Fase 2, Lamorgese: «Più controlli per parchi, movida e bar. Giovani da responsabilizzare»

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di Cristiana Mangani
Un tranquillo weekend di paura, tra famiglie a spasso per i parchi, giovani in giro per la città e brevi fughe verso il mare. A pochi giorni dall'inizio della fase 2, nonostante le evidenti controindicazioni, i timori da coronavirus sembrano essere svaniti.

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Fase 2, ressa nei parchi: il weekend parte violando le regole

Ministro Lamorgese, promuove o boccia la condotta degli italiani?
«Gli italiani hanno saputo superare la prova ben più impegnativa delle chiusure attuate nella prima fase che si è conclusa il 3 maggio: i dati sui controlli ci dicono che la percentuale di cittadini sanzionati è stata solo del 3% su un totale di circa 13 milioni di persone identificate tra il 10 marzo e il 4 maggio».
Dopo quel periodo di maggiore chiusura, ora si vede molta più gente in giro.
«Da una settimana è consentito un raggio di movimento più ampio per tutti noi, ma questo non ci deve far dimenticare che la diffusione del virus si moltiplica con gli assembramenti e con i contatti ravvicinati. In ogni caso non abbassiamo la guardia: abbiamo fatto quasi un milione di controlli dall'inizio della fase 2». 
Molti non indossano la mascherina e i guanti, pensa che sarà necessario tornare a un regime di controlli più severi?
«Per questa seconda fase dell'emergenza sanitaria abbiamo chiesto ai cittadini di far leva sul loro senso di responsabilità. Le misure adottate dal governo, poi, devono trovare la loro applicazione individuando un punto di equilibrio tra il primario obiettivo di salvaguardare la salute pubblica, da perseguire soprattutto con il divieto di assembramento, e l'esigenza di contenere l'impatto dei controlli sulla vita quotidiana dei cittadini».
In che ambito si sono registrate le maggiori irregolarità?
«Su scala nazionale, dobbiamo continuare a porre la massima attenzione ai mezzi pubblici, ai quartieri della movida giovanile e agli esercizi commerciali che vendono cibi e bevande da asporto. Poi, nel prossimo fine settimana, i controlli capillari si ripeteranno nelle aree verdi e lungo le spiagge perché, purtroppo, non possiamo ancora riprendere gli stili di vita che seguivamo prima dell'emergenza».
Crede sia utile la funzione del cittadino sentinella?
«Credo che ognuno di noi sia la migliore sentinella di se stesso. Continuiamo tutti ad adottare seriamente le precauzioni del distanziamento sociale e così possiamo essere di esempio per gli altri. Poi, per convincere i più giovani a non mollare, servirebbe anche una spinta in più da parte delle famiglie e del mondo della scuola».
Quale provvedimento preso in questi due mesi le è costato maggiormente dal punto di vista personale e umano? 
«In questo periodo, al Viminale abbiamo lavorato fino a tarda sera perché la routine di un'amministrazione molto complessa, sommata ora a un'emergenza di queste dimensioni, non lascia il tempo neanche per riprendere il fiato. Abbiamo affrontato per primi, e devo ricordare in solitudine, il problema delle famiglie con bambini e ragazzi disabili e con disagi psicologici che manifestavano la necessità assoluta di far uscire di casa i propri figli, anche se per poco tempo: comunque, poi, chi ha contestato la nostra circolare ha finito per adottare quelle stesse misure».
La Cei ha chiesto di riconsiderare il blocco delle cerimonie religiose e dei funerali.
«Abbiano concordato con loro le regole per far riprendere dal 4 maggio la celebrazione dei funerali sebbene alla presenza di un massimo di 15 persone. Il governo ha lavorato intensamente, sempre con la Conferenza episcopale, per la ripresa in sicurezza delle messe alla presenza dei fedeli a partire dal 18 maggio e ora stanno per essere sottoscritti singoli protocolli con le altre comunità religiose, sia con quelle che hanno un'intesa con lo Stato sia con quelle che ne sono prive, perché una delle missioni istituzionali del ministero dell'Interno è quella di garantire la libertà di culto per tutti i cittadini».
La stagione estiva potrebbe far aggravare la situazione dei flussi migratori, in che modo pensa di controllarla? 
«Nella sua collegialità, il governo ha deciso che i migranti salvati in mare dalle Ong debbano essere sottoposti a un periodo di quarantena non sulla terraferma ma a bordo di navi appositamente noleggiate perché le strutture sanitarie delle regioni del Sud non sono in grado, in questo momento, di assorbirne l'impatto. È successo a Palermo, con il traghetto individuato in tempi rapidissimi dal ministero dei Trasporti e dalla Protezione civile, e ora, con la gara perfezionata dal capo dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione come soggetto attuatore, è in arrivo nella rada di Porto Empedocle un'altra nave noleggiata. Devo dire di avere apprezzato che molti sindaci e amministratori siciliani abbiano dato atto al governo di aver mantenuto la parola data».
La questione migranti irregolari e la possibilità di una sorta di permesso di soggiorno temporaneo, quale vantaggio potrà avere sull'economia e sull'ordine pubblico?
«I vantaggi dell'emersione dal lavoro nero, sia per gli italiani sia per gli stranieri, sono evidenti: l'operazione genera un gettito per la casse dell'Inps e rende visibili, anche per circoscrivere l'emergenza sanitaria, tanti immigrati che oggi sono dei fantasmi impiegati nei campi come braccianti e nelle case come colf e badanti. Con i ministri Bellanova, Catalfo e Provenzano abbiamo lavorato a lungo per mettere a punto un testo e siamo d'accordo quasi su tutto».
Lei che suggerimenti ha dato?
«Ho suggerito un'ipotesi intermedia tre mesi di durata per i permessi di soggiorno temporanei che mi sembra ragionevole: una proposta sulla quale, però, ancora non c'è una convergenza unanime. Spero che si riesca a trovare un accordo su questo punto per non gettare a mare il lavoro svolto insieme agli altri ministri».
Di recente ha chiesto ai prefetti di delineare un quadro delle emergenze a livello territoriale riguardo alla situazione delle imprese: quali gli effetti negativi già prodotti dall'epidemia di coronavirus?
«Le organizzazioni mafiose hanno sempre tratto vantaggio dai momenti di emergenza, in cui si registra un ingente flusso straordinario di risorse pubbliche nel circuito economico. Il rischio concreto è che mafia e criminalità organizzata tentino di intercettare le erogazioni destinate a cittadini ed imprese. Occorre difendere il tessuto economico sano per evitare che le difficoltà di tantissimi imprenditori possano diventare opportunità per l'intervento invasivo da parte dei sodalizi criminali nei riguardi di quella parte di economia fortemente debilitata». 
Ministro c'è preoccupazione per i tanti detenuti, anche di rango criminale, scarcerati a causa dell'emergenza sanitaria?
«Come ministro dell'Interno non posso, e non voglio, entrare nel merito delle procedure e delle decisioni della magistratura che, a causa dell'emergenza sanitaria Cov-19, hanno portato agli arresti domiciliari e ad altre misure alternative al carcere molti detenuti definitivi o in attesa in giudizio. Posso comunque assicurare, che dal momento in cui il Viminale è stato messo in grado di operare, ho immediatamente impartito precise indicazioni ai prefetti: sono stati convocati tutti i comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza per acquisire ogni informazione necessaria sui singoli detenuti agli arresti domiciliari i quali sono stati subito sottoposti ai controlli delle forze di polizia».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 11 Maggio 2020, 15:08
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