Draghi in Senato, fiducia con 262 sì, 40 no e 2 astenuti. Fronda M5S, alla fine votano no in 15. «Insieme per la Ricostruzione»

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di Francesco Malfetano

Via libera nella notte alla prima fiducia per Mario Draghi. Il Senato ha votato sì, come previsto, a larghissima maggioranza: 262 favorevoli, 40 contrari, due astenuti. Contrari i 19 senatori di Fratelli d’Italia, 15 grillini e 6 del Misto. Oggi tocca alla Camera, dove si prevede un risultato analogo. Poi il governo di Draghi potrà avviare il suo percorso riformatore, come annunciato ieri dal presidente del Consiglio. All’esordio da uomo di governo, il presidente del consiglio ha passato dodici e più ore di dibattito sulla fiducia ascoltando tutti e prendendo appunti. Non uno sbaffo. Per esempio, quando le telecamere lo hanno inquadrato, mai lo hanno sorpreso a guardare il cellulare, a differenza di qualche ministro inquadrato a testa china sullo schermo. Incorniciato in un completo scuro con cravatta bordeaux chiaro, l’unica mossa di stile che Draghi si è concesso è stato un orologio tecnologico con quadrante digitale a immagini mutanti. Il discorso programmatico di Draghi al Senato è durato 53 minuti ed è stato interrotto 21 volte dagli applausi. Il battimani più lungo c’è stato dopo la frase di chiusura, che sembrava messa lì apposta per smuovere gli animi: «L’unità non è un’opzione, ma un dovere guidato da ciò che unisce tutti: l’amore per l’Italia».

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Un discorso più lungo del previsto e un premier più emozionato di quanto si immaginasse. L’esordio di Mario Draghi è quanto di più “vero” ci si potesse aspettare. E non solo perché l’ex numero uno della Bce durante i 53 minuti impiegati per srotolare le sue argomentazioni al Senato talvolta incespica nelle parole o nei numeri, pure in quelli della pandemia, ma anche per delle incertezze formali che, dopo giorni passati a caricare di significati i suoi silenzi, ne restituiscono la dimensione umana tanto apprezzata dai suoi collaboratori. Tra l’inizio in cui chiede al ministro Patuanelli se dovrà tenere su la mascherina per tutta la durata del discorso e la fine in cui rivolgendosi al ministro Giorgetti cerca indicazioni («Mi dite voi quando posso sedermi?»), c’è però tutta la competenza e la pragmaticità di Draghi. 

Il premier infatti addensa attorno a pochi artifici retorici, tanta sostanza, imperniata sulla logica di una «Nuova Ricostruzione». Riecheggia forte l’abitudine alle “considerazioni finali”, ovvero la relazione annuale del governatore di Bankitalia, che porta con sé un’articolazione ben precisa del discorso. Una retorica, nell’accezione letterale del termine, che partendo dallo stato del Paese gli permette di analizzare a fondo le priorità da cui ripartire (vaccini e scuola) e definire problemi e aree di intervento. Il tutto prendendosi il tempo necessario, declamando con uno stile sobrio, a tratti dimesso, e sempre puntuale con cifre, analisi e giudizi netti a farla da padrone. Il 73enne però, pur non piegando l’oratoria al consenso, assapora i 21 applausi che lo interrompono e si concede citazioni e richiami storici. Partendo da Cavour e il Risorgimento («Le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano»), prima di arrivare a papa Francesco e all’ambientalismo, Draghi attinge da tutto il Novecento richiamando le generazioni attuali al proprio dovere nei confronti di figli o nipoti e poi ricordandoci padri dell’Europa e dell’atlantismo. Questi ultimi in particolare sono la leva che il premier usa contro gli euroscettici: «Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro - ha affermato - significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione».

Il premier parla per quasi un’ora, ma va dritto al punto fin da subito. «Il primo pensiero che vorrei condividere, nel chiedere la vostra fiducia, riguarda la nostra responsabilità nazionale» inizia, sottolineando come il virus sia «nemico di tutti» e la pandemia «una trincea dove combattiamo insieme». 

Un tema, quello dell’unità, attorno a cui si avviluppa l’intero discorso, fino a prendersi la scena quando Draghi indica all’Aula quale onere la attende: «Avviare una Nuova Ricostruzione» che, come accadde nel secondo dopo guerra, veda la collaborazione di «forze politiche ideologicamente lontane se non contrapposte». 

