Draghi, ecco l'agenda del premier: priorità al lavoro e nel Recovery più investimenti

L'agenda del premier: priorità al lavoro e nel Recovery più investimenti

di Luca Cifoni

Il rilancio del Paese ma anche la tenuta sociale. Accanto all'emergenza strettamente sanitaria, sono queste le due grandi linee direttrici indicate dal presidente del Consiglio incaricato. L'esigenza di portare a termine nei dettagli il Piano italiano di ripresa e resilienza è uno dei fattori che hanno spinto il capo dello Stato a tentare la strada del governo Draghi e dunque il futuro premier, se otterrà la fiducia delle Camere, si dovrà dedicare a pieno ritmo a questo compito, visto che la scadenza finale è fissata al 30 aprile. Non si parte certo da zero perché c'è la versione del Pnrr messa a punto nei primi giorni di gennaio dal ministero dell'Economia: ma il futuro presidente del Consiglio non rinuncerà a dare una propria impronta, con una particolare attenzione alla definizione dettagliata della parte esecutiva. Il criterio guida sarà quello di spendere bene, senza farsi travolgere dall'apparente abbondanza delle risorse.

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Dunque più spazio agli investimenti propriamente detti. Allo stesso tempo Draghi è pienamente consapevole della delicatissima fase che vivono gli italiani. Non è casuale né rituale l'annuncio di consultazioni rivolte alle parti sociali oltre che alle forze politiche. I margini di azione su questo terreno dipenderanno naturalmente dal mandato del nuovo esecutivo e dalla sua durata temporale. Il Conte bis lascia in eredità una riforma degli ammortizzatori ancora da impostare. Su questo terreno l'ex presidente della Bce e i ministri di cui si circonderà dovranno delineare un nuovo sistema di protezione sociale in grado di intercettare la nuova situazione che si andrà creando in seguito alla pandemia, con interi settori destinati al ridimensionamento o a una crisi comunque di lunga durata.

Fisco: alleggerire la tassazione

Nel corso degli anni SuperMario si è detto più volte consapevole dell’alto livello della pressione fiscale in Italia, superiore a quella di altri Paesi europei. Suggerendo quindi la strada di una sua riduzione: quando era ancora alla guida della Banca d’Italia, circa dieci anni fa, aveva indicato in Irpef e Irap i tributi su cui intervenire in via prioritaria. Altrettanto esplicite sono state le sue prese di posizione contro l’evasione fiscale che nelle Considerazioni finali sul 2010 aveva definito senza mezzi termini “macelleria sociale” per gli effetti nefasti su equità e crescita.

Welfare: non tornare indietro sulla previdenza

Storicamente Mario Draghi si è sempre espresso per il contenimento della spesa previdenziale, da conseguire attraverso l’aumento dell’età pensionabile. Anche se da presidente della Bce non ha dato giudizi diretti sulla situazione italiana, è verosimile che non sia favorevole a retromarce rispetto ai vincoli della legge Fornero. E dunque a un prolungamento di Quota 100. Quanto al reddito di cittadinanza, il premier incaricato applicherebbe probabilmente la sua massima che porta non tanto a tagliare la spesa, quanto a verificarne la qualità e l’efficacia.

Infrastrutture: selezione dei progetti per il rilancio delle opere pubbliche

Gli investimenti in infrastrutture, sia materiali che immateriali, sono un esempio di quel “debito buono” citato dal presidente incaricato come via di uscita necessaria dalla crisi pandemica.

E del resto in varie edizioni delle Considerazioni finali da governatore (e in altri interventi) non aveva mancato di ricordare come nel nostro Paese la dotazione di opere pubbliche sia sotto molti aspetti carente. Con l’economia prostrata dall’emergenza sanitaria l’esigenza di intervenire è ancora più forte, ma in questa logica - nel Draghi pensiero - risulta decisiva la selezione rigorosa delle opere stesse.

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Occupazione: tutela dei lavoratori senza assistenzialismi

Come è accaduto anche per altri temi, il pensiero di Mario Draghi in materia di occupazione si è evoluto alla luce dell’emergenza sanitaria ed economica. Nel suo intervento sul Financial Times di fine marzo 2020 ha quindi lanciato un allarme dai toni piuttosto forti sul rischio di una disoccupazione permanente nel Vecchio Continente, che creerebbe le premesse di una depressione duratura dalle conseguenze sociali imprevedibili. La sfida è gestire l’uscita graduale dalla pandemia e in questo senso Draghi si troverà a misurarsi con il nodo concreto del blocco dei licenziamenti.

Conti pubblici: rigore sì ma ci vogliono debito “buono” e spesa di alta qualità

La crisi del 2020 ha spinto Mario Draghi a insistere sulla necessità che gli Stati si indebitino per salvare l’economia. In un suo intervento dello scorso agosto al Meeting di Rimini ha però voluto distinguere tra il debito cattivo e quello buono, in grado di spingere la crescita nel lungo periodo. Posizione coerente con quella espressa in anni passati (anche ad esempio di fronte alla crisi finanziaria del 2011) quando l’allora governatore della Banca d’Italia e presidente in pectore della Bce invitava a ricomporre la spesa pubblica tagliando quella improduttiva e riorientando le relative risorse ad altre finalità.

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Giovani: sforzo su scuola e università

Il tema dell’equità intergenerazionale ha accompagnato molti interventi di Mario Draghi nel corso della sua carriera. Ma nel discorso dello scorso agosto al Meeting di Rimini l’economista romano ha voluto esprimere in forma ancora più esplicita il suo pensiero, criticando le scelte politiche che dirottano risorse su obiettivi immediati, a tutto danno dei giovani, i quali si troveranno con minori risorse per il proprio futuro e il peso del debito da ripagare. Nella stessa linea va la costante attenzione al tema della scuola e dell’università come canale di avanzamento sociale per le giovani generazioni, in particolare al Sud.

 

Ultimo aggiornamento: Venerdì 17 Febbraio 2023, 18:47
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