Trionfo di Zaia, processo a Salvini. «Da oggi non decidi più da solo»

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di Emilio Pucci
E ora si apre il “processo” interno a Salvini. Due sconfitte, in Emilia Romagna e in Toscana, una dopo l’altra. E la prospettiva di una dura traversata nel deserto, con la leadership della coalizione a forte rischio, anche se nella Lega si osserva come le performances di Fdi siano abbastanza deludenti.

Sono i fedelissimi ad invocare una svolta nel partito di via Bellerio. Perché se il Capitano si limita a rimarcare che da oggi «la Lega e centrodestra saranno alla guida di 15 Regioni su 20» i suoi non nascondono più l’irritazione per le mosse del segretario. Con il governatore Zaia considerato l’unico vero vincitore, visto che la sua lista ha triplicato i consensi del partito in Veneto.
 
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È un lungo cahier de doléances quello che i dirigenti lumbard presenteranno a Matteo. La premessa – spiega un big – è che alla guida resta lui. Almeno fino a quando i vari Giorgetti e Zaia non lo sfideranno apertamente per prendere le redini della Lega, uno scenario che al momento non è ancora sul tavolo, anche se l’ex deputato Pini – rappresentante della vecchia guardia – consideri già iniziata una nuova fase: «Basta – osserva – con la stagione dei bluff». Gli esponenti più vicini all’ex ministro dell’Interno chiederanno intanto la fine del cerchio magico. Ovvero di quelle persone che da tempo aiutano il leader nella campagna elettorale. «Non è possibile – uno degli sfoghi più ricorrenti – puntare solo sulla comunicazione social, così si abbandonano i territori». Nel mirino finisce pure la Bestia, la macchina acchiappa-voti di Merisi. «Solo messaggi sbagliati, dettati dal momento», la tesi. Ma la critica più forte è legata proprio alle scelte fatte. La prima è rimandata al governo giallo-verde, a quel contratto stipulato con il Movimento 5 stelle, anche sul taglio del numero dei parlamentari. «Non c’è – il refrain – chiarezza su nulla. Sul referendum qualcuno per il sì, altri per il no. Sull’Europa non si comprende la nostra posizione. E le decisioni prese sulle candidature in Emilia e in Toscana non hanno pagato, così abbiamo prestato il fianco ai nostri avversari e pure agli alleati».

Il primo a essere deluso è proprio Salvini, anche se a chi lo ha chiamato ha ricordato di aver subito l’accordo con FI e Fdi, siglato per non sfasciare l’alleanza, «il problema è che al sud il centrodestra arretra». La convinzione dell’ex responsabile del Viminale è che nessuno metterà la faccia per contendergli lo scettro. 


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Manovre a via Bellerio



Ma una parte del partito, l’ala più moderata che fa riferimento a Giorgetti, punta di fatto a commissariare il leader. In pochi in realtà scommettono su una vera e propria resa di conti in tempi brevi. Ma a lungo andare la luce di Zaia è sempre più forte e in tanti indicano che alle prossime Politiche l’intesa, anche con FI e Fdi, potrà essere siglata proprio sul suo nome. Il Doge per ora non pensa ad una Opa per la leadership. «Salvini ha smarrito il suo fluido ma fino a quando non ci sarà un congresso non cambierà nulla», dice un altro esponente del partito di via Bellerio. I salviniani continuano a puntare su di lui. «Rimarrà – dice un’altra fonte – per tutto il tempo che lo vorrà». Ma con una premessa: «Deve fermarsi e riflettere. Non basta più solleticare l’elettorato sull’immigrazione. Servono altri temi e soprattutto una politica che paghi nel medio e lungo termine». «Anche dove non ce l’abbiamo fatta, tutti al lavoro con un solo obiettivo: aiutare, proteggere e far crescere la nostra bellissima Italia», afferma il Capitano, facendo capire anche a critici e detrattori che non intende fare alcun passo indietro. «Queste elezioni non incideranno sulla leadership nazionale», dice l’ex ministro Fontana, uomo di raccordo tra Zaia e Salvini. 
 

Verso Catania



Ma su quest’ultimo pende la minaccia giudiziaria. Il 3 ottobre tutto il gruppo dirigente si schiererà al suo fianco, andando a Catania, dove si aprirà il processo sul caso Open arms. La solidarietà non verrà a mancare ma l’auspicio di chi gli sta vicino è – per dirla con le parole di un deputato – «che smetta di comportarsi come Bossi, puntando solo su poche e fedeli persone». Ma Matteo non ci sta ad essere nel mirino: «Le leadership le decidono i cittadini, e la Lega è primo partito del centrodestra in tutte le Regioni dove si è votato. Le leadership non si decidono a tavola, ma le decidono gli elettori col voto». Si oppone al proporzionale («Sarebbe la morte della politica»), chiede per il centrodestra la presidenza della Conferenza regioni e glissa sulle elezioni anticipate: «Prima ci sono e meglio è, ma a prescindere dal voto di oggi».

 
 
 
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Ultimo aggiornamento: Martedì 22 Settembre 2020, 18:39
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