Dal grano ucraino alla frenata sulle armi, la diplomazia dei piccoli passi di Draghi per far ripartire il negoziato

Il premier ha deciso di adottare un’altra strategia, avviando la diplomazia dello "step by step"

Dal grano alla frenata sulle armi, la diplomazia dei piccoli passi di Draghi per far ripartire il negoziato

di Alberto Gentili

Dopo la bocciatura del piano italiano di pace, Mario Draghi, ha deciso di non arrendersi. Da quando l’11 maggio è stato a Washington in visita alla Casa Bianca da Joe Biden, il premier insiste sulla «soluzione negoziale», in quanto «l’Europa e l’Italia vogliono la pace». Così, visto il muro alzato da Vladimir Putin che «per ora la pace non la vuole», Draghi ha deciso di adottare un’altra strategia, avviando la diplomazia dei piccoli passi. Step by step. Del resto, come dice una fonte diplomatica, «quando il problema è troppo grosso, è utile e ragionevole spacchettarlo».

Salvini: «Missione a Mosca? Non è certo che andrò, non è come fare un weekend a Forte dei Marmi»

LA MOSSA SUL GRANO

Così Draghi, ha deciso di ripartire dalla crisi alimentare innescata dallo stop del grano nei porti ucraini. «Un tema specifico e pragmatico», spiegano a palazzo Chigi, per provare a rompere la cortina di odio e di diffidenza tra Russia e Ucraina. Un tema, al di là della valenza umanitaria con centinaia di milioni di persone (soprattutto in Africa) che rischiano di morire di fame, che incontra l’interesse convergente di Mosca e Kiev. Perché il grano, ormai da mesi nei depositi, rischia di marcire. E nessuno dei due Paesi in guerra si può permettere di sprecare risorse.

 

LE DUE TELEFONATE

Da qui la telefonata di Draghi giovedì a Putin, durante la quale il premier «ha riscontrato la disponibilità» del presidente russo ad affrontare e risolvere la crisi alimentare.

E poi il colloquio di venerdì con Volodymyr Zelensky che avrebbe avuto la stessa reazione: «Liberiamo insieme i porti ed esportiamo il grano», ha twittato il presidente ucraino. Se a questi impegni seguiranno fatti concreti, è tutto da vedere. Se nel parlerà lunedì e martedì anche al Consiglio europeo di Bruxelles. Ma nel frattempo Draghi è riuscito, con la sua mediazione, a spingere le parti in guerra «a rimettere la testa su un tema negoziale», come dice una fonte di governo, «misurando pragmaticamente, su una materia specifica, la volontà di confrontarsi».

SI FRENA SULLE ARMI

A questa strategia dei piccoli passi, si accompagna la volontà di Draghi di porre il più possibile l’accento sul negoziato e sul cessate il fuoco. Così, per coerenza e per limitare i malumori di M5S, Lega e Leu, il governo ha messo in stand by l’invio di nuove armi a Kiev. Al contrario di Biden che ha appena annunciato la fornitura di missili a lungo raggio agli ucraini.

DECISIONE A FINE GIUGNO

«La questione delle armi non è all’ordine del giorno, non si sta lavorando a un quarto decreto», spiegano a palazzo Chigi e confermano al ministero della Difesa. «Semmai di nuove armi se ne parlerà dopo il summit Nato del 29 e 30 giugno». E per quella data lo scenario potrebbe essere completamente mutato. Ciò detto, Draghi non rinnega il sostegno militare all’Ucraina: «Se non avremmo aiutato Zelensky, adesso a Kiev avremmo un governo fantoccio e Putin potrebbe bullizzare qualche altro Paese estendendo il conflitto a qualche Paese dell’Ue», dice un’alta fonte di governo.


Ultimo aggiornamento: Sabato 28 Maggio 2022, 18:58
© RIPRODUZIONE RISERVATA