Elezioni politiche, l'assalto dei peones alle sedi di partito: «Ci sarà un seggio blindato per me?»

La corsa alle autocandidature tra ansie e paure. L’invasione di scatoloni e documenti negli uffici di Pd, Lega, FdI, FI e M5S

L'assalto dei peones alle sedi di partito: «Ci sarà un seggio blindato per me?»

di Mario Ajello

Ci sono armadi e scatoloni in alcuni palazzi di Roma che contengono i destini dei sommersi e dei salvati del prossimo 25 settembre. Ovvero, sono arrivati nelle sedi nazionali dei partiti i documenti personali, i curricula, il casellario giudiziario, la lista dei carichi pendenti, i moduli di accettazione della candidatura da parte dei futuri onorevoli, degli aspiranti tali, dei candidati veri, degli auto-candidati, degli pseudo-candidati («Il partito mi vuole, ma io devo pensarci bene...»: è una delle balle ricorrenti), di quelli che hanno avuto la mezza promessa di entrare alla Camera o l’assicurazione che avranno un posto al Senato ma nessuno crede a nessuno. 
E insomma tutta la bolgia delle aspirazioni e delle speranze di migliaia di peones, ma anche di semi-leader («E se mi danno il collegio farlocco?», è il vicendevole timore che corre nelle telefonate tra i maggiorenti del Pd che intimamente augurano l’inferno del flop per il proprio interlocutore e il paradiso del ritorno alle Camere per se stessi) è contenuta in queste stanze. Che sono quelle del Nazareno (al bar lì sotto bivaccano ogni tanto esponenti locali dem arrivati dal Sud e vorrebbero penetrare ma non si può nella war room di Letta per dire a Enrico: «Io naturalmente in lista ci sono, eh? E in un bel posto, no?»); di via della Scrofa dove c’è FdI e dove si teme per dopo ferragosto, quando si entrerà nel vivo della compilazione delle liste, l’assedio dei questuanti (infatti la Meloni se ne sta alla larga); di Piazza in Lucina perché Forza Italia ha ancora qui il suo (ridotto) presidio ma in questo palazzo le carte per le candidature arrivano a rilento in quanto i supplicanti sperano che prima d’infilarsi nelle pratiche burocratiche (qualcuno s’è dovuti rivolgere a un’agenzia di servizi per farsi preparare tutti i certificati) arrivi la telefonata diretta del Cavaliere magnanimo: «Sei dentro!».

Cosa che per ora vale soltanto per la fidanzata Marta Fascina, per la Ronzulli, per Tajani, per la Bernini e per pochi altri, mentre gli altri resta l’incubo De Girolamo: ovvero il caso celebre di Nunzia che nel 2018, fino a un minuto prima della chiusura delle liste azzurre, spiccava nel collegio comodissimo in Campania e di colpo viene paracadutata a Imola dove avrebbe perso di sicuro e infatti restò fuori dal Parlamento. 


Gli altri palazzi dei sogni e dei destini, sono quello M5S a via di Campo Marzio dove chi sarà eletto già si sa (i pretoriani di Conte) e si tratta solo di sbrigare le ultime formalità (tra cui la finta consultazione della base per le parlamentarie) e quello di Corso Vittorio Emanuele 21, la casamatta di Calenda, e qui dentro Francesca Scarpato, fidanzata del numero due di Azione, Richetti, e donna forte del partito (per lei candidatura in Campania), ordina e vaglia il materiale.

E intorno alla stanza della vita o della morte in diversi si chiedono: «Carlo che cosa vuole fare di me? Mi prende o mi scarta? Gli piaccio o mi schifa?». Più faticosa la vita agostana, con questo caldo, dei peones dem alcuni dei quali appena passerà ferragosto, e si farà sul serio, sono intenzionati nella Capitale a 40 gradi a rincorrere Marco Meloni, il fidatissimo di Letta che materialmente si occupa degli elenchi, di qua e di là: lo braccheranno al Nazareno o la supplica («Sommessamente vi chiedo di non rinunciare a una grande risorsa come me...») andrà in scena davanti all’Arel a piazza Andrea della Valle, altro fortino lettian-meloniano. 

I sudori

Davanti a tutte queste ansie, a questi sudori freddi e a questa Roma stranissima dove nessuno è andato davvero in vacanza (o almeno, zero Caraibi e tutti assiepati qui intorno nella speranza della chiamata salvifica del leader che potrebbe arrivare all’alba del 22 agosto quando le liste devono essere chiuse o non arrivare mai), un tipo olimpico come il democristiano Gianfranco Rotondi, probabile candidato di FdI, osserva: «Io sto nel mio ufficio, senza sbattermi». E non fa telefonate di supplica? «No, nessuna. Applico la lezione del mio maestro Fiorentino Sullo: in politica non fare nulla che non ti sia richiesto almeno due volte». Non tutti i democristiani storici la applicavano. Spesso infatti i richiedenti che si assiepavano otto la sede di Piazza del Gesù, cercando si sapere perfino dagli uscieri «ma tu il mio nome su qualche elenco di papabili lo hai visto passare?», in lista non ci finivano proprio. E se ne tornavano al paesello barcollando per la delusione. 


Intanto, a Camere appena chiuse e si tornerà giusto il 7 settembre per votare la delega fiscale e poi a ottobre quando verranno insediati i nuovi eletti, s’è sparsa la notizia che Di Maio potrebbe fare qualche giorno di vacanza in Sardegna, con la fidanzata sarda, e tra alcuni impegnocivicisti, insomma gigginiani, c’è la tentazione di andarlo a importunare a ferragosto fino a laggiù. Proprio come capitava ai maggiorenti berlusconiani quando Silvio era a Porto Rotondo e affittavano casa da quelle parti pur di incontrarlo in piazzetta e chiedergli un incarico o uno scranno. 
Un gran filosofo che diventò deputato forzista, Lucio Colletti, sosteneva dalla sua sdraio all’Isola d’Elba: «Il politico d’estate deve fare una sola cosa, l’abbiocco». E invece no, stavolta c’è un impegno faticosissimo nell’estate dei peones (e di qualche big) ed è descrivibile in rima: agosto, mi cerco un posto.


Ultimo aggiornamento: Domenica 7 Agosto 2022, 16:15
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