Fioramonti, il premier rassicura il Colle e frena la mossa in suo nome

Il premier rassicura il Colle e frena la mossa in suo nome

di Marco Conti
Come in un libro scritto male, lui si era dimesso per Natale. Parafrasare Guccini rende solo in parte lo sconcerto e l'imbarazzo che si vive a palazzo Chigi dopo la lettera di dimissioni del ministro Fioramonti. Tanto annunciata, quanto inattesa, se è vero che nei giorni scorsi i ripetuti segnali provenienti da viale Trastevere venivano interpretati più o meno con un'alzata di spalle nella speranza - andata delusa - che Fioramonti potesse ripensarci o quantomeno attendere per non rovinare i festeggiamenti per la manovra di bilancio e la conferenza stampa di fine anno del premier che si terrà domani.

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LE GRANE
Giuseppe Conte ieri l'altro aveva incontrato il dimissionando e aveva cercato di farlo desistere dicendogli di continuare a combattere all'interno piuttosto che lasciare. Al grido «non farete di me un nuovo Toninelli», Fioramonti ha però tirato dritto e Conte non si aspettava nemmeno che nella letterina di Natale l'ormai ex ministro facesse riferimento anche alle occasioni mancate nella legge di Bilancio per recuperare risorse che invece si sarebbero potute avere - sostiene - lasciando aumentare in maniera selettiva l'iva o con tasse di scopo. Ora per Conte le grane sono molteplici e non è escluso che questa sera a palazzo Chigi discuterà della faccenda con lo stesso Di Maio che ha già più volte sentito al telefono.

Così come, sempre via telefono, Conte ha informato Sergio Mattarella rassicurando il presidente della Repubblica di una soluzione a breve e che quindi non servirà assumere l'interim. L'obiettivo è fare prestissimo tirando fuori il nome forse già stasera o al massimo domani mattina. Ma trovare un'alternativa senza turbare gli equilibri già molto precari del Movimento, non è facile. Molti sono i pretendenti e anche la soluzione forse più indolore di promuovere a ministra la sottosegretaria al Miur Laura Azzolina, non è esente da recriminazioni da parte di coloro che ora sperano, e da preoccupazioni da parte di coloro che accusano l'Azzolina di eccessive rigidità e di un concorso fatto e vinto quando era già parlamentare.

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Senza contare che anche il Pd ha un suo candidato: Anna Ascani, che sulla scuola ha maturato una lunga esperienza. L'addio di Fioramonti ha irritato molto il Pd di Nicola Zingaretti che giudica «un'indecorosa sceneggiata» le dimissioni natalizie e chiede una soluzione «in fretta» «adeguata» e «autorevole» che si tramuta in un pressing nei confronti del M5S che solo pochi mesi fa indicò Fioramonti come ministro.
L'irritazione è tanta che dal Mef si ricordano i 2,2 milioni di euro destinati alla scuola e c'è anche chi sottolinea come il ministro Fioramonti fosse prima in Sud Africa, poi in Cina e infine a Madrid nel momento della stesura finale e dell'approvazione della legge di bilancio.

Assenze iniziate ai primi di dicembre e sottolineate a suo tempo con un tweet dal renziano Michele Anzaldi che a suo tempo si lamentò per l'assenza di Fioramonti quando alla Camera si approvò il decreto scuola che ha permesso l'assunzione di 480 mila precari. Ma tra i problemi c'è anche quello di convincere Di Maio, e tutto lo stato maggiore dei 5S, che Conte non c'entra nulla con la sortita del collega il quale, oltre a dimettersi criticando di fatto la manovra di bilancio, starebbe lavorando alla composizione di gruppi parlamentari pro-Conte con i fuoriusciti - passati e futuri - del Movimento. Nell'intervista concessa ieri l'altro al nostro giornale, Conte si è espresso negativamente sull'ipotesi che potesse nascere gruppi parlamentari a suo nome.

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LA SICUREZZA
Un «that not in my name» che però traballa dopo la decisione di Fioramonti e la minaccia di gruppi di fuoriusciti. I sospetti nel M5S tornano in circolo, al punto che Emilio Carelli, deputato e neo facilitatore dell'area comunicazione del M5S, li mette nero su bianco dicendo che se nascessero gruppi in Parlamento a sostegno di Conte «ci troveremmo di fronte ad un'operazione politica tanto precisa quanto poco trasparente nei confronti dei cittadini». Una sorta di altolà che chiede a Fioramonti di chiarire, ma che finisce con l'investire anche il presidente del Consiglio qualora non prendesse le distanze dall'operazione del collega professore universitario. Sempre che abbia i numeri per andare in porto.

Per ora nello staff di Di Maio si ostenta sicurezza, ma l'insidia per la leadership del ministro degli Esteri è forte anche perché Fioramonti punta a raccogliere l'ala sinistra del Movimento che ha sempre contestato l'intesa con la Lega. Conte ne è consapevole e cerca di evitare di essere tirato in ballo da chi, magari ha rotto con il M5S, al punto da non versare le quote, ma non volendo andare a casa, si inventa una sorta di sostegno distinto dai quattro partiti della maggioranza. Un appoggio di cui, almeno per ora, farebbe volentieri a meno.
 
Ultimo aggiornamento: Venerdì 27 Dicembre 2019, 11:30
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