Ilva, Cdm rinviato. M5S apre sullo scudo, ma solo se Arcelor tratta

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di Diodato Pirone
Il governo italiano resta convinto che gli estremi giuridici per un ritiro di ArcelorMittal da Taranto non ci siano. Pertanto l'esecutivo continua a puntare su un accordo con l'azienda. Da quest'ultima ieri sembrerebbe arrivato un primo segnale di interlocuzione: l'ad della società franco-indiana, Lucia Morselli, nel corso di un incontro con il presidente della Puglia, MicheleEmiliano, si sarebbe detta disponibile a gestire l'impianto da dicembre fino a maggio, mese in cui è fissato il giudizio al Tribunale di Milano. 

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Morselli avrebbe spiegato ad Emiliano che l'azienda ha bloccato i pagamenti ai fornitori pugliesi solo perché sta effettuando dei controlli interni e non per lasciare Taranto in tempi brevi. Il colosso franco-indiano, ribadisce in una apposita conferenza stampa il ministro Stefano Patuanelli, deve mantenere gli impegni presi e va richiamato al tavolo. Anche passando per il tribunale, se necessario, dove è atteso entro domani il ricorso d'urgenza dei commissari. Mentre la prima udienza per la citazione dell'azienda è stata rinviata a maggio.

La situazione, a Taranto, peggiora di ora in ora: in città si registra la prima cinquantina di operai dell'indotto rimasti senza paga. E otto consigli di fabbrica, riuniti a Genova, invocano uno sciopero europeo per la crisi della siderurgia.
 


ALTA TENSIONE
Ma nella maggioranza resta altissima la tensione: gli emendamenti presentati da Italia Viva al decreto fiscale per reintrodurre lo scudo vengono giudicati inammissibili dalla presidente della commissione Finanze, la 5S Carla Ruocco.
E nel Movimento la tensione si taglia con il coltello, tanto che il ministro Stefano Patuanelli, dopo una riunione fiume con i senatori M5S è costretto a presentarsi anche dai deputati per spuntare almeno quella che lui stesso definisce «una disponibilità a discuterne» se, nel corso della trattativa, dovesse riemergere la necessità dello scudo.
I quattro punti proposti dal ministro ottengono l'ok dopo tre ore di dibattito tesissimo, e cinque senatori restano sulla linea dura e votano contro il mandato a Patuanelli a «tracciare» la linea sull'ex Ilva, slegandola dalla tenuta del governo, guardando a un piano di medio periodo che punti alla decarbonizzazione e valutando anche l'ipotesi di una legge speciale per Taranto per accelerare gli interventi sul territorio.
La trattativa con Arcelor, al momento, non c'è: il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, rassicura sulla tenuta dei rossogialli («Il governo rischia? Non scherziamo..») ma rinvia a lunedì prossimo, «per impegni dei vari ministri», il Consiglio previsto per oggi pomeriggio, che doveva servire a mettere in fila le proposte per il Cantiere Taranto, cioè gli interventi a più ampio raggio per il rilancio, al di là delle vicende legate alla fabbrica.
E non è nell'aria, a breve, un nuovo round con i Mittal, che sembrava imminente ma ancora non è stato convocato. Si aspetta, probabilmente, l'esito del ricorso. E intanto si lavora, sotto traccia, sia alla proposta di mediazione sia all'eventualità che l'azienda abbandoni davvero l'Italia. Il governo punta a ridurre al minimo, se non ad azzerare, la richiesta degli esuberi. Duemila potrebbero essere gestibili attraverso la cassa integrazione, ma andrebbe riscritto il piano industriale «di dieci mesi non di sei anni fa» che Mittal, sottolinea più volte Patuanelli, «non ha rispettato».
In questo quadro comunque, oltre a garantire un soccorso sul fronte dell'occupazione, l'esecutivo potrebbe mettere sul piatto anche un ingresso di Cassa depositi e prestiti, con l'8-10%, a puntellare l'operazione. Sempre Cdp potrebbe essere, invece, il perno attorno a cui ricreare una nuova cordata di privati. Per il subentro potrebbe rendersi necessario prima un nuovo passaggio dell'ex Ilva alla gestione commissariale e una nuova gara. Ma si potrebbe invocare anche la legge Marzano che consentirebbe di saltare questo passaggio.
 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 14 Novembre 2019, 15:29
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