Salute, inquinamento, rifiuti: quei 300 decreti in sospeso

Rallenta l’attuazione delle misure del governo, la crisi potrebbe bloccare diverse norme-chiave

Salute, inquinamento, rifiuti: quei 300 decreti in sospeso

di Luca Cifoni

Una scia di 295 provvedimenti ancora da mettere nero su bianco relativi all’attuale esecutivo, che diventano 443 se si conteggiano anche quelli che portano la firma del Conte I e del Conte II. Una crisi politica conclamata rischierebbe di incidere pesantemente sull’attuazione del programma di governo, già in parte rallentato dal susseguirsi di emergenze delle ultime settimana. Tra i decreti attuativi da completare ce ne sono molti che derivano dall’ultima legge di Bilancio, altri che erano richiesti dalle misure relative al Piano nazionale di ripresa e resilienza.

 


I PROGETTI DEI COMUNI
Il tema dei provvedimenti necessari per concretizzare effettivamente le norme inserite nelle leggi vere e proprie non è certo nuovo. Ma è diventato più pressante a partire dal 2020, data l’intensa produzione legislativa legata in buona parte alla pandemia e ai suoi effetti economici. Nei mesi scorsi il governo Draghi aveva decisamente accelerato: nell’ultima relazione presentata dal sottosegretario Garofoli, aggiornata al 31 marzo di quest’anno, si dava conto di 955 provvedimenti “smaltiti”, molti dei quali relativi all’azione dei precedenti esecutivi. Veniva illustrata anche la scelta di dare priorità all’attuazione della legge di Bilancio per il 2022, che da sola prevedeva circa 150 provvedimenti attuativo (il numero più alto tra tutte le leggi di bilancio). L’obiettivo dichiarato era (ed è) di completare la stesura di queste norme secondarie entro la fine dell’anno, prima cioè dell’entrata in vigore della successiva legge di Bilancio. In quel momento ne risultavano adottate una cinquantina; circa tre mesi dopo il numero è salito a 89. Ma gli oltre sessanta rimanenti (il 40% del totale) sono troppi rispetto alla tabella di marcia messa a punto con i vari dicasteri, in base alla quale a fine giugno ne dovevano restare solo una trentina.

 
Tra i provvedimenti ancora da adottare molti toccano tematiche fondamentali: è il caso di quelli che dovevano mettere in funzione il fondo italiano per il clima (vale da solo 840 milioni l’anno dal 2022 al 2026) e di quelli per la strategia di mobilità sostenibile, per il programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico e per l’apertura dei centri per il riutilizzo dei rifiuti. Restano per ora non assegnati (il termine era fissato al 30 giugno) anche 300 milioni che i Comuni potrebbero usare per progetti di rigenerazione urbana. E sempre i sindaci non potranno per ora accedere nemmeno ai fondi stanziati per progetti di coabitazione di persone anziane. Ma c’è anche il capitolo fondamentale della sanità: al potenziamento dell’assistenza territoriale in aggiunta a quanto previsto dal Pnrr sono sulla carta disponibili 91 milioni per quest’anno, destinati a crescere fino a oltre un miliardo a decorrere dal 2026: manca però il relativo decreto ministeriale. La manovra aveva stanziato anche 10 milioni in favore dei proprietari di abitazioni impossibilitati a usarle a seguito di occupazioni abusive: anche in questo caso si attende il provvedimento del ministero dell’Interno che sarebbe dovuto arrivare ai primi di marzo.


I DISABILI
Non possono per ora essere ripartiti nemmeno 100 milioni per l’assistenza all’autonomia degli alunni con disabilità; la scadenza del 30 giugno è già stata superata. Sul fronte infrastrutture, è pesante la mancanza del provvedimento che deve ripartire i circa 2 miliardi di incremento del programma pluriennale di intervento in materia di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico (in particolare del patrimonio sanitario pubblico). Sono ferme anche misure attese da militari e forze dell’ordine: si tratta ad esempio dei fondi per il trattamento economico accessorio o di quelli per l’ammodernamento del parco infrastrutturale di Carabinieri e Guardia di finanza

MANOVRA

Senza Finanziaria scatta l’esercizio provvisorio

É un’ipotesi piuttosto improbabile ma che non si può escludere: se al 31 dicembre di quest’anno non sarà stata approvata la legge di Bilancio per il 2023, allora dovrà essere autorizzato - sempre per legge e per un periodo massimo di quattro mesi - l’esercizio provvisorio. Vuol dire che per il suo funzionamento lo Stato potrà attingere ogni mese a un dodicesimo delle dotazioni finanziarie già esistenti. L’esercizio provvisorio è stato regolarmente utilizzato ai tempi della Prima Repubblica, fino agli anni Ottanta: poi questa prassi è stata sostanzialmente abbandonata.

