Elezioni regionali Toscana. Arci, Cgil e polisportive la rete che blinda Firenze: l’assedio rianima le sinistre

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di Mario Ajello
dal nostro inviato
FIRENZE A Piazza della Repubblica, cuore di Firenze, dove Salvini e gli altri leader hanno chiuso venerdì scorso la campagna elettorale, ora a festeggiare è la sinistra. Un gruppo di ragazzi improvvisa un balletto con coretto: «Abbiamo rimandato Salvini in Padania, pappappero pappappà!». E si uniscono allo spettacolino due vecchietti che provano a cantare Bella Ciao.

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La Toscana è rimasta rossa? Questo no, non lo è più da tempo: perché a parte Firenze le altre città sono per lo più della Lega. Ma stavolta dopo la grande paura di perdere anche il governo regionale, e di sprofondare di nuovo sotto al centrodestra che alle Europee in Toscana ha stravinto, ecco la boccata d’ossigeno. Ha trionfato il Giani, l’Eugenio. Il candidato vecchiotto che pareva deboluccio - Renzi ha dovuto fargli lezioni di comunicazione e allenarlo per i confronti tivvù - e il neo-vincitore con sindaco Nardella, con Lotti e gli altri, anche il renziano Bonifazi, mentre Matteo è a Roma, festeggia il miracolo: «Ha vinto la competenza sull’ignoranza». Ha funzionato, soprattutto, il vintage dell’appello all’unità anti-fascista contro la Marcia di Capitan Salvini su Firenze. E «Firenze ha retto, trascinando tutta la Toscana», esulta Nardella. Proprio il sindaco, al mattino, sull’uscio di Palazzo Vecchio, conversando con qualche amico aveva detto: «L’affluenza forte in Toscana, e fortissima a Firenze, è un buon segno». 

Nei bar di Firenze, nelle residue case del popolo, nelle piazze tendenti a sinistra, ieri per tutta la giornata ci si salutava così: «Ragazzi, come siamo messi ad ansia?». Sì, si temeva assai. Eppure Salvini fin dal mattino non era granché ottimista: «Quelli del Pd, alle urne, hanno portato pure i partigiani morti da 50 anni». La Ceccardi usa un’altra immagine: «Davide non ha sconfitto Golia. Ma Golia è ammaccato di brutto. La battaglia continua!». 

Su un campo che tutti, anche quelli che stanno facendo festa, descrivono così: «La Toscana è in crisi, la regione non cresce più». Questa è la realtà con cui il centrosinistra che ora si è salvato dovrà da subito fare i conti. Per non venire spazzato via la prossima volta. «Ha vinto - raccontano i vecchietti a passeggio a Piazza della Signoria - il richiamo della foresta anti-Salvini. Se non si fosse fatto vedere ossessivamente da queste parti, e se avesse candidato non la Ceccardi ma un professionista capace e trasversale, le cose sarebbe potute andare diversamente». L’istinto di sopravvivenza è quello che ha risolto la partita. Alla sede della Cgil, in Borgo dei Greci, festeggiano: «Ci siamo mobilitati noi, sia pure un po’ tardi, e il Giani deve venirci a ringraziare». Ma si è riattivata un po’ tutta la rete associativa, dall’Arci alle polisportive, dagli oratori al resto, che è sempre stata l’ossatura dai tempi del Pci del sistema locale. L’avanzata di Salvini ha spinto gli altri a fidarsi ancora un po’ - ma nelle Regionali del 2015 il Pd ebbe il 46 per cento e ora è al 34 - ai soliti noti. «Mi hanno votato anche i 5 stelle», festeggia Giani. E alla sua festa è apparso anche il governatore Bonaccini, l’emiliano che si vanta: «Il primo a fermare Salvini sono stato io».

Stavolta la drammatizzazione, e la chiamata al voto utile, che ha tolto voti al candidato Fattori di ultra sinistra, ha funzionato. E osserva il politologo Mario Caciagli, autore di Addio alla provincia rossa» (Carocci): «La verità è che in questi anni è venuto meno il partito che, con tutti i suoi difetti, assolveva al compito di padre severo. Sono sparite o quasi le Case del popolo. L’Unipol è diventata un grande soggetto finanziario come gli altri. Insomma si è frantumato un mondo e con esso l’ideologia che lo rappresentava». Ma da qui a passare alla Lega... Infatti a livello regionale il muro ha retto. «La Toscana non è più rossa - commenta Caciagli - ma non è diventata verde».

Il salvataggio è scattato alla fine. Tutto ciò che si poteva mobilitare è stato mobilitato. Anche le suore e gli scout e tutto l’esercito di Dio nelle parrocchie e negli oratori che, insieme a quel che resta della gente che ancora rimpiange il pugno chiuso, ma poteva tentennare in direzione Lega, ha resuscitato in extremis il compromesso storico e ora se la ride Giani ma anche Zingaretti. Meno i renziani: con il loro 4,5%, e una vittoria di quasi 9 punti di scarto, non sono stati decisivi.
 
Ultimo aggiornamento: Martedì 22 Settembre 2020, 12:28
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