Crisi di Governo, dal Pd alla tentazione Lega, il Quirinale blinda l’ex Bce

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di Marco Conti

 Alla fine «l’uomo più impopolare ha mandato via quello più popolare» - almeno sino a ieri - e si è intestato politicamente un epilogo che solo un mese e mezzo fa sembrava impossibile. Matteo Renzi, come nell’estate di due anni fa quando spinse il Pd ad allearsi con i 5S, ha capito prima di tutti dove stava rotolando la palla e ci si è buttato portandosi dietro diciotto senatori spinti dal deciso cambio di vento che l’elezione di Joe Biden alla Casa Bianca, e la svolta Ue con il Recovery, ha trasformato in un uragano. Vittime del tornado sono Giuseppe Conte e quell’alleanza tra dem e grillini che ieri sera è finita seppellita nei sette minuti di discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dal quale è pronto a risorgere quell’esecutivo di unità nazionale che non ha mai portato bene al Pd.


IL CAMBIO
Al puzzle renziano mancano ancora due tasselli: Forza Italia e la Lega. Berlusconi e Salvini hanno aiutato non poco Renzi nella battaglia per impedire la formazione di un gruppo di “responsabili”, in grado di permettere a Conte di fare a meno di Iv. Al Nazareno se ne sono accorti tardi, così come a Palazzo Chigi dove però hanno compreso che il dividendo politico che ne avrebbero tratto Berlusconi e Salvini non era permettere il Conte-ter, ma un cambio deciso di scenario che avrebbe permesso alla Lega di rientrare nella partita del Recovery Plan, “ripulendo” la sua immagine anti-euro e la sua geolocalizzazione internazionale.

Per FI ritrovarsi sotto le ali di Super-Mario significa un po’ tornare a pieno titolo in quel fronte europeista nel quale Berlusconi si è sempre trovato a suo agio.


Il nome dell’ex governatore centrale, come possibile candidato per Palazzo Chigi, girava ormai da giorni anche se ieri l’altro il Quirinale aveva smentito telefonate tra Mattarella e Draghi.

Al secondo giorno di trattative e di tavoli del programma, anche Mattarella si è però convinto che la possibilità di rimettere su un governo Conte erano fallite e ha alzato la cornetta trovando l’ex presidente della Bce pronto e disponibile. Super-Mario ha però già fatto sue privatissime “consultazioni”, soprattutto sul lato Lega dove ha da tempo nel bocconiano Giancarlo Giorgetti un punto di riferimento.


L’appello che Mattarella ha rivolto a tutte le forze politiche affinché sostengano un governo che permetta al Paese di superare l’emergenza sanitaria, sociale ed economica, ha messo a tacere le polemiche e le reciproche accuse. Poco dopo è toccato a Giovanni Grasso, portavoce del Capo dello Stato, annunciare la convocazione di Draghi per questa mattina, in modo da raccogliere subito l’umore dei partiti. Il «whatever it takes» di Mattarella raccoglie subito il plauso del Pd e la contrarietà del M5S che, per l’ex grillino Carelli, è destinato a spaccarsi sul nome dell’allievo di Federico Caffè.

L’incognita sui numeri che l’esecutivo potrebbe avere soprattutto al Senato è legata proprio al numero di grillini che prenderanno le distanze dal nuovo esecutivo. Senatori M5S in fuga - quel che basta senza rischiare davvero le urne - che verrebbero compensati proprio dal sostegno dei partiti di centrodestra che già al momento delle ultime consultazioni non avevano escluso di valutare le scelte del capo dello Stato.


Dire “no” a Draghi - e prima ancora a Mattarella - è però complicato anche per Giorgia Meloni che da giorni chiede le urne e che, forse, avrebbe preferito un Conte-ter per altri due anni in modo da potersi imporre come candidato-premier del centrodestra. La scommessa di Renzi è però che l’arrivo di Draghi, e la grande coalizione che si profila, scomponga il quadro politico mentre l’ex governatore sorveglia che attraverso il Recovery si faccia «debito buono» e non «debito cattivo».
 


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 3 Febbraio 2021, 01:43
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