Una rotta che si identifica in quello che il premier chiama «lo spirito repubblicano» di un governo che nasce in una situazione di emergenza «raccogliendo l’alta indicazione del capo dello Stato». La strada è netta e segna la discontinuità richiesta, allontanando le classificazioni dei giorni scorsi. Quello appena nato non è un esecutivo tecnico né politico, tanto meno è un governo del cambiamento o del popolo. «Nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità - dice rifiutando l’ipotesi della sconfitta della politica manifestatasi con la sua chiamata - ma semmai, in un nuovo e del tutto inconsueto perimetro di collaborazione, ne fa uno avanti nel rispondere alle necessità del Paese». Costi quel costi. Ancora una volta. Poco importa quale sarà il tempo a disposizione. «La durata dei governi in Italia è stata mediamente breve - ha continuato Draghi - ma ciò non ha impedito, in momenti anche drammatici della vita della nazione, di compiere scelte decisive per il futuro dei nostri figli e nipoti. Conta la qualità delle decisioni, conta il coraggio delle visioni, non contano i giorni. Il tempo del potere può essere sprecato anche nella sola preoccupazione di conservarlo». Ed è quindi doveroso per Draghi ringraziare chi quel potere glielo ha posto tra le mani. Nell’esprimere gratitudine al presidente Sergio Mattarella, l’ex presidente della Bce palesa l’emozione («vorrei dirvi che non vi è mai stato, nella mia lunga vita professionale, un momento di emozione così intensa») e identifica la portata dell’incarico («..e di responsabilità così ampia»). Ma il suo ringraziamento, tra gli applausi di una parte dell’Aula, va anche al «mio predecessore», a Giuseppe Conte, «che ha affrontato una situazione di emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall’Unità d’Italia». Pur riservandogli una stoccata quando si impegna «a informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole». 

PANDEMIA E VACCINI

Il primo punto indicato da Draghi per ripartire è legato al piano di vaccinazione. E il premier, nel falciare le poche residue speranze delle Primule immaginate dal commissario Domenico Arcuri, ha indicato che «abbiamo bisogno di mobilitare tutte le energie su cui possiamo contare, ricorrendo alla protezione civile, alle forze armate, ai tanti volontari. Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso non ancora pronti: abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private». La sfida è ottenere le dosi sufficienti, e poi «distribuire» il vaccino «rapidamente ed efficientemente».

SCUOLA

La seconda priorità indicata nel discorso è invece la scuola, per cui l’intervento è doppio. Prima bisogna gestire l’emergenza e tornare «rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendo su diverse fasce orarie» e «fare il possibile per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno». Poi il premier ne detta la riforma, riservando «particolare attenzione» agli istituti tecnici e alla ricerca «per l’impatto che produce sulla nuova conoscenza e sui nuovi modelli in tutti i campi scientifici».

GENDER GAP

Uno dei passaggi dell’intervento più applauditi dall’Aula riguarda la questione di genere: «L’Italia presenta oggi uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa, oltre una cronica scarsità di donne in posizioni manageriali di rilievo». E ancora: «Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge, richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi».

L’intenzione dunque, spiega Draghi, è puntare «a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro». 

AMBIENTE E DIGITALE

Si tratta di due temi interconnessi e molto cari a Draghi. Il «riscaldamento del pianeta - ha detto il premier - ha effetti diretti sulle nostre vite e sulla salute, dall’inquinamento, alla fragilità idrogeologica, all’innalzamento del livello dei mari che potrebbe rendere ampie zone di alcune città litoranee non più abitabili». Non a caso, quando a sera torna in Aula per replicare, Draghi conferma anche «l’impegno del governo di andare nella direzione» dell’inserimento in Costituzione dei «concetti» di ambiente e sviluppo sostenibile sui cui sta lavorando il Senato con un progetto di legge. 

Ed è sempre su questo punto che il 73enne si affida alle parole di papa Francesco: «Come ha detto papa Francesco ‘Le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. E penso che se chiedessi al Signore cosa pensa, non credo mi direbbe che è una cosa buona: siamo stati noi a rovinare l’opera del Signore». 

Proteggere il futuro dell’ambiente però, «conciliandolo con il progresso e il benessere sociale» richiede un approccio nuovo: «digitalizzazione, agricoltura, salute, energia, aerospazio, cloud computing, scuole ed educazione, protezione dei territori, biodiversità, riscaldamento globale ed effetto serra, sono diverse facce di una sfida poliedrica che vede al centro l’ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane». 

MIGRANTI

Con il risultato, impensabile fino a poche settimane fa, di vedere Lamorgese e Giorgetti annuire alle stesse frasi, Draghi ha dettato la linea anche sui migranti. «Altra sfida sarà il negoziato sul nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo» ha spiegato, annunciando che si proverà a cercare un nuovo «equilibrio tra responsabilità dei Paesi di primo ingresso e solidarietà effettiva». Cruciale sarà anche la costruzione di «una politica europea dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale, accanto al pieno rispetto dei diritti dei rifugiati».

