Lorenzo Fioramonti, ora un gruppo “contiano”. M5S: «Ci deve 70mila euro»

Lorenzo Fioramonti, ora un gruppo “contiano”. M5S: «Ci deve 70mila euro»

di Simone Canettieri
ROMA È l'ultimo paragrafo del suo post su Facebook ad aprire nuovi scenari nel governo: «Il mio impegno per la scuola e per le giovani generazioni non si ferma qui, ma continuerà - ancora più forte - come parlamentare della Repubblica Italiana», ha scritto ieri Lorenzo Fioramonti, ministro dimissionario della Scuola. Una decisione nell'aria dal primo giorno d'incarico, ufficializzata con una lettera al premier Conte la notte del 23 dicembre, dopo l'approvazione della manovra. «Sarebbe servito più coraggio da parte del Governo per garantire quella linea di galleggiamento finanziaria di cui ho sempre parlato», è stata la motivazione di Fioramonti che in questi mesi aveva fissato a 3 miliardi di finanziamenti la linea Maginot per la permanenza nell'esecutivo giallorosso. Così non è stato e, come in un libro scritto male, ha lasciato per Natale (la notte del 25 infatti è stato reso noto il suo addio).

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Ora per il governo e il M5S si aprono due ordini di problemi. Il deputato Fioramonti è pronto a uscire dal Movimento, seguito alla Camera da una pattuglia grillini che tra smentite e conferme sussurrate si aggira intorno alle 10-15 unità (il fermento c'è anche in Senato). Una scissione per formare un gruppo pro-Conte, spostato a sinistra e molto ambientalista, che punta a quota 20 con l'innesto degli ex pentastellati (e non solo) che adesso si trovano già nel Misto. Nascerà dunque un partito del premier, seppur contro la voglia del diretto interessato?

Di Maio, a casa per le feste nella sua Pomigliano, non parla. Ma da parte del capo politico trapela «rabbia»: «Le sue dimissioni non ci lasciano sorpresi, almeno così la smetterà di sentirsi protagonista». «Una scelta incomprensibile - attacca Emilio Carelli, neo facilitatore con delega alla comunicazione - in quanto nell'abdicare alle proprie responsabilità di governo, accusando il governo stesso, promette appoggio all'esecutivo». Attacca Fabiana Dadone, titolare della Pubblica amministrazione (e membro dei probiviri grillini): «Se hai coraggio, non scappi».

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Sull'ex ministro però pesa anche un'altra accusa interna non da poco: nel 2019 non ha mai restituito un euro, come previsto dalle regole del Movimento. Si va da un minimo di 24mila euro a un massimo di 70mila. Stesso discorso per la quota (300 euro al mese) dovuta alla Casaleggio associati per Rousseau. E, come fanno notare i vertici grillini, anche gli altri scissionisti si troverebbero nella stessa situazione morosa di Fioramonti. Ma chi sarà il suo successore? La palla è nelle mani del premier Giuseppe Conte, come da prassi istituzionale. A Di Maio, in quanto leader M5S, spetterebbe l'indicazione del nome. E proprio sul dopo si aprono gli scontri interni. Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia e già dato tra i papabili ai tempi della formazione del Conte II, si sfila dalla contesa: «Non faccio il panchinaro di nessuno: se non andavo bene all'epoca, non subentrerò adesso», si è sfogato ieri Morra, secondo quanto ricostruito da Il Messaggero, con i suoi collaboratori.

IL TOTONOMI
In pole position c'è Lucia Azzolina, sottosegretaria alla Scuola, molto attiva dal punto di vista mediatico in questi mesi. Ma tra i deputati M5S c'è però chi ricorda la scelta «inopportuna politicamente» di Azzolina di partecipare lo scorso anno, da deputata membro della commissione istruzione, al concorso per preside. Concorso vinto, ma poi finito sotto ricorso, presentato dall'allora collega Gelsomina Vono, ora passata con Italia Viva a Palazzo Madama. Veleni che hanno avuto una coda con l'approvazione del decreto scuola: l'emendamento sui presidi, per evitare conflitti d'interessi, non fu presentato dal governo ma dalla deputata grillina Virginia Villani.

Ieri mattina Di Maio ha scritto ai ministri grillini spiegando che «la pratica sarà gestita» dal premier. «Un'ammissione di debolezza», racconta un big M5S. Sempre in queste ore gira anche il nome di Salvatore Giuliano, sottosegretario nel governo gialloverde e indicato nel 2018 come ministro del governo M5S e Francesco D'Uva, ex capogruppo. Le opposizioni attaccano. Per Giorgia Meloni, leader di FdI, «con Fioramonti se ne va uno dei peggiori ministri della storia». E Matteo Salvini la prende con perfida ironia: «Mentre il governo perde pezzi, noi ricostruiamo col Lego!», scrive il leader della Lega, intento a giocare con la figlia.
 
Ultimo aggiornamento: Venerdì 27 Dicembre 2019, 13:38
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