Di per sé quindi non rappresenterebbe un evento eccezionale; bisogna però tener conto del fatto che rispetto a 40 anni fa il contesto interno e internazionale è cambiato. Il 15 ottobre di ogni anno, più o meno in contemporanea con la presentazione in Parlamento della legge di Bilancio, deve essere inviato a Bruxelles il Documento programmatico di bilancio, che traduce nel linguaggio europeo le scelte di bilancio dei vari Paesi. Anche se la commissione europea tradizionalmente concede più tempo in caso di avvicendamenti di governo nel periodo, un ritardo prolungato porterebbe potrebbe portare problemi al nostro Paese anche sui mercati finanziari.

I NUOVI AIUTI

Misure di luglio assicurate, priorità benzina

Il nuovo decreto di luglio con gli aiuti alle famiglie e alle imprese arriverà. Anche nel caso di un governo dimissionario. Quello che ancora non è chiaro è se sarà un “decretone” o se si procederà affrontando le emergenze via via più urgenti. Resta dunque sospeso il lavoro sulle misure, con la certezza che ci sono a disposizione 10 miliardi e che ci sono alcune scadenze ormai imminenti. A partire dallo sconto sulla benzina, che è in vigore fino al 2 agosto. Su questo, secondo quanto si apprende, si sta provando a ragionare anche sulla possibilità di uno sconto allungato, che duri cioè anche più di 30 giorni, magari un paio di mesi fino ad inizio ottobre. Il taglio delle accise vale circa un miliardo al mese e se non dovesse essere inserito nel nuovo decreto di luglio potrebbe comunque essere fatto - come già l’ultima volta - attraverso un decreto interministeriale. La misura, comunque, non sembra in discussione, vista l’urgenza. C’è invece ancora tempo per affrontare il nodo bollette. L’azzeramento degli oneri di sistema e le altre misure per contenere i prezzi di luce e gas per famiglie e Pmi tutela al momento i consumatori fino al terzo trimestre, quindi si può attendere fino a fine settembre per intervenire.

PNRR

Da centrare per fine anno 55 obiettivi

L’Italia ha già presentato la domanda per il finanziamento relativo agli oltre 21 miliardi della seconda rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma dopo questi 45 traguardi e obiettivi, relativi al primo trimestre dell’anno, ne restano altri 55 che andranno completati entro il 31 dicembre, per ottenere un importo analogo con la terza. Dunque se da una parte non ci sono rischi immediati (l’erogazione della seconda rata dovrebbe avvenire nelle prossime settimane) già dal primo luglio è iniziato lo sforzo delle amministrazioni per poter rispettare anche gli impegni di fine anno. Chiaramente un governo nel pieno delle sue funzioni svolge attraverso la presidenza del Consiglio e la Ragioneria generale dello Stato una funzione di coordinamento che potrebbe venir meno in caso di campagna elettorale seguita dal voto in autunno ed eventualmente da un periodo di incertezza sulla formazione del nuovo esecutivo. Un ritardo consistente nelle procedure della terza tranche potrebbe avere poi conseguenze a cascata su tutto il cronoprogramma del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che deve chiudersi nel 2026. Sarebbe un problema non solo per l’Italia, prima beneficiaria dello sforzo europeo, ma per la stessa Ue.

PREVIDENZA

Dopo Quota 102, flessibilità tutta da decidere

Già dai mesi scorsi il dossier pensioni non sembrava in testa all’agenda del governo: lo specifico tavolo sul tema era sostanzialmente bloccato. Eppure il tema dovrà essere affrontato e del resto fa capolino anche nelle prese di posizione di leader politici come Matteo Salvini. A fine anno infatti verrà meno “Quota 102”, il regime transitorio che ha sostituito “Quota 100” e che permette di lasciare il lavoro con 64 di età e 38 di contributi. In assenza di nuove misure per la generalità dei lavoratori si tornerà quindi alle norme della legge Fornero: pensione di vecchiaia a 67 anni e uscita anticipata con almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le lavoratrici) e nessun requisito di età. Più volte è emersa la disponibilità dell’esecutivo a valutare una diversa forma di flessibilità, basata su una qualche forma di penalizzazione economica per chi sceglie di lasciare il lavoro in anticipo. L’idea di base è applicare integralmente a queste persone il sistema di calcolo contributivo (generalmente meno favorevole). Ma sono emerse anche altre proposte e la scelta, dopo la consultazione con le parti sociali, dovrà essere necessariamente fatta entro il prossimo autunno.


Ultimo aggiornamento: Martedì 19 Luglio 2022, 09:10
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