SANITÀ

Per quanto riguarda la sanità invece, Draghi ne annuncia in pratica la riforma. Il punto centrale «è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria). È questa la strada per rendere realmente esigibili i “Livelli essenziali di assistenza” e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative. La “casa come principale luogo di cura” è oggi possibile con la telemedicina, con l’assistenza domiciliare integrata».

LAVORO

«Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce». Da economista, su fisco, imprese e lavoro, Draghi scende ancora più nel dettaglio e non solo traccia un percorso “anti-bonus” a pioggia, ma anche il rilancio delle politiche attive del lavoro. «Affinché esse siano immediatamente operative - ha detto - è necessario migliorare gli strumenti esistenti, come l’assegno di riallocazione, rafforzando le politiche di formazione dei lavoratori occupati e disoccupati».

NEXT GENERATION EU

Sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’annuncio più importante fatto Draghi è che l’impianto rimarrà quello del testo già all’esame del Parlamento: «Le missioni del programma potranno essere rimodulate e riaccorpate, ma resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del Governo uscente». Ovvero innovazione, digitalizzazione, competitività e cultura, transizione ecologica, infrastrutture per la mobilità sostenibile. formazione e ricerca, l’equità sociale, di genere, generazionale e territoriale, la salute e la relativa filiera produttiva. Qualcosa però verrà rivisto: «Rafforzeremo la dimensione strategica del programma - ha chiarito Draghi - in particolare con riguardo agli obiettivi riguardanti la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’inquinamento dell’aria e delle acque, la rete ferroviaria veloce, le reti di distribuzione dell’energia per i veicoli a propulsione elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno, la digitalizzazione, la banda larga e le reti di comunicazione 5G».

 

 
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MEZZOGIORNO

La ripartenza del Sud è dirimente per Draghi. Così, dopo aver affrontato già il tema della disuguaglianza a livello scolastico, il premier è tornato sul punto focalizzandosi sulla ricetta per il rilancio. «Aumento dell’occupazione, in primis, femminile, è obiettivo imprescindibile» ha detto, indicando poi come necessità l’attrazione di «investimenti privati nazionali e internazionali», la creazione del lavoro e l’inversione « del declino demografico e lo spopolamento delle aree interne». Sottolineando infine come questi obiettivi passino per la creazione di «un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite». 

RIFORME 

Secondo Draghi, negli anni i tentativi di riforma del Paese non sono mai stati davvero efficaci perché sempre parziali, e non di sistema: «Il problema sta forse nel modo in cui spesso abbiamo disegnato le riforme: con interventi parziali dettati dall’urgenza del momento, senza una visione a tutto campo che richiede tempo e competenza», ha commentato il presidente del Consiglio. Il nuovo premier ha parlato dettagliatamente dalla riforma del fisco, della riforma della pubblica amministrazione e di quella della giustizia.Con quest’ultima che, sulla scia delle indicazioni Ue, punti tra le altre cose ad «aumentare l’efficienza del sistema giudiziario civile, attuando e favorendo l’applicazione dei decreti di riforma in materia di insolvenza, garantendo un funzionamento più efficiente dei tribunali, favorendo lo smaltimento dell’arretrato e una migliore gestione dei carichi di lavoro»

TURISMO

Sul turismo Draghi è duro ma comprensivo. «Alcuni modelli di crescita dovranno cambiare» come il turismo appunto, «attività che prima della pandemia rappresentava il 14% del totale delle nostre attività economiche. Imprese e lavoratori in quel settore vanno aiutati ad uscire dal disastro creato dalla pandemia. Ma senza scordare che il nostro turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di preservare città d’arte, luoghi e tradizioni».

RAPPORTI INTERNAZIONALI

Chiarito che «L’euro è irreversibile» e che «Fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine», Draghi ha anche completato il riassetto definitivo della politica estera italiana nei cardini dell’atlantismo («in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia») indicando la necessità di rafforzare i rapporti strategici con Francia e Germania e consolidare la collaborazione con Spagna, Malta, Grecia e Cipro. Ma l’attenzione resta alta «verso le aree di naturale interesse prioritario, come i Balcani, il Mediterraneo allargato, con particolare attenzione alla Libia e al Mediterraneo orientale, e all’Africa». Mentre sulla Russia «L’Italia si adopererà per alimentare meccanismi di dialogo», precisando che «Seguiamo con preoccupazione ciò che sta accadendo in questo e in altri paesi dove i diritti dei cittadini sono spesso violati» e che «Seguiamo anche con preoccupazione l’aumento delle tensioni in Asia intorno alla Cina».

 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 18 Febbraio 2021, 22:09
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