei lo sapeva, e in giornata ha twittato rivolta a tutti: «Oggi puoi contribuire a scrivere la storia».

Anche quella di una comunità di destra che si piazza al centro della scena e nel cuore del potere e lo fa - secondo la linea Giorgia a cui ha scritto via Fb la sorella Arianna: «Ah, se sapessero tutte le ansie e le notti in bianco per arrivare dove sei arrivata» - con la consapevolezza che vincere è difficile come perdere, con l’aggravante di molte più responsabilità. E comunque, il mini-video che ha postato in giornata la leader su Instagram trasudava ottimismo. Prima appare l’attore Pino Insegno che dice «Signori, verrà il giorno della sconfitta». Un attimo dopo arriva in scena lei che aggiunge: «Ma non è questo il giorno, sapete che cosa fare!». Alle spalle si intravede il palco della conclusione della campagna elettorale della destra a Piazza del Popolo giovedì scorso, dove Insegno aveva lanciato questa citazione da Tolkien tra gli urrà. 


Il significato profondo del suo approdo a Palazzo Chigi la leader lo spiega così ma, appunto, senza calcare i toni e atteggiarsi a vendicatrice di chissà che cosa: «Questo è un riscatto per un sacco di gente che per decenni ha dovuto abbassare la testa. Che pensava cose di buon senso e che è stata trattata come figlia di un dio minore».

 
GLI ESAMI<QA0>
Ma è anche il frutto questa svolta storica di una semina attenta da parte di Meloni. Quella per cui nonostante gli attacchi dei giornali stranieri - ieri il Washington Post: «L’Italia verso il primo governo di estrema destra dai tempi di Mussolini» - Giorgia è arrivata dove è arrivata sulla base della capacità di non mettere le mani nel fango, di contrastare Draghi ma in modalità «opposizione patriottica», di una politica internazionale che rassicura gli Stati Uniti, di un’eredità post-fascista (anche se questo aggettivo non piace ai melonisti) addomesticata e della forza di una leader donna, in un partito di maschi e in una politica non certo femmina, in grado di scalare la notorietà e di conquistare la centralità non per concessione ma con la caparbietà di imporsi anche contro alleati sgambettatori. «Ora tutti ci aspettano al varco», dice Meloni, alludendo a chi si chiede se sarà una leader che ha imparato la moderazione o il senso di responsabilità sfoggiato negli ultimi tempi è stato solo un maquillage elettorale: «Ebbene, noi non abbiamo esami da superare. Sappiamo ciò che siamo e sapremo fare il bene dell’Italia». Ossia rialzare un Paese piegato ma pieno di potenzialità. 


Il triplete sta accadendo e i riflettori sono puntati sulla nuova partita di Meloni. Che governo sarà il suo? «Cercheremo le migliori competenze tecniche», è la linea. Ovvero: non un super-potere di destra ma, alleati permettendo, una compagine aperta ai tecnici e possibilmente con elementi di continuità - il nome di Fabio Panetta, ex Bankitalia e ora Bce gira ancora per il ministero dell’Economia - rispetto alla stagione Draghi.

La prima missione di Giorgia è rassicurare le cancellerie, e il mese prossimo farà una missione a Londra per incontrare gli investitori e a Bruxelles per rafforzare i legami con la presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, e con Ursula von der Leyen. «Avremo un’Italia che fa gli interessi dell’Italia e questo non è affatto anti-europeismo», è la posizione della prima donna a Palazzo Chigi. E «non sarà un’avventura ma una cosa seria», cantano i suoi, alla Lucio Battisti, nella notte magica.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 26 Settembre 2022, 00:06
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